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C'è un abuso di metafore belliche ma non siamo in guerra

Questa condizione “bellica” in cui ci troveremo immersi per colpa del covid altro non è che una metafora, e delle più fuorvianti. Non c’è alcun aereo che bersagli a colpi di mitraglia chi esce.

C'è un abuso di metafore belliche ma non siamo in guerra
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24 Ottobre 2020 - 16.13


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“Siamo in guerra” si sente ripetere in continuazione. Al telegiornale, nei talk show, sulla stampa, in rete, quasi che la nostra lotta contro il covid equivalesse a uno dei due grandi conflitti mondiali (più al secondo che non il primo) da cui il novecento è stato martoriato.

Ma è davvero così? Chiunque abbia avuto la sorte di sentir raccontare dai propri genitori l’esperienza della “loro” guerra – sirene che impazzavano in piena notte e precipitose fughe nei rifugi, palazzi che crollavano fra le fiamme, i milioni di caduti sui vari fronti in cui l’esercito italiano ebbe la sventura di misurarsi – chiunque avesse udito dei veri racconti di guerra, dicevo, o solo ne avesse visti dei filmati sullo schermo, dovrebbe immediatamente rendersi conto che il “coprifuoco” decretato in alcune regioni dalle 23 alle 5 non ha nulla a che fare con quello, bellico, imposto per evitare che gli aerei nemici individuassero più facilmente i bersagli; e che quel “buio” che avvolge le città (bar chiusi alle 22, o alle 24), tanto detestato dai nostri giovani vitaioli, non ha nulla a che vedere con l’oscuramento su cui vigilava il famigerato Unpa (l’Unione Nazionale Protezione Antiaerea): per il semplice fatto che se un gruppo di diciassettenni con la birra va in giro di notte, in barba alle disposizioni del sindaco, al massimo prende una multa (ammesso che ciò avvenga davvero), ma in ogni caso non c’è alcun aereo inglese, americano o tedesco che li bersagli a colpi di mitraglia.

Tutto ciò per dire, anche tramite pochi esempi, che questa condizione “bellica” in cui ci troveremo immersi per colpa del covid altro non è che una metafora, e delle più fuorvianti. Non che la pandemia non sia una cosa grave, anzi, purtroppo lo è: solo che non è una guerra. Per non parlare delle ‘virtù’ ugualmente virili, belliche, che vengono evocate nel contesto di questa metafora che fa del covid una guerra – tipo Donald Trump che va ad abbracciare i suoi supporters senza mascherina  – e per questo viene definito “spavaldo” (citazione letterale).
Spavaldo? Che c’è di bellico, di virile spavalderia in un gesto che da parte di Trump, il quale il virus l’ha già avuto, può solo provocare il contagio di altre decine di persone che fino ad allora ne sono state immuni? Insomma, sarebbe lo stesso se durante la guerra un capitano o un generale, per mostrare la propria “spavalderia”, si mettesse a sparare sui suoi commilitoni. Bel coraggio davvero, degno di una medaglia al valore. Attenzione alle metafore! Specie quelle che si sono trasformate in luoghi comuni. Quanto possono essere fuorvianti.

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