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Anche Orlando dice no al M5s: il Pd non può governare con loro

Il ministro della Giustizia: "avremmo difficoltà a spiegare perché fare un accordo con una forza che mantiene tratti forcaioli e anti-europei"

Anche Orlando dice no al M5s: il Pd non può governare con loro
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8 Marzo 2018 - 09.01


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Il Pd chiude la porta al dialogo con il M5s. Lo ha fatto Andrea Orlando, il ministro della Giustizia uscente, che già ieri aveva sottolineato come il 90% del partito non voglia intese con i pentastellati. Orlando ha ribadito che non ci sarà un accordo con Di Maio, neanche se lo chiedesse il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“La legge elettorale – ha detto Orlando in un’intervista radiofonica – ci offre due punti di partenza: quello della coalizione uscita vincitrice e della forza politica uscita vincitrice. Solo il Presidente della Repubblica può dare l’incipit”. E se il capo dello stato facesse capire che vede intesa Pd-M5s? “Quello che dice il capo dello stato – ha aggiunto Orlando – non può essere ignorato ma io non vedo le condizioni politiche programmatiche, non dobbiamo dirgli di ‘no’ ma spiegargli perché questo percorso è di difficile percorribilità, io credo di impossibile percorribilità”.
“Noi – ha proseguito Orlando – avremmo difficoltà a spiegare perché fare accordo con una forza che mantiene dei tratti forcaioli, anti-europei con una politica economica incomprensibile e demagogica. Ho visto che Scalfari ha cambiato frettolosamente posizione, se i Cinque stelle diventeranno altro dialogheremo con altro ma i cambiamenti non si fanno con un tweet, sono cose profonde, necessitano discussione”.
“Dall’opposizione si possono fare molte cose, si può contribuire all’evoluzione del quadro politico, si possono fare battaglie che diventano maggioritarie, non penso ad una opposizione che si limita all’Aventino ma che può contribuire ad alcune scelte, ad una opposizione con un carattere costruttivo”.
Ambigue le dimissioni di Renzi, secondo Orlando, che chiede al Pd di convocare subito un’assemblea per eleggere il nuovo segretario o le primarie. “Dobbiamo registrare il carattere delle dimissioni di Renzi – ha detto Orlando – perché si è creata una certa ambiguità, le dimissioni significa che poi non è che non detti la linea, o partecipi alle trattative: o le dai o non le dai. Dato questo, discutiamo quale è il modo migliore per convocare un’assemblea che può eleggere un segretario o convocare le primarie. Non corriamo, vediamo se questo innesco è vero, dalla conferenza stampa di Renzi non è ancora chiaro. Penso che Renzi non scompare dalla vita politica, deve esercitare un ruolo in questa fase diversa ma questo non può essere da segretario se si è dimesso”.

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