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Il maggio di Springsteen tra Roma e Monza

In Italia per due concerti nel mese di maggio e poi un'interminabile tournée. La polemica sui biglietti e la sua replica. L'autobiografia come chiave di lettura di un personaggio che ha fatto la storia della musica.

Il maggio di Springsteen tra Roma e Monza
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16 Maggio 2023 - 15.34


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di Pancrazio Cardelli Anfuso

Torna in Italia per una breve tournée Bruce Springsteen, che si esibirà con la leggendaria E-Street band a Ferrara il 18 maggio e a Roma il 21 maggio, per poi ritornare a luglio a suonare a Monza, dopo aver girato a lungo per l’Europa. Così andando un po’ in giro per il suo mondo, e ricorrendo alla sua autobiografia, azzardiamo il profilo di un personaggio che ha fatto la storia.

Tassista, operaio alla catena di montaggio e in una casa automobilistica, agente di custodia, autista di pullman e di camion: sono solo alcune delle professioni svolte da mio padre nella sua vita. Io e le mie sorelle siamo cresciuti in quartieri proletari, integrati o quasi dal punto di vista razziale, popolati da manovali, sbirri, pompieri e camionisti. Se non era domenica, e se non erano nei guai, gli uomini non uscivano mai di casa vestiti eleganti. Chi bussava in giacca e cravatta veniva guardato con sospetto: era chiaro che voleva qualcosa. (Bruce Springsteen, Born to run, l’autobiografia)

Le torrenziali esibizioni, come vediamo dai programmi, non accennano a diminuire d’intensità: alla soglia dei 74 anni la vitalità e la generosità di Bruce restano le stesse. Ma i prezzi dei biglietti hanno scatenato grandi polemiche e hanno spiazzato i fans, abituati a una sensibilità diversa da parte del Boss, che ha rivendicato questa politica dei prezzi, dichiarando a Rolling Stone:  

 “Quello che faccio è una cosa molto semplice. Dico ai miei ragazzi: ‘Andate a vedere cosa fanno gli altri. Facciamo pagare un po’ meno’. (…) Negli ultimi 49 anni, o comunque da quando suoniamo, siamo sempre stati al di sotto del valore di mercato. Mi è sempre piaciuto ed è stato bello per i fan. Questa volta però ho detto: Ehi, abbiamo 73 anni. I ragazzi sono lì. Voglio fare quello che fanno gli altri, i miei colleghi.  (…) Il punto è che la maggior parte dei nostri biglietti sono in quella fascia di prezzo accessibile. Abbiamo quei biglietti che comunque andranno a quel prezzo [più alto] da qualche parte. L’intermediario dei biglietti o qualcuno prenderà quei soldi. E io dico: Ehi, perché quei soldi non dovrebbero andare ai ragazzi che saranno lassù a sudare tre ore a notte per questo? Si è creata l’opportunità di farlo. E così, a quel punto, abbiamo deciso di farlo. So che è stata una scelta impopolare per alcuni fan. Ma se ci sono lamentele, all’uscita potete riavere i vostri soldi“. (…) Penso che se la gente verrà allo spettacolo, si divertirà “.

Certo che si divertirà, ma i concerti, almeno quelli più importanti, stanno diventando fuori portata per chi non ha grandi possibilità economiche. Un riposizionamento dovuto alla contrazione delle vendite dei dischi e alla diversa modalità di fruizione della musica, che rende l’evento live un momento in cui gli artisti massimizzano i guadagni. Fine della favola del rocker amico dei proletari.

Proprio Springsteen, con i testi di molte canzoni, aveva raccontato l’America della gente comune. Storie working class, ragazzi che evadevano da un presente grigio in cerca di un sogno di libertà, storie di reduci e di poco di buono, tutti lasciati a piedi dal sogno americano ma ancora in cerca di una ragione in cui credere (reason to believe).

Erano anni in cui divampava la polemica: poteva il rock essere considerato forma d’arte e di cultura alta e potevano i suoi migliori autori, Bob Dylan, Leonard Cohen, Bruce Springsteen, Robert Wyatt e Lou Reed essere considerati all’altezza dei più grandi poeti del ‘900?

Nel frattempo il rock è morto e ha smesso di raccontare sogni e storie, anche se resiste negli scampoli di energia di qualche grande nome sopravvissuto a sé stesso. Bob Dylan ha ricevuto il Premio Nobel e non è andato a ritirarlo, e gli artisti si tengono alla larga da quello che una volta si chiamava impegno. Engagez-vous, cantava Battiato, che instilla ancor oggi lacrime di coccodrillo in qualche artista nostrano che si guarda bene dal cantare Bella Ciao, e quindi noi non la nominiamo, non essendo meritevole di menzione.

Così la poetica dell’oggi si occupa di disfunzioni amorose, quando va bene, o di ricchezze, di gang e di sostanze, che a differenza di qualche decennio fa diventano omologazione, lungi dall’essere ancora segno di trasgressione e/o di ribellione.

E a veder bene, la resa sui prezzi del vecchio rocker nega che sia ancora il tempo della lotta contro l’edonismo reaganiano che negli anni ’80 spazzò via, definitivamente, la stagione della grande illusione. Il mondo non si cambia col rock’n roll, anche se la musica ha salvato molte vite.

Anche quella di Bruce Springsteen, che oggi, a quarant’anni da Born in the USA, rivendica il diritto di starsene sul divano a ricordare i suoi Glory Days.   

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