di Vito Todeschini*
La decisione del Procuratore della Corte penale internazionale (CPI), Fatou Bensouda, di non aprire un’indagine sui fatti della Mavi Marmara ha probabilmente lasciato l’amaro in bocca a molti.
La Mavi Marmara era una delle navi della Freedom Flotilla ‒ il convoglio che nel maggio 2010 ha tentato di rompere il blocco israeliano di Gaza ‒ sulla quale alcuni soldati israeliani hanno ucciso nove cittadini turchi che opponevano resistenza all’abbordaggio. Vari attivisti presenti sulle navi della Freedom Flottilla hanno inoltre subito abusi fisici e verbali durante e in seguito all’arresto.
Nel maggio 2013 l’Unione delle Comore ha segnalato la situazione della Mavi Marmara all’ufficio del Procuratore della CPI chiedendo che venisse aperta un’indagine. In seguito alla segnalazione il Procuratore ha iniziato un esame preliminare di tale situazione, ossia un procedimento il cui scopo è accertare se esistano i requisiti legali fissati dallo Statuto della CPI perché un’indagine e un processo possano aver luogo. Il 6 novembre 2014 Bensouda ha pubblicato i risultati dell’esame preliminare, rendendo noto che non intende aprire un’indagine sui possibili crimini commessi su alcune delle navi della Freedom Flottilla, in particolare sulla Mavi Marmara.
Secondo molti studiosi di diritto internazionale il ricorso delle Comore era destinato al fallimento sin dall’inizio. Considerando la logica e i principi alla base della CPI, i quali verranno chiariti nel corso dell’articolo, tale esito era infatti prevedibile. Ciò potrebbe amareggiare ancor più coloro che vedono nella CPI uno strumento per costringere Israele a rispondere dei crimini commessi contro i palestinesi. In questo articolo ci si propone di spiegare brevemente le ragioni che stanno a fondamento dell’archiviazione della situazione della Mavi Marmara.
Come funzione la Corte penale internazionale?
Per poter iniziare un’indagine il Procuratore deve innanzitutto verificare che i fatti oggetto della segnalazione possano qualificarsi come crimini su cui la Corte ha giurisdizione ‒ ossia genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Deve inoltre essere soddisfatto il requisito di ammissibilità, il quale richiede due condizioni: primo, i crimini commessi devono essere di una certa gravità ‒ ad esempio coinvolgere un alto numero di vittime o venire commessi in maniera sistematica o diffusa; secondo, lo Stato coinvolto ‒ quello sul cui territorio i crimini sono stati commessi o lo Stato di cui gli autori sono cittadini ‒ deve essere incapace o reticente nel perseguire gli accusati.
In questa fase il Procuratore non ha la possibilità di esercitare alcuno dei propri poteri investigativi e deve basarsi esclusivamente su fonti comunicate da soggetti terzi, come ad esempio ONG, o reperibili pubblicamente. Nel caso in questione le informazioni sono state ricavate principalmente dai rapporti redatti dalle quattro commissioni d’inchiesta che si sono occupate dell’incidente della Freedom Flottilla ‒ due delle Nazioni Unite, una israeliana e una turca.
La decisione riguardante i fatti della Mavi Marmara
L’esame preliminare viene svolto seguendo una serie fasi in cui il Procuratore accerta se i requisiti di giurisdizione e ammissibilità sono rispettati. Innanzitutto Bensouda ha valutato se i crimini oggetto dell’esame rientrassero nella giurisdizione della CPI. A tal proposito ha affermato che vi sono sufficienti elementi per ritenere che certi crimini di guerra su cui la Corte ha giurisdizione ‒ omicidio volontario, lesioni volontarie gravi all’integrità fisica o alla salute, e violazione della dignità della persona, in particolare utilizzando trattamenti umilianti e degradanti ‒ sono stati commessi sulla Mavi Marmara da parte dei soldati israeliani.
Il Procuratore ha successivamente valutato se tali crimini possano considerarsi sufficientemente gravi da soddisfare il requisito di ammissibilità. La risposta in proposito è stata negativa. Pur riconoscendo che i crimini di cui sopra sono deplorevoli, Bensouda ha affermato che il numero delle vittime è relativamente basso se comparato ad altri casi pendenti o giudicati dalla Corte; che i maltrattamenti sembrano potersi qualificare come umilianti e degradanti, ma non come tortura; che non vi sono ragioni per ritenere che i crimini siano stati commessi in maniera sistematica o che facessero parte di un piano o di una politica deliberata di attacco contro i civili presenti sulle varie navi; e che i crimini sono stati perpetrati a bordo di solamente uno dei sette vascelli della Freedom Flottilla, ossia la Mavi Marmara. Queste ed altre considerazioni hanno spinto il Procuratore a ritenere che l’incidente non sia di gravità sufficiente per essere giudicato di fronte alla Corte, e di conseguenza che non vi siano motivi per procedere ad un’indagine vera e propria. Le Comore potranno fare appello alla sezione della Corte deputata ad esaminare le archiviazioni decise dall’Ufficio del Procuratore; tuttavia è improbabile che la decisione venga ribaltata.
