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Irene Berlingò: Mario Torelli, grande archeologo “orfano” del partito comunista

La studiosa di antichità ritrae l’etruscologo che, in vista di una tornata elettorale, le disse: “Se è il Partito che te lo chiede, devi accettare”

Irene Berlingò: Mario Torelli, grande archeologo “orfano” del partito comunista
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23 Settembre 2020 - 19.22


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Etruscologo di indiscusso valore, il 15 settembre scorso moriva a Palermo a 83 anni Mario Torelli. Allievo di maestri come Ranuccio Bianchi Bandinelli e Massimo Pallottino, docente a lungo all’università di Perugia, ricorda quanto l’archeologo romano e fosse generoso e sensibile al discorso politico (da sinistra) Irene Berlingò, valente archeologa che ha lavorato al Ministero per i beni e le attività culturali fino all’età della pensione e che ha conosciuto bene Torelli.

di Irene Berlingò

Vidi per la prima volta Mario Torelli a Siracusa, in occasione della seconda riunione scientifica della Scuola di Perfezionamento in Archeologia Classica dell’Università di Catania. Erano gli ultimi giorni di novembre 1977 e si trattava degli insediamenti coloniali greci in Sicilia nell’VIII e VII sec. a. C. Il tema era dei più appassionanti per me, giovane specializzanda proveniente dalla Sapienza e approdata in Sicilia per imparare e ampliare gli orizzonti magno-greci, tra frizzi e lazzi romani. Ma quella è stata l’esperienza di studio più entusiasmante della mia vita professionale, ricca di spunti, conoscenze e amicizie che resistono al tempo. Dunque il parterre di quel convegno era tra i più autorevoli e vi furono anche degli scambi gustosi a cui assistemmo noi “giovani” (oltre a me, Rosa Maria Albanese, Massimo Frasca, Dario Palermo ed Enrico Procelli, che ci ha lasciato troppo presto). A Giovanni Rizza, il padrone di casa, che attribuisce a Torelli l’uso di un linguaggio parlamentare negli interventi, lui risponde che nel caso sarebbe stato “un grande complimento a questo consesso perché fino a prova contraria direi che quello parlamentare è il più alto livello che possa raggiungere un dibattito civile”.
Un ricordo molto vivo per me che avevo già cominciato a consumare in vista del concorso ministeriale il suo volume Etruria-Roma (L’arte dell’antichità classica, 2., UTET, Torino 1976, introduzione di Ranuccio Bianchi Bandinelli), purtroppo molto “apprezzato” anche da qualcun altro, visto che è scomparso dalla mia libreria …

Dopo qualche anno, era il 1984, ricordo Torelli generosamente chino sulle mie tabelle relative alla necropoli arcaica di Madonnelle (Policoro, nel materano), che cercava insieme con me di far quadrare i conti delle percentuali tra anfore, situle, greci e indigeni, sempre estremamente curioso, poliedrico, disponibile e prodigo di consigli nei confronti dei più giovani. Una volta approdata in Etruria, grazie proprio a Paola Pelagatti, soprintendente a Siracusa negli anni della mia specializzazione, la sua presenza era sempre tangibile, anche se erano passati molti anni dal suo passaggio a Villa Giulia a Roma. E così ho cercato di coinvolgerlo nelle mie ricerche nell’Etruria interna, a Bisenzio, tra la fine degli anni ’80-inizi anni ’90, fu in quell’occasione che conobbi un suo giovane allievo, Massimo Osanna. Però non ci fu niente da fare, mi disse “Irè, non si può fare”. E ancora oggi mi chiedo se non vi fossero state difficoltà ambientali a me ignote, ma non per questo i nostri rapporti furono meno cordiali.

In occasione delle Europee 2004, scoprii con terrore che eravamo concorrenti, anche se in liste diverse ma nella stessa circoscrizione. Mi precipitai a segnalarlo ai miei referenti, ero pronta a farmi da parte, ma così non fu e in fondo non andò male, anche se nessuno dei due fu eletto, vista la complessità del tipo di elezione. L’anno dopo, in occasione di un convegno, gli chiesi consiglio, mi volevano assolutamente inserire nelle liste per le Regionali del Lazio e io ero molto scettica, sapevo a quel punto cosa mi si prospettava. E lui mi fece una lezioncina politica che non ho dimenticato, “Se è il Partito che te lo chiede, devi accettare”. Sono sicura che pensavamo tutti e due allo stesso Partito, di cui eravamo entrambi orfani. E così feci, anche se fu fallimentare per pochi voti, come avevo previsto.
Mi dettò la linea.
Vale, Maestro.

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