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La rivolta delle donne iraniane è la rivolta di tutti

Dopo mesi di rivolte e proteste contro il governo dell'Ayatollah Khamenei, la voce delle donne iraniane continua a riecheggiare sempre più forte, squotendo governi mondiali e vecchi sistemi di potere.

La rivolta delle donne iraniane è la rivolta di tutti
In foto, immagini delle proteste in Iran
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10 Gennaio 2023 - 22.59


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di Marialaura Baldino

Nella giornata di ieri, l’Ayatollah Khamenei, nel rispondere agli appelli internazionali, ha detto: “La repressione sarà anche più dura”. Ma l’Iran, quello della rivolta, quello delle donne, degli uomini che chiedono riforme strutturali, economiche e sociali soprattutto, non si ferma.

Dalla morte di Mahsa Amini, nessuno più ha trattenuto quel grido di protesta, così violento e viscerale che ha abbattuto confini e scosso governi. La potenza del grido “Donne, Vita, libertà” ha creato talmente tante crepe nel sistema di potere iraniano che nemmeno la repressione coatta e la violenza delle forze armate hanno arrestato le orde di manifestanti che, dallo scorso settembre, imperversano per le strade del paese.

Forse è per questo che al governo e all’Ayatollah non restava altro che ricorrere a processi farsa, incarcerazioni di massa e ingiustificate impiccagioni, iniziate lo scorso dicembre con la condanna a morte di un manifestante appena ventitreenne.

E mentre l’Italia festeggiava l’Epifania, la magistratura iraniana condannava a morte, per impiccagione, Mohammad Mehdi Karami e Seyed Mohammad Hosseini, arrestati il 3 novembre con l’accusa di aver ucciso, durante una manifestazione a Karaj, un miliziano Basiji del corpo paramilitare fondato, nel 1979, dall’allora Ayatollah Khomeini.

Alla vista delle strazianti immagini rese pubbliche su Twitter, che ritraggono la madre di Karami disperata per la perdita del figlio, anche l’Unione Europea ha lanciato un appello, invitando le autorità iraniane a porre immediatamente fine alle condanne a morte contro i manifestanti e convocando l’ambasciatore iraniano presso l’Ue, Hossein Dehghani. Eppure, Khamenei non indietreggia, nominando Ahmad-Reza Radan come nuovo capo della polizia, generale di brigata famoso per la violenta repressione attuata durante le proteste del 2009.

Nel frattempo, la rivolta dell’Iran è diventata la rivolta di tutti e la “cospirazione straniera” – così appellata da Khamenei – continua a crescere, con mobilitazioni generali, flash-mob, manifestazioni in piazza, insieme all’appello lanciato lo scorso 6 gennaio dall’attrice napoletana Marisa Laurito, che, ad oggi, ha raccolto più di 100 mila firme tramite la piattaforma change.org (al seguente link).

Anche le università hanno risposto a favore delle rivolte, tornando, anche se in parte, ad essere quei luoghi di dibattito e discernimento sociale e culturale che sempre sono stati. Come La Sapienza di Roma, dove studenti e studentesse hanno manifestato contro la carcerazione di Alessia Piperno, la travel blogger romana arrestata in Iran per aver, presumibilmente, partecipato ad una manifestazione.

La rivolta di quelle donne è la rivolta di tutti, perché oggi, tra i manifestanti, ci sono uomini, giovani, fino ad arrivare alla nazionale iraniana di calcio che, ai mondiali in Qatar, si è rifiutata di cantare l’inno in segno di protesta.

La rivolta è diventata anche delle donne afghane, alle quali, lo scorso mese è stato fatto divieto di accesso all’istruzione universitaria. Nonostante ciò, le proteste contro il regime imposto dai talebani non hanno tardato a solidarizzare con le sorelle confinanti.

La rivolta è figlia del coraggio di quelle donne d’oriente, che scalano o che giocano a scacchi senza velo, che chiedono parità di diritti, che anche dopo un pestaggio, si rifiutano di cantare l’inno al dittatore.

La voce di quelle donne e quegli uomini, anche agli albori di questo nuovo anno, continuano ad essere sempre più forti, rivoluzionando non solo il paese, ma il concetto stesso delle libertà universali, scuotendo le fondamenta di regimi di pensiero vecchi e nuovi.

Forse è vero che a volte la Storia si ripete, ma dopo 44 anni, l’Iran, ancora una volta, continua a dire basta a violenze di potere e abusi di governo.

E come recita la poesia La Conquista del Giardino, della scrittrice iraniana Forugh Farrokhzad, “la sua voce come lancia che attraversa la distesa dell’orizzonte, porterà con sé in città il nostro annuncio”; Donne. Vita. Libertà!

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