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La ricerca felicità di un tassista a Baku parla all’Italia di oggi

Vicende familiari intrecciate alla storia, alle tradizioni e alla modernità tra la capitale dell’Azerbaigian e Roma nel romanzo d’esordio di Barbara Cassani

La ricerca felicità di un tassista a Baku parla all’Italia di oggi
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redazione Modifica articolo

20 Gennaio 2019 - 15.56


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L’Azerbaigian è un Paese di cui in Italia sappiamo poco. Affacciato sul Mar Caspio, tra Russia, Georgia, Armenia e Iran, certo è stato frequentato poco o mai dalla letteratura italiana.

Ne ha scritto Barbara Cassani nel romanzo d’esordio “Un tassista a Baku. Le storie di Kamala” (Aracne editore, 172 pagine, 10 euro), che in queste pagine tesse le vicende familiari di Elnur, Layla, Ali e Kamala e le scandisce tra Baku, la capitale del paese nel Caucaso, e Roma.

Due capitali tra cui quella dell’Azerbaigian dove si levano architetture avveniristiche come quella di Zaha Hadid, la progettista del museo d’arti e architettura romano Maxxi. Ma sono le storie di vita il fulcro del racconto incastonate nelle tradizioni, anche alimentari, del paese caucasico, storie intrecciate ai costumi, alle abitudini e alla modernità che avanza.
L’anno è il 2018. Il taxi, per la cronaca, lo guida Elnur. Che si mette a studiare l’inglese per comunicare con i clienti dal mondo che salgono a bordo. Intorno a lui la sorella sorella Leyla, afflitta dalla perdita del marito, i figli Kamala, che ama studiare, e Ali, giovane musicista.

E in questa ricerca della felicità invece di cedere all’ira o all’infelicità Barbara Cassani inserisce sullo sfondo il conflitto del Nagorno-Karabakh (quello tra Armenia e Azerbaigian) la sinossi editoriale riassume così lo spirito del romanzo: Elnur “vuole solo conoscere e abbattere barriere, non vuole dividere la storia in buoni e cattivi, ma raccontare che a vincere, se si odia indiscriminatamente, è solo la guerra”.

Dal che si comprende che l’autrice scrive dell’Azerbaigian ma scrive anche, indirettamente, del nostro Paese, l’Italia, e della nostra Europa dove odio e rancore sembrano dettare legge.

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