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La Francia è sempre stata più brava di noi a scendere in piazza

A due giorni dall'anniversario del grande sciopero del “maggio francese”, una breve riflessione per capire perché i francesi son dotati di un immaginario rivoluzionario più marcato del nostro e riescono a essere più immediati nelle proteste.

La Francia è sempre stata più brava di noi a scendere in piazza
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Marcello Cecconi Modifica articolo

15 Maggio 2023 - 16.27


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Il 13 maggio 1968 ci fu il grande sciopero a Parigi che dette il via al “maggio francese”, il più movimentato e – per questo – più iconico del “Sessantotto” europeo. Anche noi abbiamo avuto il nostro, ma come sempre in tono minore.  Ma che differenza c’è fra l’Italia e la Francia?

Meloni dice che loro sono poco affidabili e scaricano colpe proprie sugli altri, che sono permalosi e hanno quel sorrisetto di chi guarda dall’alto in basso. Di sicuro una differenza c’è. I francesi non hanno timore di fare cose eclatanti e quando hanno un raffreddore si fanno sentire, non si girano dall’altro lato, ti guardano in faccia e starnutiscono.

Non importa chi c’è al comando, l’alto, vecchio e bruttino De Gaulle del 1968 o il basso, giovane e bellino Macron di adesso, ma quando li tocchi nelle cose che fanno male s’arrabbiano di brutto. Sanno mettersi un gilet giallo e scendere giù fuori porta di casa e in un’ora son così tanti da far impressione. Sarà per l’immaginario rivoluzionario che possiedono, e che noi non possiamo vantare, ma loro si possono permettere di portare una ghigliottina e un manichino di Macron ad una rotonda come se niente fosse … e chi vuole intendere intenda.

Son capaci di ritrovarsi in qualche milione a protestare per l’età pensionabile spostata in avanti di due anni, (sic!) cantando e ballettando a tempo di tecno: «Pas de retraités sur une planète brûlée. Retraites, climat: même combat». «Pensioni, clima, stessa lotta: nessun pensionato su un pianeta bruciato». Che strani i francesi, noi italiani siamo diversi. Abbiamo asciugato le lacrime della professoressa Fornero ringraziandola per il suo lodevole tentativo di salvare la pensione dei nostri figli. Che strani i francesi, noi italiani siamo diversi. In questi giorni continuiamo a guardare con gli smartphone in mano, pronti per un self, quelle strane ragazze e quei buffi ragazzi che si son messi a fare il campeggio davanti alle università. Che curiosi che sono, e tanto scomodo lì dormire … non ci sono nemmeno servizi vicini!

E anche quel 13 di maggio del 1968 fu diverso per loro. Charles De Gaulle era addirittura in viaggio. Non aveva previsto che sarebbe completamento scoppiato il finimondo: il grande “maggio francese”. Se ne stava andando in Romania a trovare Ceausescu, il Presidente della Repubblica Socialista di Romania che era ben felice di incontrare la personalità più rappresentativa dell’Europa occidentale per dimostrare indipendenza all’avida, gelosa e ormai insopportabile chioccia sovietica.

Da inizio anno in Francia c’era un fermento che attraversava le università parigine, con gli studenti che si lamentavano della riforma scolastica che premiava il “merito” e rendeva difficile l’accesso ai meno abbienti. Arrivava l’eco dagli Stati Uniti dove si manifestava per la guerra nel Vietnam e nel campus dell’università di Nanterre, alla periferia di Parigi, si leggeva Marcuse e sempre più frequenti erano gli scontri fra opposte fazioni politiche di studenti. Il rettore, il 2 maggio, chiuse l’università mentre veniva accerchiata dalla polizia.

Il giorno dopo un centinaio di studenti di Nanterre tennero un’assemblea all’interno della Sorbona per coinvolgere i colleghi nella protesta contro la chiusura della loro università. La riunione pacifica non raccolse più di trecento studenti, era tempo di esami, ma il governo che si era stancato di queste agitazioni fece occupare il Quartiere Latino dove si trova la più grande università francese, la circondò e penetrò all’interno. Da secoli non si vedeva la polizia all’interno dello storico ateneo.

Gli studenti in assemblea ottennero l’assicurazione di non essere puniti ma appena usciti, escluso le donne, furono caricati a forza su cellulari e trasportati alla centrale. Scattò una solidarietà immediata e accorsero centinaia di studenti che si scontrarono con la polizia che con lancio di lacrimogeni riuscì a liberare la piazza. La fermezza del governo francese contro gli studenti continuò anche nei giorni successivi per le ulteriori manifestazioni, alle quali si erano uniti anche molti degli insegnanti più progressisti, studenti liceali, operai e disoccupati.  Il 10 maggio i sindacati decisero di intervenire con uno sciopero generale per il 13.

Ottocentomila persone si riversarono quel giorno ai Campi Elisi e all’arco di Trionfo e da allora scioperi e manifestazioni continuarono per tutto il mese. In quei luoghi dove di solito si sentiva la Marsigliese nel maggio francese s’intonava l’Internazionale e oggi, in questo nuovo maggio francese, esattamente cinquantacinque anni dopo, s’intona e in più si balla la techno. Che strani i francesi, stesso film, stessi attori, cambia solo la colonna sonora. Che strani i francesi, noi italiani siamo diversi.

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