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Il Teatro Povero di Monticchiello mette in scena "Colòni"

Il tema dell'autodramma r,appresentato dal 29 luglio al 14 agosto nel paesino del la Valdorcia senese, è quello del disastro ecologico e dell'inospitalità della terra. Si parte per colonizzare la Luna.

Il Teatro Povero di Monticchiello mette in scena "Colòni"
Il palcoscenico nella piazza di Monticchiello
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5 Agosto 2023 - 16.59


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di Marcello Cecconi

Il Teatro Povero di Monticchiello è stato inaugurato il 20 luglio 1969. Quel giorno andò in scena il primo autodramma, una rievocazione della battaglia partigiana contro i tedeschi alle porte del paese nell’aprile 1944.

Quello fu anche il giorno in cui l’uomo sbarcò per la prima volta sulla Luna e proprio da quella rievocazione è partita la 57esima edizione dell’autodramma che da sabato 29 luglio a lunedì 14 agosto è ‘in piazza e in scena’ a Monticchiello con il titolo “Colòni”.

Dal 2019 il teatro si è affidato al coordinamento dei nuovi registi Manfredi Rutelli e Giampiero Giglioni che hanno sostituito la guida storica e carismatica Andrea Cresti, scomparsa nel 2021, e che per oltre 30 anni è stata regista e animatrice dell’originale compagnia teatrale. Si tratta di una drammaturgia partecipata da un intero paese che si interroga su questioni cruciali per la comunità e in cui chi guarda può di riflesso riconoscersi e ritrovarsi.

Il riscaldamento globale e il disastro ecologico del nostro pianeta è il tema di “Colòni” che quest’anno pervade l’autodramma dei Monticchiellesi, ovvero lo spettacolo che nasce dalla elaborazione collettiva degli abitanti del borgo, che si fanno autori tra la discussione sul tema, i problemi della sua teatralizzazione e la scrittura del testo sino a impegnarsi come attori per la sua messinscena.

Ecco che in un futuro non lontano la gente di Montichiello, spinta dalla irreversibile aridità dei loro campi, ormai solo patria di stentati fichi d’india, capiscono le difficoltà di nutrirsi e di vivere sulla Terra, diventata assolutamente inospitale. Tra caldi insopportabili e tempeste sempre più minacciose, decidono di accogliere la possibilità offerta, alle comunità che lo desiderano, di trasferirsi sulla Luna e colonizzarne una parte, in questo caso il Cratere Montanari, pagandosi però il razzo che dovrà portarli sul satellite.

La rievocazione in apertura dello spettacolo del 20 luglio 1969, quando andò in scena il ricordo della battaglia partigiana contro i tedeschi, che combacia anche con lo sbarco dell’uomo sulla Luna, collega due avvenimenti molto diversi ma uniti entrambi dalla speranza. Quella di un domani migliore per l’umanità e, di conseguenza, anche per gli abitanti del paesino della Valdorcia senese che ritrovarono la propria fiducia comunitaria e si misero in gioco riuscendo, negli anni, a rivitalizzare Monticchiello e arrestarne lo spopolamento, anzi invertirne la tendenza.

Così in scena piovono incertezze, paure, ma anche la speranza davanti all’ineluttabile. Affiorano le diversità tra gli anziani con le loro difficoltà a stabilire quanto del loro passato devono lasciarsi alle spalle e i giovani un po’ spaesati nelle loro illusioni e desideri di nuovo. Il dramma è qui, nel confronto fra giovani e anziani ma anche in quello con la Preparatrice, arrivata appositamente per guidarli al cambiamento e poi all’insediamento sulla Luna.

Il dramma si fa commedia e fra sorrisi e malinconie si arriva al momento della partenza. Ma Arturo si presenta con un sacco pieno di terra di Monticchiello da portare sulla Luna: ”La terrà che ci ha fatto sudà, è vero, ma ci ha dato anche da mangiare e lavoro. Terra in cui ci so’ tutte le storie che noi s’è vissuto…. E io questa terra me la porto con me, certo! Perché per me, questa terra… questa terra è il nostro teatro”. Una scelta che sarà seguita da tutti.  La storia individuale e comune da cui ripartire…anche lassù!  

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