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“Le statue muoiono”. Perché c'è chi odia l'arte e le persone

A Torino tre istituzioni si interrogano su saccheggi, distruzioni e identità culturali in bilico. L’Egizio apre per la prima volta all’arte contemporanea

“Le statue muoiono”. Perché c'è chi odia l'arte e le persone
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8 Marzo 2018 - 16.34


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Ricordate i giganteschi Buddha di Banyam distrutti a suon di esplosivo dai Talebani? Un caso emblematico di distruzione dell’arte che è violenza sulle persone. “Anche le statue muoiono” è un titolo efficace che sintetizza una mostra su “Conflitto e patrimonio tra antico e contemporaneo” in cartellone dal 9 marzo in tre sedi espositive torinesi: il Museo Egizio fino al 9 settembre, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (istituto votato all’arte contemporanea e dove l’esposizione chiude il 29 maggio) e i Musei Reali (nel Salone delle Guardie Svizzere fino al 3 giugno 2018). Una collaborazione che vede impegnato anche il Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino (Crast) per “riflettere sull’importanza del patrimonio culturale” da tutelare e proteggere “creando un filo capace di unire reperti del passato con opere contemporanee”. Sull’argomento a maggio ci sarà un convegno internazionale. Il titolo viene da un documentario del 1953 del regista francese Alain Resnais.

 

Il progetto scientifico – curato da Irene Calderoni, Stefano de Martino, Paolo Del Vesco, Christian Greco, Enrica Pagella, Elisa Panero – ruota attorno a tre temi principali: uno “analizza in modo diacronico le motivazioni che hanno spinto gli uomini alla distruzione del patrimonio artistico e archeologico nel tentativo di mistificazione dell’identità altrui, di dispersione e annichilimento della memoria dei popoli”. Il secondo tema “è il potere delle immagini, portatrici di innumerevoli significati e spesso strumento del potere”. Terzo tema è il ruolo dei musei: “istituzioni in bilico tra il principio di conservazione/protezione e l’attività di appropriazione,“predatori” di patrimoni e custodi di reperti altrimenti esposti al rischio della distruzione e dell’oblio, simboli dell’Europa coloniale, oggi i musei sono chiamati a rivalutare e ricostruire il loro ruolo di narratori della cultura”.

Come spiegano le note stampa, i curatori vogliono porre con queste mostre alcuni interrogativi: “qual è il ruolo di un patrimonio storico-artistico nei processi di costruzione dell’identità culturale di un popolo? Quali sono gli effetti di una devastazione così estrema sul senso di appartenenza, sull’idea di tradizione e condivisione, sulla possibilità di concepirsi come un insieme? Su quali basi si può costruire un futuro, se le tracce del proprio passato sono state sistematicamente obliterate? Come si può concepire un’idea di riparazione, di riconciliazione?” E sono domande che ora investono paesi come Siria, Iraq, Iran, Afghanistan, ma hanno riguardato e riguardano ancora l’Europa dopo la seconda guerra mondiale e l’Italia soggetta a furti e depredazioni dei tombaroli, per dirne una. 
Per l’occasione il Museo Egizio si apre per la prima volta all’arte contemporanea ospitando nella sala mostre dedicata a Khaled al-Asaad, barbaramente ucciso dall’Isis, opere di nove artisti di oggi (installazioni, video, fotografie) in confronto con reperti millenari.

 

 

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