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Arriva il primo stop a Elon Musk e alla sua creazione di dispositivi cerebrali

Neuralink, l’azienda neuro tecnologica fondata da Musk, è al lavoro su un dispositivo per il trattamento delle malattie neurodegenerative. Testato sugli animali, adesso si vuole passare agli umani. Ma dalla FDA arriva uno stop.

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4 Aprile 2023 - 13.02


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di Elena La Verde

Elon Musk ha il tocco di Re Mida: qualsiasi cosa egli sfiori, diventa oro. È la base del suo successo. Con scelte discutibili, condivisibili o meno, ha messo su il suo vasto impero economico. Eppure, negli ultimi tempi, tra gli ingranaggi della sua economia, il suo tocco sembra funzionare meno. Le sue idee innovatrici, a tratti futuristiche, non sono comprese e si perdono in un mare di “ma” e “se”. Anche il sogno di sviluppare interfacce neurali (meglio conosciute con il termine inglese BCI, Brain-computer interface, tradotto letteralmente in italiano in “interfaccia cervello-computer”), con l’azienda neuro tecnologica Neuralink, è sfumato nel nulla.

L’azienda, una delle tante create da Musk, è al lavoro sul prototipo di un dispositivo di neuromodulazione, che dovrebbe rivelarsi rivoluzionario nel trattamento delle malattie neurodegenerative. Simile a una macchina da cucire, lo strumento sarebbe in grado di tessere fili molto sottili all’interno del cervello umano e di implementare le sue funzioni, a partire dalle reti neurali. Nel 2020, l’azienda aveva annunciato che avrebbe iniziato presto gli esperimenti sugli esseri umani. Ma..

Ma, dalla Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei farmaci e degli alimenti, e più in generale dei temi di salute pubblica, è arrivato uno stop. Neuralink non può avviare la sperimentazione umana: niente chip da impiantare nel cervello delle persone. Come riporta l’agenzia di stampa inglese Reuters, l’FDA non ha accolto la richiesta di Neuralink, non solo per il ritardo nella richiesta dell’autorizzazione, ma anche per l’incertezza e l’insufficienza dei dati raccolti sulla creazione del dispositivo, che nel lungo termine, potrebbe fare più danni, che altro.

I fili del dispositivo in progettazione possono compromettere in modo critico le funzioni del cervello, poiché hanno alte probabilità di infiammare i tessuti neurali e di causare aneurismi cerebrali. L’impresa di Musk, tuttavia, ha risposto alle preoccupazioni e ai dubbi sollevati da FDA, sottolineando che il dispositivo si rivela sicuro ed efficace in base ai risultati ottenuti dai test sugli animali; in futuro, continuerà ad impegnarsi nella sperimentazione animale per avere più dati possibili per implementare al meglio il prototipo.

Questa situazione ha generato critiche e polemiche sia tra gli ambientalisti  sia tra gli animalisti, contrari a questo tipo di sperimentazione, e medici e neurologi, scettici sulla modalità di lavoro adottate da Neuralink. I conflitti con le normative e con gli enti regolatori nascono proprio da qui.

L’azienda sembra non rispettare i precisi protocolli della sperimentazione scientifica, perché si pone obiettivi di ricerca estremamente ambiziosi, da raggiungere in tempi ristrettissimi. È una roba impensabile, anzi irrealizzabile, se si vuole svolgere il lavoro in modo serio e professionale. Tutto ha i suoi tempi, soprattutto quando parliamo di medicina, salute e di ricerca su malattie che hanno esiti terribili e incerti. Questo tipo di lavoro discutibile si deve essenzialmente alla cultura e alle politiche aziendali applicate: Musk infatti gestisce Neuralink con le stesse modalità con cui lo fa con altre sue imprese di punta, come Tesla, specializzata nella produzione di auto elettriche, oppure con Twitter, il celebre social network che ha acquistato da quasi un anno e lo ha trasformato nel suo parco di divertimento online. Ha un tipo di leadership, in cui il rischio d’impresa viene portato alle sue più estreme conseguenze. Per un’azienda, che si occupa di creare dispositivi medici, questo può avere effetti deleteri, che non vanno sottovalutati.

Il discorso comunque è molto più complicato di quello che sembra. Neuralink non è la sola ad occuparsi della creazione di dispositivi di neuromodulazione. Tra i concorrenti, c’è Synchron, che si propone di realizzare strumenti capaci di aiutare le persone affette da paralisi a recuperare parte della loro mobilità e della loro capacità di comunicare attraverso la trascrizione dei loro pensieri, elaborati dalla mente, su un supporto digitale.

Per il momento, al di là di ogni progetto ambizioso che le imprese si prefissano, nessuna di loro ha ricevuto dalla FDA l’approvazione finale per impianti del genere. I motivi, per cui non abbiamo ancora oggi un dispositivo BCI di questa portata, non sono di natura economica. È una questione di sicurezza? O una questione di etica? Sono tanti gli scenari aperti e gli interrogativi a cui rispondere. Anche il Re Mida ci ha pensato a lungo e alla fine ha capito. Il problema è troppo difficile di per sé.  Non può essere magicamente risolto dal suo tocco, che trasforma tutto in oro.  E questo, lui lo sa fin troppo bene.

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