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25 Novembre, la multiforme violenza di genere che riguarda tutti

Una questione politica, che non dovrebbe essere ricordata solo oggi, tra iniziative e cifre.

25 Novembre, la multiforme violenza di genere che riguarda tutti
Fonte: repubblica.it
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25 Novembre 2025 - 17.54


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Ogni 25 novembre vorremmo non fosse necessario fare il punto sulla violenza di genere. Eppure, ogni anno ci troviamo qui, in qualche modo a farlo. Non solo per chi non c’è più, o per chi deve essere felice di essere ancora viva (come dichiara la Ministra alle Pari Opportunità, Eugenia Roccella), ma per tutti, compresi gli uomini con il loro DNA ostile a comprendere l’uguaglianza di genere (secondo il Ministro alla Giustizia Carlo Nordio).

Il carattere multiforme della violenza di genere non è un problema solo delle donne, ma è un costo collettivo, e il conto lo paga l’intera società. Parlare di violenza di genere (non solo il 25 novembre, non solo nelle sue prossimità) è una necessità politica; attiene infatti a ciò che i greci chiamavano pòlis, cioè alla società, ritornando, quindi alla responsabilità collettiva, di tutti.

Da questo assunto nasce l’iniziativa Conto in rosso, della Fondazione Libellula. Un banale scontrino, diviene simbolo del debito sociale della violenza di genere. “Questa campagna vuole essere una presa di coscienza collettiva in cui raccontiamo i veri costi della violenza di genere. Perché la violenza non è un problema individuale: è un debito sociale che continuano a pagare tutti e tutte, ogni giorno” ha dichiarato Debora Moretti, fondatrice e presidente della Fondazione Libellula.

Ad essere riportate sono alcune cifre che riguardano la violenza di genere: in un anno le chiamate al 1522 sono state 65.048; 14.010 sono i casi di abusi psicologici, nessun segno visibile, ma dei metaforici tarli che minano la percezione del sè; le violenze sessuali denunciate sono 6.587, mentre gli atti persecutori sono 20.289; 16.947 sono stati gli accessi in Pronto soccorso con Codice Rosa; le molestie sul lavoro sono 1.900.000. Il numero dei femminicidio per il 2025 già di 111. Ogni voce, ogni cifra è possibile approfondirla sul sito della Fondazione, dove si posso consultare dati tratti da analisi ISTAT, dal Servizio Analisi Criminale – Polizia di Stato e della Fondazione Doppia Difesa.

E da oggi è anche in libreria, il primo libro della Fondazione Libellula Non è normale che sia normale (ed. Sperling & Kumpfer): non un saggio tecnico, ma un testo divulgativo rivolto a tutte e tutti, per prendere le misure della violenza di genere, in ambienti privati e pubblici. Frutto del lavoro decennale della fondazione, si propone di essere un valido supporto a chi vive la comunità, a quanti si occupino di educazione, o a chi lavori in aziende, al fine di limitare la violenza di genere, fino a ridurla a zero.

Il testo va oltre i numeri dell’emergenza, e guarda al problema come sistemico della società. Riguardo ciò ha dichiarato Debora Moretti “La violenza di genere non è un’emergenza, ma un fenomeno strutturale. E si può prevenire solo attraverso un cambiamento culturale profondo, che passa dalle scuole, dalle aziende, dalle comunità. […] Con Conto in Rosso e con il nostro primo libro vogliamo dare strumenti concreti per prevenire la violenza. Abbiamo coinvolto le oltre 150 aziende del Network Libellula perché solo diffondendo consapevolezza su larga scala e partendo dalla prevenzione possiamo iniziare a cambiare cultura”.

Proprio perché la violenza di genere è polytropos, cioè multiforme, un ultimo appunto su una cifra. Una ricerca di Women’s Aid riscontra che il 68,4% delle donne vittima di violenza domestica non lascia il proprio aggressore perché comporterebbe la perdita dell’alloggio sicuro. In tal modo viene perpetrata una vita di abusi, che ricade su di sé, ma anche sui figlie e sulla società intera. Tale dato intreccia quindi strettamente violenza economica e domestica, povertà abitativa a violenza di genere.

“Il fatto che quasi 7 donne su 10 non riescano a lasciare il proprio abusatore, quando si tratta del marito o del convivente, ci ricorda una verità scomoda: la violenza domestica è anche una questione abitativa. Troppe donne non riescono a sottrarsi a situazioni di abuso perché non hanno un luogo sicuro in cui ricominciare. Motivo per cui garantire il diritto a una casa significa garantire il diritto alla libertà”, dice Sofia Leda Salati, direttrice del Centro Antiviolenza Ersilia Bronzini.

Sin dal 1948 la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosce il diritto alla casa come elemento fondamentale della dignità umana. “Garantire una casa non è soltanto offrire un tetto, ma restituisce il diritto alla scelta, alla ripartenza e all’autonomia” spiega ancora Sofia Leda Salati.

Associazioni come Fondazione Asilo Mariuccia e il Centro Anti Violenza Ersilia Bronzini, nella giornata del 17 ottobre, dedicata a livello internazionale all’eliminazione della povertà, hanno ribadito l’importanza del diritto alla casa come condizione imprescindibile di libertà individuale, di sicurezza e di rinascita personale. Progetti di housing sociale come quello avviato dal comune di Corbetta, in provincia di Milano, sono quanto mai fondamentali, ma devono essere accompagnate, come la Fondazione Asilo Mariuccia ricorda, all’attenzione delle istituzioni anche per le nuove forme di violenza, come quelle legate al web. 

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