La magia del cinema: un'illusione creata dal nostro cervello | Culture
Top

La magia del cinema: un'illusione creata dal nostro cervello

Uno studio condotto a Lisbona ha scoperto qual è l'aria del nostro cervello che rende magica la visione dei film.

La magia del cinema: un'illusione creata dal nostro cervello
Preroll

redazione Modifica articolo

13 Febbraio 2024 - 14.21


ATF

Dietro la magia del cinema si cela un piccolo inganno del nostro cervello. Una minuscola area, chiamata collicolo superiore, trasforma i singoli fotogrammi di un film in un’illusione di movimento fluido, senza interruzioni. La stessa area, fondamentale per la visione di un film, è cruciale anche per la nostra percezione dinamica del mondo che ci circonda.

Un nuovo studio del centro di ricerca Champalimaud di Lisbona, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha finalmente individuato questa struttura chiave nel collicolo superiore. La scoperta apre nuove strade per la comprensione e il trattamento di diverse disabilità visive, malattie del nervo ottico, ictus e autismo.

La velocità con cui il nostro cervello percepisce una serie di lampi di luce come una luce fissa è chiamata “soglia di fusione dello sfarfallio”. Questa soglia varia tra le diverse specie: gli uccelli, ad esempio, hanno una soglia molto più alta rispetto agli esseri umani, permettendo loro di cogliere movimenti rapidissimi. Per svelare i meccanismi alla base della soglia di fusione dello sfarfallio, i ricercatori, guidati da Noam Shemesh, hanno combinato diverse tecniche: scansioni cerebrali con risonanza magnetica funzionale, esperimenti comportamentali e registrazioni elettriche dell’attività cerebrale.

L’obiettivo era monitorare il cervello mentre passava dalla percezione di lampi singoli a quella di una luce fissa, individuando le aree coinvolte. I dati raccolti da esperimenti condotti su topi hanno puntato tutti alla stessa area: il collicolo superiore. “A basse frequenze di luce, ogni lampo è elaborato da questa struttura come un evento nuovo e importante”, spiega Rita Gil, co-autrice dello studio insieme a Mafalda Valente. “Tuttavia, quando la frequenza supera una certa soglia, il collicolo superiore decide che lo stimolo non è più nuovo o degno di nota e riduce la sua attività, facendolo percepire come continuo”. La ricerca futura si concentrerà sull’esplorazione di questa area in relazione a disabilità visive, malattie neurodegenerative e disturbi dello sviluppo come l’autismo.

Native

Articoli correlati