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King Crimson, la geniale creatura di Robert Fripp

L'appuntamento musicale del mercoledì

King Crimson, la geniale creatura di Robert Fripp
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Lucia Mora Modifica articolo

16 Febbraio 2022 - 12.31


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Lo scorso 12 febbraio è morto a 75 anni Ian McDonald, musicista britannico tra i fondatori dei King Crimson. Oltre che sassofonista e tastierista, è stato anche coautore di tutti i brani del primo disco della band, In the Court of the Crimson King (1969). La sua permanenza nel gruppo dura poco perché litiga fin da subito con Robert Fripp (strano), chitarrista e anima del gruppo. Dico “strano” perché Fripp è notoriamente una delle primedonne più ostiche dello showbiz. È uno di quegli artisti in cui la genialità è direttamente proporzionale alla superbia. Per noi fan che ascoltiamo e basta non è un grosso problema, ma per chi deve lavorarci insieme… Auguri.

Ad ogni modo, nonostante le stravaganze di Fripp – o forse proprio grazie a quelle – i King Crimson hanno scritto un capitolo straordinario e fondamentale della storia della musica. Quindi rendere loro omaggio è un dovere civico e morale. Per carità, non hanno fatto solo capolavori, anzi. Infatti partiremo proprio dal basso, per risalire poi fino a toccare le loro vette più inaudite.

The ConstruKction of Light (2000)

Devo ancora trovare un crimsoniano o una crimsoniana a cui questo disco sia piaciuto. O, più in generale, che sia entusiasta di uno degli ultimi lavori dei Crimson, da Discipline (magnifico, superbo, grandioso) del 1981 in poi. The ConstruKction of Light è tremendo, perché tremendo è vedere senza vena creativa la band creativa per eccellenza. Sarà che quel geniaccio di Fripp ha abituato troppo bene chi ne segue le gesta, ma questo disco proprio non va. Di una inconcludenza che mette quasi tristezza.

Red (1974)

Achtung, Achtung: per il settimo album in studio dei Crimson, il geniaccio decide di farsi (almeno un po’) da parte. Non capita quasi mai e gli altri membri della band – ormai ridotta a un trio – giustamente ne approfittano. John Wetton (basso e voce) e Bill Bruford (batteria e percussioni) si appropriano così della produzione di Red, chiamando per l’occasione alcuni session-men in grado di impreziosire l’opera. Tra questi, non poteva mancare Ian McDonald, la cui prestazione al sax ha contribuito a rendere immortale Starless, uno dei più grandi pezzi del prog. Kurt Cobain ebbe a definire Red «il disco più importante della storia del rock»: affermazione forse un po’ esagerata, ma tutti i torti non li aveva.

Lizard (1970)

Lo so che ci saranno certi progressive addicted con le pietre in mano perché non ho messo all’apice IL capolavoro dei Crimson. Lo so e li aspetto. Però, sentite, che vi devo dire? In the Court of the Crimson King è già largamente (e giustamente) celebrato a dovere. Preferisco soffermarmi su un altro lavoro che, secondo me, non ha nulla da invidiare alla “Corte del Re”, cioè Lizard.Ma che cos’è la title track di questo disco? Ma quanta roba è? È uno di quei pezzi che, in poco più di venti minuti, ti strattonano, ti confondono, ti riempiono e ti svuotano contemporaneamente, finché non stramazzi al suolo senza capire né da dove hai iniziato né dove hai finito. C’è tutta la follia di Fripp in una suite che sa trasportarti prima nel Medioevo, poi nelle corti settecentesche, poi nella New Orleans degli anni ‘60, poi nei cluster di note di Stockhausen – e tutto questo solo attraverso la musica. Da pazzi.

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