Non c'è un Draghi per i social | Culture
Top

Non c'è un Draghi per i social

Si esce da un sistema di comunicazione dell'ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, gestito da Rocco Casalino all’insegna della disintermediazione giornalistica.

Non c'è un Draghi per i social
Preroll

Daniele Magrini Modifica articolo

12 Febbraio 2021 - 17.50


ATF

Mario Draghi non ha profili social. Non è una cosa da poco. Si esce da un sistema di comunicazione dell’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, gestito da Rocco Casalino all’insegna della disintermediazione giornalistica. E questo può far già intravedere quali siano le differenze possibili. Giova riandare indietro di quasi un anno, quando la strategia comunicativa dell’ex Presidente del Consiglio su un’epidemia che stava già falcidiando vite umane, era incentrata sulla scelta di Facebook come strumento di comunicazione istituzionale, nel più puro stile populista. Senza conferenza stampa, preferendo la disintermediazione delle dirette via Facebook, il tandem Conte/Casalino aveva tolto ogni autorevolezza alla comunicazione istituzionale.

Come quando, il 21 marzo, mentre l’Italia è rinchiusa in casa, impaurita e senza alcuna certezza per il futuro, Conte piomba nei salotti di tutti gli italiani intorno a mezzanotte. Lo fa non attraverso la Rai, tv di Stato che poi avrebbe passato il segnale a tutte le emittenti nazionale per arrivare a un messaggio a reti unificate, ma attraverso il proprio profilo Facebook, su una piattaforma quindi privata, dalla quale le emittenti – anche quelle pubbliche – sono state costrette ad attingere il segnale digitale per mandarlo in onda. Questo uso compulsivo di una piattaforma social, oltretutto di proprietà privata e straniera, non si addiceva al Premier di un Paese per la comunicazione istituzionale di atti di Governo. In un momento di così grave emergenza, le incursioni notturne su Facebook contribuirono solo ad aumentare l’ansia tra le persone. Commentò Serena Sileoni sul Sole 24 ore all’indomani del live notturno del Premier su Facebook: “Il governo non ci chieda l’amicizia. La diretta di Conte su Facebook non è sembrata opportuna perché mancava di quel carattere istituzionale e ufficiale necessario soprattutto in momenti di crisi”. Poi tornarono le conferenze stampa, con esiti alterni. Ma questo per via dei giornalisti.
E adesso, con il sobrio Mario Draghi “asocial” come andrà? Se ne starà davvero ben lontano da Facebook e Twitter? Sarebbe una svolta double face. E’ chiaro che i social abbiamo aumentato all’ennesima potenza la cosiddetta “Bubble democracy”, così definita da Damiano Palano nel suo saggio in cui, opportunamente, sottolinea la polarizzazione del conflitto (non più dialogo) politico. Sui social le opinioni diverse degenerano per lo più in rissa, come nei talk show televisivi, peraltro. Ognuno nelle sue camere dell’eco, intorno al proprio leader narciso, osannandolo sempre e comunque, schierati contro gli altri leader narcisi. Tutti molto simili nel guardarsi allo specchio trovando perennemente motivo di autolodarsi.

Sull’esempio di Mario Draghi, dunque, si avvierà la ritirata della politica dai social? Beh, sarebbe una rinfrescata non da poco. Tanta leggerezza in più, meno pericoli di trovare un trumpista, un razzista, un fascista, un omofobo, dietro l’angolo di un profilo. Ma il problema è che i trumpisti, i razzisti, i fascisti, gli omofobi, rimarrebbero comunque attivi nella vita reale. Il fatto è che mentre la politica ha occupato i social – riempiendole di inguardabili dirette live soprattutto dei due Mattei – ha contemporaneamente abbandonato ogni altro luogo di dibattito reale. Dove è il confronto, per esempio di quello che è uno degli eredi dei partiti di popolo, il Pd? Neppure per le colossali svolte di Governo degli ultimi mesi – l’Esecutivo con il Movimento Cinque Stelle e il supporto incondizionato prima a Conte e poi a Draghi, come non ci fosse un contraddizione – si sono convocate riunioni degli iscritti, assemblee, neppure le Direzioni regionali.

L’unico brivido di democrazia nella politica l’hanno portato ancora i 5 Stelle, con quell’accrocco insostenibile che è la piattaforma Rousseau. Sul sì a Draghi perlomeno una consultazione l’hanno fatto e anche con esiti laceranti al loro interno. E’ stata una votazione farlocca? Sì, soprattutto se si rilegge il quesito: Sei d’accordo che il MoVimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un super-Ministero della Transizione Ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?”. Come dire, “sei d’accordo che di mamma ce n’è una sola?”. Bene, se quella dei pentastellati è la democrazia diretta, c’è poco da stare allegri. E allora per la democrazia rappresentativa, quella in cui il potere viene esercitato dal popolo, tramite rappresentanti liberamente eletti, che si fa? Dopo aver gioito perché Mario Draghi non è sui social, che si fa? E il mondo dell’informazione come opererà di conseguenza? Recupererà spazi e autonomia smettendo di costruire le pagine politiche sui tweet dei politici? Lo scopriremo solo vivendo. Per intanto, si può solo sperare che arrivi un po’ di senso della misura nella sfolgorante narrazione mediatica delle gesta di Mario Draghi. Perché altrimenti si arriverà al capitolo dei miracoli prima ancora di apprendere che cosa intenda fare con il blocco dei licenziamenti che scade il 31 marzo. 

Native

Articoli correlati