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Sei un asino! Allora sei d'oro. Da bestia da soma a partner che aiuta

Palermo, al via il primo corso di perfezionamento in ateneo con animali

Sei un asino! Allora sei d'oro. Da bestia da soma a partner che aiuta
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14 Gennaio 2018 - 12.12


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di Delia Vaccarello
Sei un asino! Allora sei d’oro. L’asino ha orecchie lunghe per sentire, groppa per accogliere, curiosità, calma. Ha odore di prato. E’ d’oro non solo per gli antichi, come ricorda il titolo del romanzo di Apuleio. La relazione con l’asino permette  esperienze altrimenti insabbiate, paralizzate, inespresse. Lo hanno capito bene alla università di Palermo dove con gli asini, e non solo, è stato varato il primo corso di perfezionamento post laurea proposto da un ateneo statale in interventi assistiti con gli animali (IAA) ovvero Pet therapy, che terminerà il prossimo giugno. Sul piano culturale consente una trasformazione. Il pregiudizio vuole che sia “ignorante” (vedi le orecchie di Pinocchio), che sia bestia da lavoro. Al contrario, la sua disponibilità all’incontro con altri esseri senza reattività ma con lo spirito dell’offerta e della ricerca lo rendono  emblema di una forza di segno opposto alla sopraffazione. L’asino rappresenta la capacità di rendere possibili dimensioni inesplorate, vitali, selvatiche, pre-verbali, lontane dall’asfissia e dalla miseria degli addomesticamenti. Ci sarebbero da scrivere fiumi di parole sulle scoperte di questa relazione che trasforma tutti gli attori, in cui l’asino non è uno strumento di lavoro bensì un partner, ma un articolo nel web esige ritmo e incisività, quindi metteremo on line alcune “perle” di esperienza. Il corso prevede anche l’intervento di cavalli e cani. Ne parliamo con Elena Mignosi  docente all’Università di Palermo, direttrice e coordinatrice del corso di perfezionamento in IAA, nonché danza-movimento terapeuta con formazione quadriennale in terapia familiare e sistemica.
Elena Mignosi l’asino per voi è  partner, compagno, mamma, padre. Che significa? Ci faccia vedere come agisce mi pare in modo quasi socratico
L’asino è un animale sociale che ama il contatto fisico, ama stare in gruppo  ed è curioso verso tutte le specie animali. Benché ogni asino sia diverso da un altro, tendenzialmente sono tutti animali molto miti e pazienti (in termine tecnico si dice che sono poco “nevrili”) inoltre tendono a bloccarsi quando vengono aggrediti, quindi non reagiscono aggressivamente a loro volta. Ha dimensioni ridotte rispetto al cavallo e si muove, preferibilmente, con lentezza, e quindi incute meno timore; simbolicamente nella nostra cultura incarna uno “stereotipo negativo” ed è percepito come un animale umile (fine alla prima metà del 900 era un compagno di lavoro e un mezzo di trasporto indispensabile per i contadini, ma non veniva cavalcato dai ricchi, dai nobili  e dai proprietari terrieri). Tutto questo lo rende adatto ad interventi terapeutici, ma anche a percorsi  formativi o educativi sul piano psico-emotivo , comunicativo e socio-relazionale. Il cavallo,invece, viene impiegato maggiormente in percorsi fisico-riabilitativi.
Lei ha alcuni asini che vivono  in un bosco vicino Palermo, con cui fa attività di tipo diverso. Può descrivercele?
Propongo soprattutto percorsi per  formatori, insegnanti, educatori, psicoterapeuti. Ma non solo.  Poi, gli asini sono un’attrattiva per adulti e bambini e, soprattutto in primavera e in estate, vengono continuamente amici e conoscenti per un “contatto ravvicinato”, spesso si fermano alcuni giorni dormendo in un B&B vicino. A volte vengono alcuni miei studenti con le tende. Sono stati con noi  anche gruppi  bambini di 3-4 anni con le loro insegnanti di scuola dell’infanzia, non pensate però ad attività principalmente con i bambini, gli asini esercitano grande attrattiva sulle persone di ogni età.
Ci racconta qualche aneddoto? 
Ricordo Carlo, un bambino di poco più di tre anni, venuto insieme alla mamma a conoscere i miei asini. Appena arrivato li vede a distanza, liberi, e corre loro incontro…. ma a un certo punto si blocca, devono sembrargli tanto grandi ora! La curiosità lascia il posto alla paura, quattro enormi teste, le orecchie puntate verso di lui, si girano a guardarlo; Angelica, la più anziana, si avvicina lentamente, Carlo comincia a piangere piano, è quasi un lamento. Noi siamo accanto a lui, ma faccio cenno alla sua mamma di non intervenire, di aspettare. Tutto accade come a rallentatore: Angelica arriva a circa mezzo metro dal bambino e allarga le zampe anteriori, chinando la testa per essere al suo livello, poi si ferma, immobile. Carlo smette di piangere e, in silenzio, si avvicina ancora, allunga un braccio, con la manina inizia a carezzare il muso vellutato di Angelica e sorride. Provano, entrambi, con grande evidenza, un piacere nel contatto che dura a lungo. Noi adulti tratteniamo il respiro e ci sembra una magia.
Come ha scoperto gli asini?
