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Furti e rapine clamorose, la "sindrome della Pantera rosa" colpisce ancora

Colpi grossi in hotel a Venezia, in Costa Azzurra, al festival di Cannes, assalti ai treni. E le storie raccontate al cinema

Furti e rapine clamorose, la "sindrome della Pantera rosa" colpisce ancora
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3 Gennaio 2018 - 18.28


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Enzo Verrengia

 

Il furto di alcuni gioielli a Venezia, spariti da una teca della mostra Tesori dei Moghul e dei Maharaja potrebbe far coniare l’espressione “sindrome della Pantera Rosa”, o più semplicemente rimandare al tema del colpo grosso che colpisce le corde dell’immaginario collettivo. Per esempio quello del 2013 all’Hotel Carlton di Cannes. La Croisette era lo sfondo ideale per un gentleman cambrioleur, il ladro gentiluomo, alla Arsenio Lupin, come quello che, armato di fucile, fece irruzione nell’albergo per eccellenza dei Vip, sede all’epoca di un’esposizione di gioielli presa pari pari da romanzi e da film del genere. Bastarono pochi minuti al rapinatore per imboscare in una valigetta preziosi per 40 milioni di Euro.
Quasi la replica di quanto avvenuto due prima, durante il Festival del Cinema, allorché da una suite del Novotel di Cannes furono sottratti gioielli della maison svizzera Chopard, per un valore di 1,4 milioni di dollari. In quel caso la location della rapina era prossima a quella del film Caccia al ladro. Alfred Hitchcock vi girò alcune scene nel 1955, durante le riprese sulla Costa Azzurra che favorirono il matrimonio di Grace Kelly con Ranieri di Monaco. Inoltre, sempre a Cannes, Claude Lelouch fece svolgere quella deliziosa commedia giallo-rosa che è Una donna, una canaglia (La bonne année, 1973), dove un Lino Ventura al meglio del gigionismo interpretava il simpatico delinquente autore della “rapina psicologica”, ossia la simulazione con cui penetrare in una gioielleria prima della chiusura per vuotarla. La notizia s’incrociò con la fuga dal carcere svizzero di Orbe del bosniaco trantaquattrenne Milan Poparic, ricercato dall’Interpol. L’uomo faceva parte della cosiddetta Banda della Pantera Rosa, formata da ex militari jugoslavi che agiscono in tutto il mondo almeno dal 1999. Il loro appellativo proviene dall’impresa più celebre: il furto di un anello di diamanti rinvenuto dalla polizia in un tubetto di crema. Proprio allo stesso modo di una pellicola del ciclo interpretato da Peter Sellers e David Niven.
Per i gioielli di Venezia, lo sfondo della città sull’acqua supera ogni fascinazione e suggerisce le figure più intriganti, i “solitari”. Tipo Adam Worth, che aprì un negozio di tonici orientali accanto alla Boylston Bank di Boston. Intanto scavava un tunnel per arrivare alla cassaforte del caveau, da cui riemerse con mezzo milione di dollari in una valigia. Nemmeno la moglie di Worth immaginava la doppia esistenza del marito. Quando lei venne a conoscenza della verità, impazzì. Worth morì povero e dimenticato a Londra. Arthur Conan Doyle si ispirò a lui per il Professor Moriarty, l’arcinemico di Sherlock Holmes.

