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Sciascia e Pasolini: due amici scrittori a confronto nella mostra a Racalmuto

La mostra, organizzata da Edith Cutaia e Vito Catalana, si concentra sul legame indissolubile tra Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia.

Sciascia e Pasolini: due amici scrittori a confronto nella mostra a Racalmuto
In foto Pasolini e Sciascia

redazione Modifica articolo

20 Ottobre 2022 - 18.21


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Il 22 e 23 ottobre, a Racalmuto, sarà presentata una mostra che rievoca documenti e scambi di lettere di due grandi scrittori italiani: Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini.

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Dall’archivio della Fondazione Sciascia e da alcuni scritti comparsi sul Corriere della Sera, datati 1975, è emerso un importante confronto tra i due scrittori, e amici, in particolare su un tema di forte impatto contemporaneo: l’aborto.

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Studiosi, critici e scrittori saranno invitati a riflettere sull’eredità culturale lasciata dalle vecchie alle nuove generazioni di intellettuali, durante gli incontri di “Cent’anni di solitudine: la generazione (1921-’25) di Sciascia e Pasolini“. I due scrittori, che erano profondamente legati sia umanamente che intellettualmente, condivisero anche la condizione di “ultimi eretici” e coscienza critica del Paese.

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Edith Cutaia e Vito Catalano, curatori della mostra, hanno prestato particolare attenzione a far emergere questo legame, attraverso l’esposizione di un epistolario tra i due scrittori, ma anche lettere firmate da altri personaggi come Vincenzo Cerami, Enzo Siciliano, Nico Naldini e dello stesso Sciascia.

Sempre dall’archivio storico della Fondazione verrà esposto un documento significativo: il dattiloscritto del primo capitolo di “L’affaire Moro“, prodotto da Sciascia subito dopo il rapimento di Aldo Moro e delle vicende ad esso legate.

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Tra le carte, si può leggere anche ciò che è rimasto del confronto tra i due amici sul tema dell’aborto. “Sono (…) contrario alla legalizzazione dell’aborto – scrisse Pasolini sul Corriere della Sera del 19 gennaio 1975 – perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano (…) io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente”.

Sciascia gli rispose, sempre sul Corriere, il 26 gennaio 1975, descrivendo Pasolini come uomo religioso. “In quanto tale – aggiungeva – egli reagisce a tutto ciò che gli appare degradazione ed offesa della vita”; a tutto quello che gli appariva come un “immane meccanismo, una terribile catena di smontaggio: di smontaggio dell’uomo in nome della felicità”. Il confronto non scadde mai nel litigio, rivelandosi sempre pacato e civile. Sciascia dimostrò interesse per le opinioni dell’amico letterato, e ne riconosceva anche un tratto di verità, nonostante la sua posizione fosse diversa. Favorevole all’aborto, si, “ma con innocenza, non con irresponsabilità, non senza apprensione”.

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Due fronti diversi, quindi, ma due autori sempre vicini perché “avevano pensato le stesse cose, detto le stesse cose, sofferto e pagato per le stesse cose”.

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