L’asino è stato una scoperta abbastanza recente. Circa 15 anni fa, con mio marito abbiamo fatto, nel sud della Francia, un breve trekking someggiato e ci siamo molto emozionati nella relazione con gli asini che passeggiavano con noi. Avevamo già comprato sulle montagne vicino Palermo due ettari e mezzo di noccioleto  abbandonato da oltre 30 anni e diventato, nel tempo, un bosco di querce e di rovi. Avevamo iniziato ad andarci spesso e a passarci dei lunghi periodi, prima con la tenda, poi con un vecchio camper dei miei genitori. Lo avevamo già “pulito”, poco per volta e mio marito aveva ricavato  uno spazio per fare un  orto e  per mettere le arnie con le api.  Ogni anno, in primavera e in autunno, era necessario ripulire il bosco dall’erba alta e dai rovi ed era una gran fatica. Tornati dalla Francia abbiamo pensato che sarebbe stato bello avere con noi un paio di asini: ci avrebbero fatto compagnia e avrebbero provveduto a non far ricrescere l’erba e i rovi. Un asino solo, essendo un animale sociale e intelligente,  soffre moltissimo, arrivando, a volte , fino a morirne .  Abbiamo quindi acquistato all’istituto zootecnico della Sicilia una giovane a loro  asina di razza ragusana con la sua figlioletta di 3 mesi. Non sapevamo che Angelica, così si chiama la nostra prima asina, era già incinta e così, dopo circa un anno (la gravidanza degli asini è una tra le più lunghe tra i mammiferi perchè dura circa 13 mesi) è nato Etciu . Poi abbiamo comprato due sorelle di una razza più piccola (amiatina) e dopo qualche anno, grazie allo “scecco Totò”, l’asino dei vicini, Angelica  è rimasta di nuovo incinta ed è nata Hippy. 
Voi non allevate gli asini, possiamo dire che date loro il terreno necessario per vivere. A volte dovete anche separarvi da loro?
No, non alleviamo asini, anzi, due anni fa abbiamo dovuto dare le due sorelline perché il bosco si stava desertificando. Non viviamo con loro ed è necessario che, in nostra assenza, possano nutrirsi di ciò che il bosco dà. Due ettari e mezzo sono sufficienti solo per 4 asini. Sarebbe lungo, ahimè,  raccontare come le due sorelline, che sono ospiti di amici in una fattoria didattica vicino Catania, ci abbiano riconosciuto dopo un  anno di tempo quando siamo andate a trovarle, facendo commuovere tutti. In ogni caso, dopo l’arrivo di Angelica, io e mio marito abbiamo seguito un corso nelle Marche e abbiamo imparato modalità e tecniche di lavoro con gli asini, e da lì in poi è stato un crescere insieme a loro ed un approfondire le loro straordinarie potenzialità.
Possiamo “imparare” dall’asino l’accoglimento (ci riferiamo qui al termine di Elvio Fachinelli) e scoprire dimensioni a noi ignote?
Trovo straordinario sperimentare l’accoglienza dell’asino: è un animale al quale ci si può affidare, è tenero e morbido, fa odore di prato e di terra ed è GRANDE a sufficienza per potere sperimentare l’abbandono (del propio peso, del propro corpo, su di lui). Attiva esperienze di regressione che aprono canali di contatto profondi con se stessi e con gli altri. Direi che può essere anche un mediatore efficace tra conscio e inconscio, anche perché l’asino è in grado di percepire il tuo stato d’animo e di rispecchiarti, permettendoti di riconoscere sentimenti ed emozioni inizialmente non riconosciuti. Come gran parte dei mammiferi sociali percepisce emozioni e sentimenti attraverso l’analogico (le espressioni del volto, il tono muscolare, la postura, l’odore….) e a questi reagisce, attraverso rimandi che spesso, oltre che rivelatori,  sono anche di grande contenimento (ci si sente “scoperti” e nello stesso tempo profondamente capiti).
In questa prospettiva siamo tutti pari, tutti animali. Dite che l’asino non è uno strumento, ma un partner. E ribaltate secoli di pensiero che inferiorizzano gli animali. Inizio della nuova visione è il testo “L’animale che dunque sono” di Derrida. A quali concezioni vi ispirate?
Facciamo riferimento alla prospettiva  zooantropologica (la zooaantropologia è nata in USA negli anni ’80 e in Italia è stata diffusa principalmente da Roberto Marchesini che considera le interconnessioni e i “meticciamenti” attraverso la relazione, di ogni specie animale. Esseri umani e animali, entrando in contatto, si trasformano reciprocamente. Da un punto di vista ecologico non vi sono livelli di importanza diversi, esseri umani ed altre specie animali sono “alla pari”: sono differenti (alterità animale)  ma in relazione. Questo ha una profonda conseguenza etica: gli animali non sono strumenti-mezzi, né esseri viventi al servizio degli uomini, ma partner con i quali interagire, cercando di comunicare e comprendersi reciprocamente, in una cornice di attenzione, e di rispetto. La responsabilità è comunque umana.
Come nasce in lei il legame con gli animali?
Ho sentito e riconosciuto molto presto  (sin da quando ero piccola) il mio legame fortissimo con gli animali (di tutti i tipi, compresi gli insetti) e con il mondo naturale in genere,  e questo è avvenuto, credo, anche per una empatia ed una cura (e direi anche, una continua meraviglia) verso ogni essere vivente e verso l’ambiente naturale,  appresa in famiglia, non tanto attraverso insegnamenti espliciti, quanto attraverso esperienze dirette vissute insieme. 
Non si tratta solo di esperienze individuali, che sono comunque molto significative. La cornice entro cui operate mi pare molto più ampia. Il vostro impegno può definirsi di trasformazione culturale e dunque, in sostanza, politico? 
Noi lavoriamo per un cambiamento culturale, per una interpretazione diversa del concetto di forza inteso come supremazia di un essere su un altro, purtroppo ancora diffuso. Accogliere, riconoscere, incontrare gli altri esseri e creare legami significativi e fertili è per noi risorsa inestimabile. 

 

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