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Uffizi Revolution: Michelangelo con Raffaello, polemiche web

Il direttore Schmidt affianca il Tondo Doni del Buonarroti ai ritratti Doni del Sanzio. Percorsi privilegiati per le star? Critiche, approvazioni e l'avallo autorevole di Paolucci

Uffizi Revolution: Michelangelo con Raffaello, polemiche web
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5 Giugno 2018 - 19.07


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Agli Uffizi cambiare posto alle opere d’arte non è certo come cambiare un quadro in un ufficio. Si incide sulla storia dell’arte e, oggi, sul turismo, o meglio, sulla comunicazione della cultura, sulla conoscenza. Ecco: Eike Schmidt, direttore della Galleria dal 2014, prosegue a passo spedito la sua rivoluzione di percorso delle opere e poiché interviene in uno dei musei a modello dei musei nel mondo, sa di intervenire anche a livello simbolico e culturale profondo e globale. Ma sul web le polemiche infuriano. Del tipo: “Il tondo Doni di Michelangelo infilato in un oblò”. E un’altra osservazione: le star fianco a fianco per i turisti frettolosi è uno svilimento, Palazzo Pitti perde due teste di serie. Schmidt procede. Rivendica che l’accostamento ha storicamente senso. Ha un avallo di peso: quello di Antonio Paolucci.

Il precedente direttore, Antonio Natali, collocò la scultura del III secolo avanti Cristo dell’Arianna addormenta con capo reclino e braccia che si torcono intorno al capo davanti al Tondo Doni di Michelangelo: il dipinto, con le torsioni delle figure di Madonna, Bambino e Giuseppe e per i suoi colori è una pietra miliare per il Manierismo e la pittura del XVI secolo. Il rimando visivo tra la copia romana da un originale ellenistico e il dipinto comunicavano con immediatezza come la scoperta dell’antico sia stata fondante per l’arte dal Cinquecento in poi. Altre opere, affiancavano il capolavoro. Per esempio di Andrea del Sarto. Adesso il dipinto ha altra compagnia: Raffaello, innanzi tutto. E dipinti degli stessi anni d’inizio ‘500, quando c’era la Repubblica fiorentina e i Medici erano stati cacciati.

Il tondo nell’oblò
Accanto al Tondo commissionato dai coniugi Doni, ora in un grande oblò con vetro d’alta tecnologia antiriflessi, il museo ora espone i due ritratti di Maddalena Strozzi e Agnolo Doni eseguiti dal Sanzio e che prima erano alla Galleria Palatina a Palazzo Pitti. La sala raccoglie, del pittore urbinate, anche la celebre “Madonna del Cardellino”, un dittico di ritratti, tre tavole di Fra’ Bartolommeo che ebbe fortissimi scambi con Raffaello e quindi non è affatto un intruso, una testa antica detta di “Alessandro morente” il quale, pure lui, torce il capo ma verso l’alto, tanto per restare in tema di torsioni del corpo e, quindi, dell’animo umano. La Palatina non resta sguarnita dei Raffaello: sempre con traslochi vari, da 11 opere ne ospiterà 12, includendo il ritratto di Giulio II che lascia gli Uffizi e il ritorno del Leone X di cui l’Opificio delle Pietre Dure sta completando il restauro.

Per l’operazione Michelangelo-Raffaello Schmidt ha avuto la “benedizione” di un’autorità in materia: Paolucci. Già soprintendente a Firenze oltre che ministro dei beni culturali e direttore dei Musei Vaticani, lo storico dell’arte commenta: “Sì, Schmidt mi ha chiesto un parere, gli ho risposto di andare avanti, sono favorevole, ha fatto bene, l’avrei fatto anch’io”. E in pubblico afferma: “Se il compito di un museo di arte antica è essere didattico, rendere comprensibile la storia dell’arte figurativa nel loro farsi, bisogna riconoscere allora che la nuova realizzazione del direttore e dell’architetto degli Uffizi Antonio Godoli è esemplare”.

La nuova sala, architettonicamente parlando, è in effetti esemplare: per la luce che scende, per la chiarezza. Accostare le opere commissionate dai Doni è coerente. E c’è chi, persona esperta di musei, osserva: alle guide turistiche di solito i gruppi danno tempi ristretti, impossibili per veder tutto, per loro sarà più facile mostrare più capolavori perché i turisti venuti dall’altro capo della terra vogliono vedere i capolavori, non tutti. Faciliterà il compito delle guide l’apertura, a breve, accanto a Michelangelo e Raffaello, di una sala con i tre capolavori di Leonardo del museo: l’Adorazione dei Magi, l’Annunciazione e il Battesimo di Cristo su cui il vinciano intervenne e che è del suo maestro, il Verrocchio.
Ora, ricapitolare tutti i traslochi di opere in corso agli Uffizi fa venire la giravolta. Un paio di annotazioni però non guastano: primo: nel comunicato stampa Schmidt scrive che così non esibisce più “capolavori isolati e feticizzati”, però il suo predecessore non coltivava affatto questa impostazione ed è contro le opere d’arte “feticcio”, isolate perché non educano un bel niente; secondo: accostare tanti Raffaello a Michelangelo non rischia di creare una concentrazione di interesse per poche sale a discapito di quelle dotate di meno celebrità? Quanti si concentreranno su Botticelli, Michelangelo-Raffaello, Leonardo che sarà nella sala vicina, magari Caravaggio, considerando il resto quasi un ornamento? E il resto sono Giotto, Paolo Uccello, Tiziano, il Bronzino …
Ed è significativo che questo allestimento sia più pratico per le guide turistiche con gruppi disposti a vedere solo i capisaldi in una o d ore: conferma che il rischio che le star schiaccino gli altri c’è. Forse con le masse di turisti non c’è alternativa? Nel qual caso parte della partita è persa. In parte lo è comunque: i ritratti Doni e il Tondo sono tutti dietro robustissimi vetri protettivi, eccellenti, senza riflessi, ed  è un altra prova che non possiamo avere l’arte senza protezione.

 

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