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Con la crisi della pandemia e le difficoltà della democrazia serve un giornalismo responsabile

Il costituzionalista Michele Ainis parla di una nuova era di “solitudine di massa”che riguarda la pervasività dei media, sempre più legati e condizionati da forti interessi economici e politici

Con la crisi della pandemia e le difficoltà della democrazia serve un giornalismo responsabile
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27 Marzo 2021 - 17.59


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Mi scuso caro direttore per il prolungato silenzio. Causato soprattutto dalla tempesta epidemica che ci affligge ormai da oltre un anno. Silenzio forse colpevole perché chi fa il nostro mestiere non dovrebbe mai astenersi dalla possibilità di contribuire al dibattito che inevitabilmente aumenta in occasioni così tragiche. Specie se causato da una imprevista e imprevedibile tempesta epidemica che ha dolorosamente colpito tutta l’umanità e che fatica a trovare prospettive rassicuranti. 
Nonostante il vaccino , unica speranza a cui siamo tutti legati , e che certo esprime già quel punto luminoso che riteniamo di intravedere al fondo del tunnel. 

 Non mancano tuttavia, come forse inevitabile, paure e drammatizzazioni che si amplificano sui media. Non solo quelli più consolidati ma anche quelli più invasivi e non di rado offensivi, incolti rappresentati assai spesso dai social sempre più presenti sulla scena ,attraverso la ripercussione che finiscono per avere sugli stessi media principali con telefonate e generosa utilizzazione nelle stesse trasmissioni principali, specie negli infiniti talk show, praticamente ininterrotti, su tutte le reti a tutte le ore. In una condizione di per sé grave e difficile, specie pensando a tutte le persone anziane ma anche giovani e non meno preoccupate, il messaggio della tv finisce per risultare fuorviante e accrescere comunque ansia, timori e insicurezza. 

A me sembra che in particolare, l’eccesso di presenza dei cosiddetti social, ma anche di partecipanti e di punti di vista espressi da cantanti, attori, calciatori e quant’altro, accrescono confusione e smarrimento negli ascoltatori. Specie quando giornalisti e conduttori si sentono sollecitati ad assecondare punti di vista e posizioni le più strampalate addirittura sull’argomento vaccini o sulla sospensione di Astrazenca , tirando in ballo magari nobili concetti sulla libertà personale e sul diritto al dissenso. Non di rado magari conditi con servizi e interviste in esterno o a persone in fila per fare tamponi o attendere  vaccinazioni, e che sono presentati come contributi significativi al dibattito in corso nello studio centrale dove gli stessi numerosi esperti si alternano talvolta con posizioni e punti di vista che accrescono confusione , perplessità e dubbi. Il problema è enorme e di portata generale ma con la bufera Covid mi pare divenuto ancora più grave ed evidente. 

Lo ricorda con efficacia il costituzionalista Michele Ainis che parla con efficacia di una nuova era che definisce “solitudine di massa”che riguarda la pervasività dei media, sempre più legati e condizionati da forti interessi economici e politici come mostrano anche ormai lo stesso scontro e le reciproche accuse tra le grandi potenze fino al tentativo di influenzare le campagne elettorali. 

Stagione del resto costretta a misurarsi con lo squallido fenomeno delle fake news che si propagano ormai come api impazzite nei cieli della rete. 

Sono delle malevole falsità imbastite che inquinano l’atmosfera e la vita delle persone , con l’evidente scopo di denigrare le persone e gettare fango sugli avversari o anche per giustificare le proprie condotte e particolari interessi. Il problema è ormai enorme e certo anche parlamenti e governi dovrebbero affrontare il problema. Resta in ogni caso prioritario, anche se non facile, il compito e la responsabilità di noi giornalisti che nella crisi grande imposta dalla pandemia e più in generale dalle difficoltà della democrazia e della politica abbiamo una funzione sempre più fondamentale e difficile.

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