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Trieste scopre i disegni mai visti dal lager di Zoran Music

L'artista eseguì quei lavori a Dachau, dove era stato internato. Li ha scoperti uno studioso e vengono esposti per la prima volta

Trieste scopre i disegni mai visti dal lager di Zoran Music
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24 Gennaio 2018 - 17.03


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Figure terrorizzate, scheletriche, con l’orrore neglio occhi. Zoran Mušič, incisore e disegnatore di rara maestria e drammatico, era un sopravvissuto. Sopravvisse al Lager. Per la Giornata della Memoria il Civico Museo “Revoltella” di Trieste espone, dal 27 gennaio al 2 aprile, un gruppo di 24 disegni inediti che l’artista eseguì quando era a Dachau. La mostra si intitola “Zoran Mušič. Occhi vetrificati”, la promuove il Comune di Trieste – Assessorato alla Cultura e la cura da Laura Carlini Fanfogna.

Mušič (1909-2005, sloveno) a Dachau aveva il marchio del tragico Triangolo Rosso dei deportati politici. Ci era arrivato nel novembre del ’44. Quell’anno l’artista, per una sua mostra veneziana, aveva conosciuto Ivo Gregorc, che faceva parte della Croce Rossa slovena, impegnata nella resistenza contro i nazisti. L’amicizia non sfuggì alle SS a Venezia che arrestarono Mušič con l’accusa di collaborazione con gruppi anti tedeschi. Dopo la detenzione a Trieste fu deportato nel lager in Germania dove rimase per sette mesi, fino al giugno 1945.

Di quei disegni 23 erano stati dimenticati tra i fascicoli d’archivio nella sede dell’Anpi, Aned, Anppia, uno nella sede dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia. Li ha trovati nel luglio 2016 il professor Franco Cecotti, collaboratore dell’Irsml e oggi vicepresidente dell’Associazione Nazionale Ex Deportati-Aned, studiando una cartella con ciclostilati e materiali intitolati “Gli italiani in Dachau” del maggio ’45. Da una seconda cartella con stessa data, contrassegnata come “Disegni campo Dachau”, sono emersi i disegni di Mušič. Li eseguì subito dopo l’arrivo degli Alleati, quando l’artista sopravviveva nel campo in una sorta di quarantena, sopraffatto dall’angoscia che ancora lo torturava.

Le 24 opere riunite in mostra facevano parte di un corpus più ampio di pezzi che l’artista in parte donò ai compagni sopravvissuti. Una volta rientrato in Italia, Mušič per anni non riuscì a misurarsi con l’angoscioso ricordo del lager. Si dedicò a raccontare l’amata Venezia e i paesaggi dalmati. Sino agli anni Settanta, quando, riuscì a proporre nella serie “Non siamo gli ultimi”, “l’orrido che è insito nell’uomo”.

 

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