Si chiamano etichette sleeve e, sebbene in pochi sappiano cosa sono, tutti ne hanno a che fare. Si tratta di quelle targhette in plastica che sovente avvolgono il packaging, sia nei flaconi sia nelle bottiglie dei vari prodotti. Negli ultimi anni, il loro uso è aumentato a dismisura a scapito, ad esempio, di quelle adesive: le etichette sleeve permettono di ricoprire l’intera superfice della confezione, aumentando di conseguenza lo spazio destinato alla comunicazione e garantendo un notevole impatto visivo. Come sempre, però, non è tutto oro ciò che riluce. Hanno infatti un difetto del quale pochi parlano: se non sono correttamente smaltite diventano impossibili da riciclare. E purtroppo, molto spesso, è ciò che accade.
Il tipo di plastica di cui sono composte, differente rispetto a quelle dei flaconi attorno a cui sono avvolte, implica che per un corretto riciclo entrambi vadano separati, pena lo smaltimento in discarica come frazione non riciclabile. I centri di riciclo, infatti, proprio come accade per i tappi delle bottiglie, faticano a separare le due componenti, e quelli che hanno le tecnologie per farlo si contano sulle dita di una mano. Ciononostante, sono in pochi a rimuoverle, visto anche che staccarle a mani nude, senza l’aiuto di un coltello o delle forbici, è davvero difficile. Il risultato? Il 5% del PET potenzialmente riciclabile va sprecato.
C’è però una buona notizia. Sempre più spesso le aziende pre-tratteggiano le etichette affinché sia più facile rimuoverle, sebbene siano solo le più attente a farlo. Gli impianti di riciclo stanno via via adottando i mezzi per separare le etichette termoretraibili dal resto del packaging, ma ciò comporta ulteriori costi e processi di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno grazie a un piccolo sforzo da parte del consumatore.
La comunicazione purtroppo finora non ha minimamente accennato del problema e neppure l’UE, che in nome della sostenibilità discute norme spesso inverosimili (parlo dell’eliminazione delle bustine di zucchero monodose dai bar), sembra essere interessata. Basterebbe che tutti i produttori fossero tenuti a tratteggiare le etichette, rendendone più agevole la rimozione, per arginare di molto il problema.
Il caso delle shrink sleeve labels è il fulgido esempio di come, in nome di scelte commerciali sicuramente più efficaci e d’impatto, la questione ecologica venga messa in secondo piano se non completamente ignorata. Spetta a noi consumatori mantenere uno sguardo critico e, soprattutto, togliere sempre l’etichetta prima di gettare qualcosa.