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Le città da ripensare al femminile

Un importante convegno organizzato a Siena dal Centro culturale Mara Meoni. Architette, filosofe e storiche si confrontano sulla storia dell'urbanistica, sulle panchine rosse e sul ruolo delle donne

Le città da ripensare al femminile
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1 Dicembre 2021 - 20.51


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di Agostino Forgione e Azzurra Arlotto

In una società che solo nell’ultimo secolo sta iniziando a riconoscere alla donna ruoli e prerogative storicamente connaturate all’uomo, finalmente anche la sua collocazione nel mondo dell’architettura sta trovando una propria rilevanza. La censura gestita, quasi sempre, dalla controparte maschile, ha spesso lasciate nell’oblio rilevanti figure di donne, autrici di grandi e lodevoli contributi in quel settore. Tutto ciò è emerso chiaramente nell’incontro “Che genere di città”, organizzato dal Centro culturale delle donne “Mara Meoni” in collaborazione col Cesvot, che si è svolto  sabato scorso, 27 novembre, a Siena nei locali della  Scuola Edile la Lizza.

Nicola Valente, Presidente dell’Ordine degli Architetti di Siena, citando la mostra “Architettrici, Architettesse e Architette” di Luana Barbato, ha sottolineato come la storia abbia un memoria corta nel ricordare queste figure che all’architettura hanno dato così tanto. Si tratta di donne pioniere, che spesso hanno lavorato a fianco di mariti, figli e fratelli, fungendo da loro fidati collaboratori e punti di riferimento, ma sovente vedendosi negato, poi,  il proprio credito e la  popolarità che ne consegue. Donne come Denise Scott Brown, architetta statunitense, che da sempre ha lavorato assieme al marito Robert ma che, nel 1991, si è vista esclusa dal conferimento del prestigioso premio Pritzker Architetture, consegnato unicamente a quest’ultimo.  Un risentimento che ha portato l’architetta, progettatrice del Sainsbury Wing di Londra, a boicottare la cerimonia di premiazione. 

O ancora di donne del calibro di Caterina da Siena, sorella di Pio II, a cui va il merito dell’inserimento di dettagli gotici a stemperare il carattere rinascimentale fiorentino del Palazzo delle Papesse, chiamato così proprio in suo onore. Ma si tratta anche, solo per citarne alcune, di donne alle quali finalmente è stata riconosciuta l’importanza nella formazione professionale, come per Cini Boeri, disegnatrice della celeberrima poltrona ghost, ritratta dal figlio Stefano a seguito della sua recente scomparsa come principale ispiratrice della sue architetture verticali.
 
Maria Luisa Boccia ha portato la sua riflessione proprio  in merito all’architettura sotto lo sguardo della differenza. Per la filosofa femminista è necessario infatti “cambiare lo sguardo con cui guardiamo la città”, non esistendo una duplice e opposta prospettiva, una maschile e una femminile, con cui interpretare e vedere gli spazi urbani. “La cura degli spazi, della città, è prima di tutto cura delle relazioni, che li rendono vivi, condivisi, aperti e attraversati dalle molteplici attività ed esperienze frutto di soggetti differenti. Vuol dire mettere al centro i corpi che abitano lo spazio urbano, che non sono mai presi a sé ma sempre in relazione, anche quando appaiono isolati”: queste le sue parole  suggeriscono che anche l’urbanistica porre al centro la dimensione sociale dell’uomo; dimensione finora spesso preclusa al sesso femminile. 

Bernardina Sani ha, infine, ripercorso la storia delle “panchine rosse”, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne. Nate nel 2014 da un progetto degli Stati Generali delle Donne ebbero la loro prima installazione a Lomello, nel 2016. Panchine che definire semplice arredo urbano è molto riduttivo, gravandosi anch’esse del peso della lotta sociale che noi tutti dobbiamo affrontare per arrivare a un’uguaglianza di genere, purtroppo non ancora ottenuta. Più voci di donne presenti all’incontro hanno tesi ha sottolineare come si continuino a compiere violenze contro le donne e come, molti di questi crimini, si consumino all’interno di mura familiari. L’impegno di molte donne, ieri come oggi, sta portando le nuove generazioni a toccare molto da vicino queste delicate vicende e a misurarsi con queste.

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