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La psicologa Goretti: "La pandemia amplifica le difficoltà degli adolescenti"

L'opinione dell'esperta su "sintomi di regressione" ed effetti da lockdown: "Ai ragazzi manca il gruppo, la scuola diventa il fulcro. Le tecnologie digitali? Ora i pro più dei contro, poi bisognerà vedere"

La psicologa Goretti: "La pandemia amplifica le difficoltà degli adolescenti"
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31 Gennaio 2021 - 09.19


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di Vittoria Maggini

I bambini e gli adolescenti pagano caramente gli effetti della pandemia, manifestando sempre più frequentemente problemi comportamentali, sintomi di regressione, irritabilità o disturbi del sonno e d’ansia. Sono solo alcuni degli effetti riscontrati causati direttamente dalla pandemia. Soprattutto negli adolescenti è stata riscontrata un’”aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell’umore”, secondo quanto emerge da un’indagine dell’ospedale pediatrico “Giannina Gaslini” con l’università di Genova. Direttamente collegati a questo modo di vivere si manifestano anche disturbi alimentari, divenuti più pressanti rispetto al recente passato.   L’Associazione Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, Gap e Cyberbullismo) ha evidenziato soprattutto di sensazione di solitudine che i giovani percepiscono e alcuni casi di questi ultimi giorni lo sottolineano drammaticamente.
Quanto di tutto ciò corrisponde a verità? E’ un fenomeno che è ingigantito dai media? E quanto sono davvero diffusi questi comportamenti? Per un quadro più chiaro ne parla a Benedetta Goretti, psicologa e psicoterapeuta, che studia e si occupa in prima persona di alcuni di questi fenomeni. 

Quante persone visita in questo periodo? E qual è la fascia di età prevalente?
Diciamo che ora seguo circa 45-50 persone a settimana. Ad oggi la metà sono fascia di età 13-16 anni, di cui la maggior parte hanno disturbi alimentari.
Secondo lei, quale può essere la motivazione principale per cui si stanno manifestando disturbi psicologici ed eventuali patologie mentali in un’età così precoce?
Nell’età adolescenziale, il gruppo è famiglia, aiuta in quel processo dove uno deve “spiccare il volo”, crescere e incominciare a staccarsi in maniera sana dalla famiglia. Ecco quindi che, se in questo momento di vita così importante, per ragioni che derivano dal coronavirus il gruppo non si può più frequentare, rimanendo invece più a contatto con la famiglia, si creano delle difficoltà. Per esempio, in questi mesi si è verificata un’esplosione di disturbi alimentari, che si manifestano proprio ad inizio adolescenza. Sarebbero usciti fuori comunque, a prescindere dal coronavirus, però magari attraverso il gruppo la maggior parte dei ragazzi poteva riuscire a trovare un giusto equilibrio. In questo momento, il gruppo è mozzato e si è costretti a rimanere in una dinamica familiare in cui i disturbi fioriscono.
E dunque qual è ruolo dei genitori in questo aumento di sofferenza psicologica?
Durante il processo di maturità i rapporti con i genitori sono complessi, ci sono casi in cui i ragazzi riescono a trovare un equilibrio con i familiari, nonostante lo stretto contatto di questi mesi. Bisogna però considerare che, tipicamente, il rapporto genitori-figli è turbolento. Con il lockdown, queste difficoltà sono amplificate. Pensiamo ad una famiglia iperprotettiva: quando questo periodo finirà, il figlio potrebbe fare più difficoltà ad uscire e manifestare delle ansie sociali. 
E tutti quei ragazzi che stanno assorbendo lo stress dovuto ai disagi economici familiari?
Dalle medie inizia un percorso in cui ogni ragazzo pensa a sé stesso, non sta a pensare ai problemi economici della famiglia. Certo adesso, dovendo fare più attenzione si è costretti in qualche modo a crescere prima del tempo, si empatizzano dei problemi che non sono tipici dell’età, questo ha impatto più o meno negativo nei ragazzi così giovani.
Lei si occupa più di ragazzi che hanno manifestano delle patologie, come i disturbi alimentari, ma se alla base c’è una persona che non ha problemi patologici?
A quel punto non verrà da me, perché non ci sarà bisogno di una psicoterapia, ma di sicuro in questo periodo i giovani sono annoiati, non hanno stimoli, sono demotivati e questo porta a chiedersi se, per esempio, fra 10 anni, risentiranno – seppur non in maniera patologica – di quest’ultimo anno. 
Tecnologie digitali: lei è pro e contro?
In questo periodo sono più i pro che i contro diciamo, perché alla fine sono gli unici mezzi attraverso cui i ragazzi rimangono in contatto tra loro e con il mondo. Passato questo periodo però, bisognerà vedere la fatica che questi ragazzi faranno nel ritornare ad avere una relazione non tecnologica. 
Stando a delle ricerche e a verifiche sul campo, i ragazzi dichiarano di essere molto stressati dalla scuola: cosa ne pensa?
Allora, bisogna pensare che questi giovani hanno perso la maggior parte delle attività che facevano prima: la scuola diventa il fulcro delle loro vite. Alla fine, gli unici momenti di socializzazione sono limitati all’ambiente scolastico, ma la scuola è un luogo dove si socializza soprattutto in termini di performance (compiti, interrogazioni, spiegazioni etc.): i ragazzi vanno a scuola, stanno quel tot di ore e tornano subito a casa. Vengono persi tutti quei momenti di chiacchiere e scambi tra di loro. 
Secondo lei, per i ragazzi della fascia di età 11-14 anni, che non presentano patologie o disturbi specifici, in che modo si potrebbe risolvere il gap relazionale che si è creato quest’anno?
Assolutamente cercando in tutti i modi di promuovere attività di socializzazione o comunque di interesse per occupargli il tempo e la mente.

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