In amore vince chi fugge? L'eterno ping-pong di un sentimento | Culture
Top

In amore vince chi fugge? L'eterno ping-pong di un sentimento

Tra Stendhal, Flaiano e "il discorso amoroso" di Barthes, le variazioni nella letteratura e nella cultura. Ma se un inseguitore diventa feroce?

In amore vince chi fugge? L'eterno ping-pong di un sentimento
Preroll

redazione Modifica articolo

21 Novembre 2017 - 10.24


ATF

Enzo Verrengia
«Che cos’è quest’amore?» si domanda Achille Campanile fin dal titolo del suo esilarante romanzo del 1924. E risponde con una sarabanda di situazioni che passano dalla comicità pura alla tenerezza improvvisa, sul filo di risate irrefrenabili. Più lapidario, disincantato e paradossale l’Ennio Flaiano degli aforismi: «I grandi amori si annunciano in un modo preciso; appena la vedi dici: “Chi è questa stronza?”». Stendhal dedicò all’argomento uno dei suoi volumi più rappresentativi, al di fuori dei romanzi, Dell’amore, dove si legge: «Ci sono due disgrazie al mondo: quella della passione contrastata e quella del vuoto assoluto. Con l’amore, sento che esiste a due passi da me una felicità immensa e al di là di tutti i miei desideri, che non dipende che da una parola, da un sorriso. Senza passione come Schiassetti, nei giorni tristi, non vedo la felicità da nessuna parte, arrivo a dubitare che essa esista per me, cado nello spleen. Bisognerebbe essere senza passioni forti e avere solo un po’ di curiosità o di vanità».
Un consiglio, quest’ultimo, che non vale per un celebre protagonista del medesimo Stendhal. Julien Sorel, in Il rosso e il nero, muove i suoi passi sulla scena della vita e dei sentimenti proprio senza passioni forti, con un po’ di curiosità e vanità. Finendo per incappare all’inizio nell’adulterina Louise de Rênal, consorte del suo primo datore di lavoro, il sindaco di Verriéres, poi nella stupenda Mathilde de La Mole. Con lei Julien potrebbe costruire un rapporto stabilizzato, una famiglia. Sennonché, la curiosità e la vanità che l’hanno mosso nella relazione con Louise finiscono per distruggerlo. Per mancanza di una passione forte, Sorel considera Mathilde l’ennesima tappa verso l’affermazione sociale. Soprattutto quando è possibile che il legame con lei sfoci nell’unione coniugale. Allorché Louise de Rênal non sopporta la felicità del suo ex amante e lo rovina con una lettera diffamatoria. Lui reagisce tentando di assassinarla e per questo finisce giustiziato.

Ma Il rosso e il nero mostra a più riprese una scansione dell’amore che sembra tornare sia in Campanile che in Flaiano. Cioè il gioco del ping-pong fra i due poli del sentimento. Uno desidera, l’altro si ritrae. Quando l’altro cede, l’uno a sua volta si ritrae. L’equilibrio si consegue soltanto nella staticità. L’amore funziona proprio nel momento della sua perdita di propulsione.
Arthur Schnitzler potenzia questa cinetica nella circolarità di Girotondo. I suoi personaggi sono degli innamorati a catena, di cui l’ultimo si ricongiunge al primo. Senza soluzione di continuità. Soprattutto, senza redenzione. L’inseguimento dell’amato è inesorabile, come il mito di Sisifo. Uno sviluppo drammaturgico ed avvincente del verso dantesco “Amor ch’a nullo amato amar perdona”. Ne conviene anche Giorgio, il protagonista narrante di Fosca, di Igino Ugo Tarchetti: «Diffido dell’amore, giacché più egli è profondo e più è mostruosamente egoista. L’amore è la fusione e la conciliazione di due egoismi che si soddisfano a vicenda».
Non sapeva, il figlio del Monferrato gravitante nella Scapigliatura milanese, di precorrere Peter Høeg, che in Il senso di Smilla per la neve afferma: «L’innamoramento consiste di un quarantacinque per cento di paura di non essere accettati, di un altro quarantacinque per cento di speranza che questa volta la paura venga delusa, di un modesto dieci per cento di fragile consapevolezza delle possibilità dell’amore». Insomma, lo stato d’animo più ricorrente nell’universo speculativo risponderebbe a leggi ascrivibili alla fisica dei corpi solidi anziché alla psicologia.
Poi sorge l’astro semiotico di Roland Barthes, che concilia prassi e spiritualità nel fattore sfuggito a molti di quanti si erano occupati dell’amore per secoli. Il codice. O meglio il processo comunicativo dell’attrazione. Frammenti di un discorso amoroso, benché non sia un romanzo, offre più suggestioni di tanto immaginario sul tema. Barthes, da omosessuale, ha la vista d’insieme che manca ad uomini e donne. La sua condizione lo indirizza il più delle volte verso l’amore impossibile. Come quello di Aschenbach per Tadzio in Morte a Venezia, di Thomas Mann. Il semiologo francese, però, si muove in una società post-moderna ed avanzata dove la sessualità, malgrado certe resistenze, non costituisce più uno specifico. Quindi può liberamente divagare sullo sviluppo comunicativo, espressivo ed interpretativo dell’amore. Pure, il suo accento va sempre sulla tensione del soggetto verso l’oggetto, di chi intraprende l’azione sentimentale rispetto a chi, spesso inconsapevolmente, la subisce. Eccone un esempio emblematico: «…un aspetto caratteristico della situazione amorosa è infatti quello di essere subito intollerabile, non appena è passato il momento del primo incontro. Vi è un demone che nega il tempo, la maturazione, la dialettica». Sta semplicemente parlando di amore che non si concretizza nella simultaneità, dunque è impossibile. Marcel Proust impiega i sette volumi della Recerche a dimostrare qualcosa di analogo, anche lui omosessuale. Certo, in tanti si “accontentano” di Un amore di Swann, che fa da Bignami a tutto il resto. Ma bisogna sfogliare Proust per tutte le sue migliaia di pagine se si vuole recepire nell’interesse il senso di un amore che, proprio perché esiste, non si dà mai.
Finché si arriva alla brutalità della cronaca. Così il “demone che nega il tempo” di Barthes diventa un proverbio: “In amor vince chi fugge”.

Ma se chi insegue non desiste, fino a diventare un predatore feroce? La dinamica degenera nella varietà delittuosa del femminicidio, termine usato per la prima volta nel 1992 dai criminologi Russell e Radford. Il movente più comune è l’affetto elevato ad ossessione, specie quando si è incapaci di accettare quella che Igor Caruso ha definito nel titolo del suo libro la separazione degli amanti. Uomini che odiano le donne al punto di ucciderle. Allora non resta che Majakovskij: «La barca dell’amore / si è infranta contro la quotidianità».

 

 

Native

Articoli correlati