I francesi oppongono la loro tradizione di rapinatori, alla cui testa c’è la banda di Jules Bonnot. A lui va il “merito” di avere intuito una necessità essenziale per simili imprese: una rapida via di fuga. Bonnot conosceva la materia. Aveva fatto il meccanico a Lione e forse l’autista di Arthur Conan Doyle. Inoltre era anarchico e rapinava banche per autofinanziamento della rivoluzione. Il governo schierò contro Bonnot una task force di 500 poliziotti. Per avere la meglio su di lui, si ricorse alle maniere forti. Gli circondarono la casa e fecero saltare la sua camera da letto con la dinamite. Inevitabile che Bonnot divenisse un mito nel ’68, quando gli studenti parigini che occupavano la Sorbonne gli dedicarono una sala all’interno dell’università.
Non si può tralasciare, poi, l’epopea delle “train robberies”, le grandi rapine ai treni negli Stati Uniti, che fruttarono circa 150mila dollari all’anno nell’epoca d’oro, coincisa con lo sviluppo delle ferrovie. Fra i primi ad approvvigionarsi di denaro in transito fu Jesse James, con la sua banda. Passato dalla guerriglia nelle file sudiste dei Fucilieri di Quantrill all’attività in proprio, il bandito imperversò contro diligenze e treni nel Missouri, nel Kansas, nello Iowa, nel Texas, nel Kentuky e nel Minnesota. Venne ucciso a tradimento e per mera pubblicità a St. Joseph, nel Missouri, dove si nascondeva sotto le mentite spoglie di J. D., o Thomas Howard.
Robert Leroy Parker, meglio noto come Butch Cassidy, era un ceffo poco somigliante al Paul Newman del film di George Roy Hill, e comandava il Wild Bunch, il mucchio selvaggio, nel quale spiccava l’amico Harry Longbaugh, detto Sundance Kid, e l’amante Etta Place, provetta tiratrice.
La banda consumò diversi colpi ai danni dell’Union Pacific Railroad. Tutt’altro che infallibili, Butch e i suoi tornavano dopo ogni colpo a rifugiarsi tra le montagne settentrionali del Big Horn, nel Wyoming. La direzione della ferrovia affidò la loro caccia all’agenzia Pinkerton, che sventò numerose rapine attraverso un infiltrato, Charles Carter. Cassidy morì effettivamente per un conflitto a fuoco con l’esercito Boliviano, nel 1909. Eppure la sua famiglia sostenne fosse tornato negli Stati Uniti, dove visse a lungo sotto falsa identità.
8 agosto del 1963: la grande rapina al treno postale Glasgow-Londra.
Gli uomini d’oro erano 30, guidati dal “cervello”, Ronald Biggs. Alle 3,15 del mattino, tutti in maschera, sopraffecero il segnalatore della ferrovia e attivarono un segnale di pericolo . L’imboscata avvenne in un punto isolato, fu coperto il segnalatore e sostituito con una torcia. Quando il capoconvoglio David Whitby e il collega Jack Mills scesero per vedere cosa non andava, furono catturati dai rapinatori. I quali staccarono il locomotore e i primi due vagoni conducendoli a un miglio di distanza sui binari. Là scaricarono 120 sacchi di denaro e diamanti e fuggirono su due autocarri militari e un’auto veloce con un bottino di 3 milioni di dollari. Tutto in soli 15 minuti.
Biggs fu catturato e condannato a 30 anni, ma rimase dentro appena 15 mesi, perché evase ed riparò in Brasile. Stabilitosi a Rio de Janeiro, concesse qualche intervista ed apparve in spot pubblicitari. Creò anche un sito Internet (www.bscene.com.au/biggs/meetron. html). La Corte Suprema Brasiliana rifiutava l’estradizione di Biggs in Gran Bretagna, dato che il rapinatore era divenuto padre di un bimbo. Per la legge carioca questo impediva l’espulsione. Nel 2001 su settimanale britannico The Sun apparve il clamoroso annuncio di Biggs: voleva tornare in patria. Vi sbarcò dall’aereo il 7 maggio di quello stesso anno e fu subito condotto in carcere. Ne uscì nell’agosto del 2009, impedito nel linguaggio e nei movimenti dopo ripetuti attacchi cardiaci.
La mitologia del colpo grosso attraversa le epoche senza cedimenti agli scenari del momento. I beni preziosi esposti sollecitano sempre le mire del talento criminale.

 

 

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