Va detto che taluni aspetti dell’interpretazione del Procuratore riguardante la gravità dei fatti sono stati oggetto di critica (si veda l’articolo di Michael Kearney in coda all’articolo). Tuttavia va tenuta a mente una questione essenziale. Il ruolo della CPI non è di processare ogni individuo accusato di aver commesso un crimine internazionale, ma solamente i ‘pesci grossi’, coloro cioè che partecipano all’ideazione e alla pianificazione dei crimini o che vi prendano parte all’esecuzione da una posizione di comando. La Corte non è invece deputata a perseguire ogni individuo che abbia perpetrato materialmente un crimine internazionale. Ciò è dovuto principalmente a una questione di risorse umane e finanziare, senza contare il fatto che talvolta gli esecutori materiali sono centinaia.
Inoltre la CPI è una corte di seconda istanza la quale giudica un caso solo quando lo Stato nel cui territorio i crimini siano stati commessi o i cui cittadini vi abbiano preso parte sia incapace o reticente nel perseguire i responsabili. Letta alla luce del ruolo della CPI, la decisione del Procuratore di non avviare un’indagine sui crimini commessi sulla Mavi Marmara acquisisce un proprio significato. Perché dei crimini di guerra siano giudicati dalla Corte, in linea tendenziale questi non devono essere connessi ad episodi isolati ‒ l’articolo 8 dello Statuto della CPI recita infatti “La Corte ha competenza a giudicare sui crimini di guerra, in particolare quando commessi come parte di un piano o di un disegno politico, o come parte di una serie di crimini analoghi commessi su larga scala” ‒ e come si è detto chi viene portato alla sbarra è chi ha ideato, pianificato e/o ordinato tali crimini, non coloro che li hanno materialmente compiuti.
Nel caso di specie gli accusati non dovrebbero essere i soldati autori dei crimini, che dovrebbe essere giudicati da una corte israeliana, bensì i ranghi maggiori dell’esercito o i membri del governo. La non gravità dei crimini commessi sulla Mavi Marmara ‒ quando si parla di gravità, ovviamente, la si intende in relazione allo Statuto della CPI e non in termini assoluti ‒ va letta in tal senso: per il Procuratore sarebbe sostanzialmente impossibile incriminare gli allora esponenti del governo israeliano. Ciò potrebbe invece avvenire se l’indagine avesse ad oggetto operazioni militari di vasta portata come Piombo fuso o Margine protettivo, o le politiche di insediamento coloniale in Cisgiordania, dietro a cui sta una vera e propria pianificazione. In generale è assai improbabile che singoli incidenti come quello della Mavi Marmara possano trovare giustizia a L’Aia.
A margine va notato che il Procuratore ha anche affermato che vi sono elementi per poter ragionevolmente affermare che Gaza rimane un territorio occupato. Tale constatazione, per quanto non dotata di forza vincolante, può considerarsi un dato positivo in quanto supporta un’interpretazione del diritto internazionale che permette di porre maggiori obblighi in capo a Israele rispetto alla popolazione di Gaza. Si tratta inoltre di un indizio di come il Procuratore potrebbe affrontare nuovi casi riguardanti il conflitto israeliano-palestinese, soprattutto se la Palestina deciderà di ratificare lo Statuto della CPI.
Fonti e riferimenti
Office of the Prosecutor of the International Criminal Court: Situation on Registered Vessels of Comoros, Greece and Cambodia. Article 53(1) Report, 6 November 2014;
- Van Schaack: ICC Prosecutors Decline to Investigate “Freedom Flotilla” Incident, Just Security;
- Van Schaack: ICC Analysis on the Flotilla Incident–Fair & Balanced?, Just Security;
- Kearney: Initial Thoughts on the ICC Prosecutor’s Mavi Marmara Report, Opinio Juris.
* Vito Todeschini è dottorando in diritto internazionale presso l’Università di Aarhus, Danimarca. Nelle sue ricerche si occupa di diritto dei conflitti armati, diritti umani, diritto internazionale penale e uso della forza internazionale. Può essere contattato all’indirizzo: vitot@law.au.dk
Fonte: http://nena-news.it/gaza-perche-la-corte-penale-non-indaghera-sulla-mavi-marmara/.
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