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Qatar 2022, una bella finale non sana il "Mondiale" delle polemiche

Una partita densa di bel gioco e di emozioni non cancella le nefandezze di questa edizione dei Mondiali. E' stata la più discussa e controversa mai disputata: da questioni che riguardano la sfera umanitaria a quelle sulle discriminazioni di genere e con l'apparizione, infine, anche della corruzione.

Qatar 2022, una bella finale non sana il "Mondiale" delle polemiche
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19 Dicembre 2022 - 14.16


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di Giuseppe Rizza

Ah, che emozione per il gran botto di una finale che ha fatto gioire e impazzire gli amanti del vecchio calcio in più continenti. La palla, quella amata dai tanti tifosi sparsi nel pianeta, è una volta tanto girata per il verso giusto. Ma può bastare n finale da brivido a cancellare le nefandezze che hanno macchiato questo mondiale e tutti coloro che ne ha fatto un segno evidente del sopruso, della malversazione e dello sfruttamento? No, una bella finale non modifica il giudizio di fondo che si deve dare su chi e su come è stata organizzata questa importante manifestazione.

La Coppa del Mondo ha fatto parlare molto di sé, sollevando polemiche a non finire tanto da far   passare l’aspetto più squisitamente calcistico in secondo piano. Già prima ancora della partita inaugurale erano emerse varie questioni, quali lo sfruttamento dei lavoratori migranti, la negazione dei diritti umani all’interno del Paese, il regime sistemico e maschilista vigente che preclude l’autonomia della donna, le forti discriminazioni nei confronti delle persone LGBTQIA+.

E l’inizio della rassegna iridata non è stato di certo in grado di placare gli animi. Apparsa piuttosto discutibile la scelta della Fifa di autorizzare fin da subito i capitani ad indossare la fascia con il messaggio No Discrimination, inizialmente prevista per i quarti di finale, vietando quella arcobaleno, dopo che ben otto nazionali europee (Inghilterra, Galles, Danimarca, Belgio, Germania, Svizzera, Francia e Olanda) avevano deciso di adottarla come simbolo della protesta contro la repressione che il governo del Qatar esercita nei confronti di chi appartiene alla comunità LGBTQIA+.

A seguire, i calciatori iraniani hanno scelto la via del dissenso nei confronti della repressione del regime di Teheran, evitando di cantare l’inno nazionale prima della partita d’esordio contro l’Inghilterra. Un’iniziativa che ha commosso il pianeta intero. Non da meno il gesto dei giocatori della Germania, che in mondovisione hanno tappato le bocche con le mani per mostrare tutta la loro contrarietà al «no» della Fifa alle fasce da capitano One Love; anche la Federcalcio tedesca ha confermato la posizione in maniera ufficiale: «Negarci la fascia equivale a negarci la voce».

Come se non bastasse, proprio intorno al Campionato mondiale di calcio qatariota è venuto fuori un gigantesco scandalo che ha coinvolto l’Europarlamento, dando inizio al più grande terremoto nella storia delle istituzioni europee. Venerdì 9 dicembre, dopo mesi d’intenso lavoro e intercettazioni, la polizia belga ha scoperchiato una rete di corruzione finanziata dal Qatar con ingenti somme di denaro e regali per mettere a tacere le critiche sull’assegnazione della rassegna iridata.

Tornando alla competizione sportiva, anche lì è accaduto qualcosa di straordinario e impronosticabile: il cammino del Marocco. La prima storica qualificazione alle semifinali di una squadra africana ha un risvolto sociale tutt’altro che banale: la rivincita di un intero continente. L’epopea calcistica marocchina è la festa dei popoli in cerca di riscatto: ai festeggiamenti di Doha hanno preso parte migliaia di persone, molte portando con sé la propria bandiera. Il calcio ha rappresentato il trait d’union di tante realtà nazionali troppo spesso imperversate dalla guerra, costituendo un momento di fratellanza.

A condire il tutto l’atteggiamento della Rai, che per ovvi motivi economici ha promosso e pubblicizzato le partite della Coppa del Mondo 2022 quali eventi centrali del proprio palinsesto televisivo, quasi in maniera asettica rispetto a tutto ciò che è accaduto attorno. D’altronde la spesa di ben centosettantaquattro milioni di euro per accaparrarsi i diritti televisivi è piuttosto notevole, senza considerare che se aggiungiamo i costi di produzione la cifra totale lievita intorno ai duecento milioni.

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