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Ucraina: la semantica di un conflitto

Genocidio, Nazismo, Denazificazione, Resistenza. Sono davvero questi i termini corretti per descrivere e definire quello che sta accendendo in Ucraina? Ce lo spiega lo storico Marcello Flores.

Ucraina: la semantica di un conflitto
(foto Reuters)
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29 Marzo 2022 - 21.39


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di Marialaura Baldino

L’invasione dell’Ucraina va avanti da ormai più di un mese. E i negoziati di pace sembrano essere ancora in una situazione di stallo. Nei giorni passati abbiamo assistito, anche increduli, ad accadimenti e immagini che nessuno di noi avrebbe mai pensato di vedere. In molti hanno cercato di interpretare la realtà, tendando di dare spiegazioni, o almeno un senso logico.

Ciò che però suscita curiosità è la particolarità della narrazione di questo continuo reportage di guerra. Particolarità che è subito saltata all’occhio di molti studiosi e storici: la rievocazione di terminologie, nomi, e titoli che appartengono al passato, alla storia dell’Europa.

Più volte, su più canali informatici, e durante molte conferenze ci si è trovati di fronte alla ripetizione di termini come Genocidio, Nazismo, Resistenza, o anche Denazificazione, utilizzati per dare quel senso mancante all’invasione dell’Ucraina, all’attacco alla popolazione, alla distruzione dell’ospedale pediatrico di Mariupol. Ma anche alle mosse e contromosse che una guerra come questa comporta.

La domanda però sorge spontanea. Sono davvero questi i termini adatti per descrivere la situazione e aiutare cosi le persone a capirla? E’ giusto utilizzare analogie e parallelismi storici per dare senso alla realtà? Per avere una corretta risposta alle domande, ci siamo rivolti a Marcello Flores D’Arcais, noto studioso ed esperto di genocidi. Esordisce la nostra conversazione dicendo: “Appare semplice fare paragoni storici che aiutino ad incasellare la realtà in un sistema di significati volti a dare senso a quello che stiamo vivendo. Le analogie ci possono stare. Ma ciò che le analogie creano è una semplificazione”. Continua spiegando che ciò non aiuta quindi a comprendere né la natura specifica delle situazioni, né la complessità degli accadimenti. “E’ parlare delle complessità che risulta difficile”.  Spiega anche che queste semplificazioni sono utilizzate da chi vuole trovare una spiegazione a tutto ciò, ma anche da chi vuole  minimizzare o perfino giustificare – in qualche modo – colpe e responsabilità di chi la guerra la sta ancora portando avanti.

Una delle semplificazioni più comuni che stanno circolando in questi giorni è questa: Putin=Hitler=Male Assoluto. Ma la realtà è certamente ben più complessa, solo se siamo disposti a capire il vero perchè delle azioni commesse. Flores chiarisce che quello compiuto da Putin è sicuramente un atto di aggressione nei confronti di uno Stato sovrano, e che l’esercito russo sta compiendo atti criminali, nel senso tecnico e giuridico del termine, commettendo quindi crimini di guerra, crimini contro l’umanità. “Questo non è complesso. Questo è assolutamente lineare”.

Secondo lo storico ci sarebbero degli elementi utili per presupporre delle analogie. Ha fatto notare che nelle scorse settimane, analogie storiche sono state utilizzate più volte dagli stessi attori di questo conflitto. Sia Putin che Zelensky infatti ne hanno fatto uso. Il primo per giustificare l’invasione stessa dell’Ucraina, affermando di dover compiere tale gesto per poter “Denazificare” il luogo; il secondo durante I suoi discorsi tenuti in vari parlamenti.

L’8 marzo scorso, infatti, il presidente ucraino si è rivolto al Parlamento Britannico, citando Churchill e il suo discorso “We shall fight on the beaches” – “Noi combatteremo sulle spiagge”. Di seguito, il 15 marzo in Canada e il 16 al Congresso degli Stati Uniti, dove oltre a rievocare le parole di Martin L. King e parafrasandole in – I have a NEED –, ha poi paragonato la situazione in Ucraina non solo al “9/11″ ma anche all’invasione di Pearl Harbor. Marcello Flores però ha ricordato anche un altro importante discorso tenuto da Zelensky: quello alla Knesset in Israele. Egli, rievocando le sue origini ebraiche, ha affermato: “L’invasione della Russia è diretta a distruggere il popolo dell’Ucraina ed è per questo che assomiglia a quello che i nazisti fecero al popolo ebraico”.

