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Dalla e D'Annunzio muoiono lo stesso giorno: è un segno del destino?

Entrambi ci hanno parlato del futuro: il Vate immaginandolo sulle ceneri del passato mentre il cantautore lo interpretava con una sensibilità sempre rivolta all’uomo

Dalla e D'Annunzio muoiono lo stesso giorno: è un segno del destino?
Gabriele D'Annunzio e Lucio Dalla
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29 Febbraio 2024 - 21.27


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di Luisa Marini

Primo marzo. Due artisti, opposti per gusti e storia, sono accomunati da questa data. Lucio Dalla moriva per attacco cardiaco nel 2012, a 69 anni; Gabriele D’Annunzio si spegneva per emorragia celebrale a 75 anni, nel 1938. Curiosamente, entrambi nel mese di nascita e al lavoro, uno in tournée e l’altro al suo scrittoio.

Accostarli può sembrare irriverente, ma al di là del fatto che il loro carisma ha segnato le rispettive epoche, molto diverse per influenze, gusto e stile, oggi ascoltando Dalla e rileggendo D’Annunzio io resto sorpresa dai punti di contatto che hanno (non “avevano”, dato che, si sa, gli artisti sono immortali, vivono per sempre nelle loro opere).

Non belli, ma di fascino innegabile, di gusti opposti ma per qualche verso simili, quasi a sottolineare a noi, ormai da tempo condizionati dall’immagine replicata in molti, forse troppi media, che quello che conta non è l’aspetto esteriore ma il contenuto, l’immaginazione creativa, e l’essere fedeli a sé stessi e alla vita.

D’Annunzio, tra fine Ottocento e inizio Novecento, ricercava la bellezza estetizzante e la riversava nella sua stessa vita, oltre che nelle sue opere letterarie. Protagonista politico dei suoi anni, fu perfetto interprete del suo tempo e del superomismo nietzschiano, affascinato dalla velocità, Vate proiettato verso un nuovo futuro immaginato sulle ceneri del passato.

Similmente Dalla che, nato come jazzista che musicava e interpretava testi altrui, quando divenne finalmente cantautore, con Com’è profondo il mare, dimostrava raffinata attenzione alla realtà e alle sue contraddizioni. Ci parlava emblematicamente già al futuro negli anni Settanta con L’anno che verrà e Futura, canzoni affresco che cercavano di interpretarlo questo futuro, ma con una sensibilità sempre rivolta all’uomo.

Fra le tante città in cui hanno vissuto, Roma è stata la loro musa ideale. D’Annunzio vi frequentava la nobiltà del tempo, i suoi riti ed eccentricità. Con il romanzo “Il piacere” ci restituisce il suo personaggio a tutto tondo, testimone di una Roma ormai sparita, che crea nostalgia nel lettore, città oggi purtroppo troppo spesso impegnata “a correre e ad urlare”, per usare le parole che un altro cantautore ha dedicato a Milano.

Anche Dalla girava nei vicoli romani, dove “qualcuno … con la bocca fa a pezzi una canzone”, osservando invece la gente comune in un periodo storico di crisi economica e politica, rendendo quelle immagini rubate indelebili nella nostra memoria. Una scrittura cinematografica, la sua, attenta al dettaglio che diventa segno psicologico, capacità questa propria dei grandi artisti.

La loro intensa attività artistica può suggerirmi che i due soffrissero profondamente la solitudine e, nel combattere il proprio personale horror vacui, cercassero un rapporto sempre più stretto col pubblico attraverso l’arte anche per allontanare il momento della morte. Addirittura D’Annunzio ne aveva prefigurato l’arrivo con queste parole: “La sensazione della corda nel cervello – che è per spezzarsi, che può spezzarsi. Il senso della morte improvvisa.”

Una curiosità, infine. Dalla fa riferimento a D’Annunzio in una sua famosa canzone, Nuvolari, dedicata all’eroe della Mille Miglia. Tazio Nuvolari incarnava per l’epoca il superamento dei limiti, tanto che il pubblico lo attendeva per ore a bordo strada per vederlo passare velocissimo per pochi secondi, tutt’uno col simbolo per eccellenza del futuro, l’automobile, protagonista infatti, insieme alla bicicletta, di tanti quadri del Futurismo. Dalla, alla quarta strofa, scrive: “Nuvolari ha un talismano contro i mali”.

D’Annunzio aveva donato al suo amico pilota un piccolo portafortuna, una tartaruga d’oro, con la dedica: “All’uomo più veloce, l’animale più lento”. Da quel momento, l’animale campeggerà sulle sue vetture da corsa e sulla sua maglia gialla da gara, a scongiurare sempre lei, la morte.

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