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Ricordare chi combatté i nazifascisti: online l'identikit dei partigiani

Un portale su chi fece la Resistenza. Furono circa 250mila ma dopo il 1948 in molte zone divenne motivo di discriminazione

Ricordare chi combatté i nazifascisti: online l'identikit dei partigiani
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19 Aprile 2019 - 13.27


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Lo scrittore Beppe Fenoglio fu riconosciuto come partigiano. Nero su bianco, dalla Commissione regionale piemontese. Come trovate documentato nel sito dell’ Istituto Centrale per gli Archivi del Ministero dei Beni e Attività Culturali – Icar riservato appunto ai partigiani.

Chi erano? Quanti hanno combattuto o collaborato alla Resistenza? Non sono domande oziose né d’accademia soltanto quanto elementi storici tanto più necessari dato che ogni anno, da tempo, gli attacchi alla Resistenza e all’antifascismo prendono i colori anche di politici e non soltanto di formazioni di estrema destra dichiaratamente neofasciste. Contro le menzogne e la cancellazione della memoria contribuisce quindi il progetto nazionale in corso del portale “Partigiani d’Italia” presentato l’altro giorno a Palazzo San Celso a Torino e avviato il 12 luglio 2017 “su impulso della Direzione Generale Archivi del Ministero per i beni e le attività culturali”, in via di lavorazione “con il coordinamento dell’Istituto centrale per gli archivi (Icar) e la collaborazione della Scuola normale Superiore, l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” (Istoreto) e l’Istituto nazionale Ferruccio Parri”. Stando al sito il progetto ha avuto un finanziamento di 150mila euro per 18 mesi, già terminati quindi.

Il programma è ambizioso: rendere accessibili nel portale le circa 650mila schede (il portale parla di 700mila) sulle richieste di riconoscimento delle qualifiche partigiane conservate presso l’Archivio centrale dello Stato nel fondo Servizio per il Riconoscimento Qualifiche e per le Ricompense ai Partigiani (Ricompart) del Ministero della Difesa. Le pratiche degli accertamenti sono andate avanti a opera delle Commissioni regionali e nazionali dal 1945 al 1994.

«Al 25 aprile 1945, il numero dei partigiani ammontava, secondo alcune ricostruzioni, a circa 250 mila», scriveva Giovanni De Luna in un articolo uscito sulla Stampa il 14 aprile scorso. Il quale ricorda come chi, sfidando il terrore, scelse di combattere i nazifascisti era una minoranza e sapeva di esserlo. Quei combattenti «ebbero ben chiaro il compito di riscattare, con il loro coraggio, l’ignavia delle maggioranze che avevano supinamente accettato la cancellazione della libertà e della democrazia». Appunto. È opportuno aver presente quei passaggi. Anzi indispensabile.

Stime difficili

Risalire a quanti furono effettivamente i partigiani non è semplice. Citando le stime dello storico Guido Quazza il giornalista ricorda i 9-10mila nel dicembre 1943 cresciuti a 120mila prima del 25 aprile fino ai 250mila finali nel 1945, compresa una retroguardia di 150mila persone. I criteri per definire un partigiano non sono sempre semplici, per le commissioni. «Furono introdotte distinzioni che riguardavano chi aveva operato al Sud della Linea Gotica; ci si limitò a riconoscere solo le formazioni indicate dal Cvl (Corpo Volontari della Libertà), penalizzando quelle che avevano operato spontaneamente; si privilegiò l’aspetto militare della Resistenza, così che al Sud si prese in considerazione come titolo di merito solo la partecipazione alle quattro giornate insurrezionali di Napoli. Si stabilirono diverse categorie di partigiani (combattente, patriota, benemerito ecc.) e per ognuna si richiedevano requisiti diversi (a partire dalla presenza continuativa in banda di almeno tre mesi)», chiarisce De Luna.

Né si può dimenticare che più d’uno, certo tanti, provò a farsi riconoscere come partigiano dopo la Liberazione perché siamo un paese dove il carro dei vincitori è sempre affollato e perché quel riconoscimento dava un compenso paragonabile a un mese di stipendio di un impiegato allettante nella miseria postbellica. Tuttavia dopo il 1948 aver fatto la Resistenza non rappresentava più, per molte forze politiche, un titolo di merito. Tutt’altro: «Al Sud, per qualche anno, dichiarare di aver partecipato alla Resistenza divenne addirittura l’anticamera della discriminazione, quasi un demerito», rammenta De Luna. Dati definitivi? Danno «137.344 i partigiani combattenti ufficialmente riconosciuti, una cifra che non si discosta molto da quella indicata da Quazza», riferisce il cronista citando lo studioso. Che ci sia un portale aperto dove consultare nomi e storia è quindi positivo.

Il sito dell’archivio sui partigiani

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