Lo storico Marcello Flores

Ed è proprio qui che abbiamo posto una seconda domanda. Quello che accade al popolo Ucraino è davvero definibile come un genocidio? Flores precisa che il primo ad utilizzare il termine Genocidio è stato Putin, per giustificare la sua azione di invasione del Donbass, volta a salvare la popolazione russa presente sul territorio che stava soffrendo un genocidio in corso da anni. “Una cosa che testimonia non solo che Putin non sappia cosa sia un genocidio, ma che stia però utilizzando il richiamo a tale atrocità come casus belli”. Zelensky ha invece utilizzato il termine per rigettare l’accusa all’avversario, e per utilizzarlo come molti continuano a fare  – nei giornali, nelle televisioni – inteso come grande violenza, grande massacro nei confronti di qualcuno. Si rende però qui necessario un chiarimento. Lo storico sostiene che la parola Genocidio presenta due aspetti particolari basati su un unico principio: l’intenzionalità. Per poter quindi evocare questo termine ci deve essere l’intenzionalità di distruggere un determinato gruppo etnico o una data popolazione, con l’intenzione di distruggerla in quanto tale, perché formato cosi. Non si può quindi parlare, a livello tecnico-giuridico, di genocidio. Da entrambe le parti. Quando quindi è stato chiesto a Marcello Flores quale termine sarebbe più corretto utilizzare, ha risposto: “Sulla base di quello che la Russia sta compiendo nei confronti dell’Ucraina, e sulla base di quello che è lo statuto del Tribunale Penale Internazionale, si tratta sicuramente di crimini di guerra e molto probabilmente di crimini contro l’umanità”.

L’ultimo paragone per il quale abbiamo chiesto spiegazioni è quello della Resistenza Italiana e Europea, compiutasi durante la Seconda Guerra Mondiale, con l’atto di resistenza e di difesa messa in atto dall’esercito e dal popolo ucraino. Ma anche qui Flores ha fatto chiarezza. “Sicuramente quella che stanno facendo gli ucraini, il popolo insieme all’esercito, è una resistenza contro un’aggressione, contro i bombardamenti, contro i massacri indiscriminati. È certo anche che è una resistenza diversa da quella che abbiamo avuto in Italia o in altri paesi europei sotto il dominio nazista-fascista”. Si differenzia perché quella avvenuta in Italia ha coinvolto un numero limitato della popolazione, non affiancata da un esercito. L’atto di resistenza in Ucraina invece è iniziato come una difesa militare del paese per poi coinvolgere anche la maggior parte del popolo, che ha dovuto trovare le proprie forme di difesa nei confronti di un aggressore.

Benché questi paragoni facciano parte ormai della narrazione di guerra, occorre porre maggiori attenzioni alle parole che si utilizzano. Forse la rievocazione di termini storici serve per sopperire alla mancanza di parole che ancora non sono state inventate per descrivere quello che succede. O forse è semplicemente più facile cosi. Ad ogni modo, la realtà è ben altra, ma dobbiamo essere disposti a sacrificare molti preconcetti per vederla.

Prima di lasciarvi alle vostre interpretazioni, riportiamo un consiglio di lettura del nostro ospite. La lettera che Victor Hugo scrisse ai soldati russi nel 1863, durante l’invasione della Polonia.

Soldati russi, tornate ad essere uomini. Questa gloria vi è offerta in questo momento, afferratela. Mentre siamo ancora in tempo, ascoltate: se continuerete questa guerra selvaggia; se voi, ufficiali, che siete nobili di cuore, ma che un capriccio può degradare e gettare in Siberia; se voi, soldati, servi ieri, schiavi oggi, strappati violentemente alle vostre madri, alle vostre spose, alle vostre famiglie, sudditi dello staffile, maltrattati, malnutriti, condannati per lunghi anni e per un tempo indefinito al servizio militare, più duro in Russia della colonia penale; se, voi che siete vittime, vi schierate contro le vittime; se, nell’ora santa in cui si erge la Polonia venerabile, nell’ora suprema o nella scelta vi è data tra Pietroburgo, dove c’è il tiranno, e Varsavia, dove c’è la libertà; se, in questo conflitto decisivo, ignorate il vostro dovere, il vostro dovere unico, la fraternità; se fate causa comune contro i polacchi con lo Zar, il loro boia e il vostro; se, oppressi, non avete tratto dall’oppressione altra lezione che quella di sostenere l’oppressore; se dalla vostra sventura fate la vostra vergogna; se, voi che avete la spada in mano la mettete al servizio del dispotismo, mostro pesante e debole che vi schiaccia tutti, russi e polacchi, la vostra forza cieca e inganna; se invece di girarvi e di affrontare il macellaio delle nazioni, oppresse vigliaccamente, sotto la superiorità delle armi e del numero, queste eroiche popolazioni disperate, che reclamano il primo dei diritti, il diritto alla patria; se in pieno XIX secolo consumerete l’assassinio della Polonia, se farete questo, sappiatelo, uomini dell’esercito russo, cadrete, ciò che sembra impossibile, anche sotto le bande americane del sud e solleverete l’esecrazione del mondo civilizzato! I crimini della forza sono e restano crimini; l’orrore pubblico è una penalità. Soldati russi, ispiratevi ai polacchi, non combatteteli. Quello che avete davanti a voi  in Polonia non è il nemico, è l’esempio. Victor Hugo. Haute Ville-House, 11 février 1863″.

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