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Il Medio Oriente prima e dopo i conflitti negli scatti di Farian Sabahi

La giornalista e studiosa espone le sue foto al Mao Museo d'Arte Orientale di Torino. Alberto Negri scrive: "Anche l'immagine più innocente è un atto d'accusa"

Il Medio Oriente prima e dopo i conflitti negli scatti di Farian Sabahi
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19 Marzo 2019 - 10.40


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Il Medio Oriente nella sua vastità e nelle sue differenze, appena prima o appena dopo lo scoppio di feroci conflitti, donne con il velo e donne a visto scoperto, quel mondo visto e raccontato con l’occhio di chi lo conosce profondamente: Farian Sabahi, studiosa, giornalista, espone le sue fotografie intrecciandole a suggestioni letterarie nella mostra in calendario da giovedì 21 marzo (inaugurazione mercoledì 20 alle 18) fino al 30 giugno al Mao Museo d’Arte Orientale di Torino e che ha titolato “Safar: viaggio in Medio Oriente. Vite appese a un filo”.

L’autrice propne una sessantina gli scatti realizzati Sabahi in Libano, Siria, Iraq, Iran, Emirati Arabi, Azerbaigian, Uzbekistan e Yemen tra il febbraio 1998 e la primavera 2005. “Safar”, fa sapere il museo torinese, significa “viaggio” in persiano e in arabo. E per la mostra ad accogliere i visitatori sono dei versi del poeta di lingua persiana del XIII secolo Rumi ricamati dalla giovane artista Ivana Sfredda, “Anche se tu non hai piedi, scegli di viaggiare in te stesso”.

Alberto Negri: “Anche l’immagine più innocente è un’accusa”
Nella prefazione in catalogo Alberto Negri scrive tra l’altro: “È un mondo diverso ma non così esotico. Abbiamo contribuito pesantemente alla sua distruzione. È difficile raccontare cosa volesse dire vivere in Iraq o Siria in questi anni, sotto i bombardamenti, asserragliati senza mai potere uscire. La morte arrivava dall’alto con i raid aerei o i missili, oppure in maniera silenziosa sulla lama di un coltello. E molti dei monumenti, dei muri, delle case, dei volti delle persone che qui sono ritratti non ci sono più. Perduti per sempre. Ecco perché l’immagine, anche la più innocente, come il sorriso di un bambino, non è semplicemente un ricordo ma un atto d’accusa”.

Accompagna le immagini un tappeto sonoro dove si parlano più lingue: arabo, persiano, italiano, francese e inglese. E le voci vanno dallo scrittore turco e Nobel per la Lettaratura Orhan Pamuk a Padre Paolo dell’Oglio, dal poeta siriano Adonis a un pescatore sul Tigri, da un omosessuale a Dubai all’avvocata, da Pierpaolo Pasolini all’attivista yemenita del Nobel per la Pace Tawakkol Karman, per citarne alcuni.

Farian Sabahi (1967) scrive per Il Corriere della Sera, il settimanale Io Donna e il manifesto. È lecturer in Political Science and Religion alla John Cabot University di Roma, dove insegna History and Politics of Modern Iran e Introduction to Islam, e conduce il seminario “Relazioni internazionali del Medio Oriente” all’Università della Valle d’Aosta.

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