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Ferris: «Ernest J. Gaines coglieva l’amore interrazziale nel sud segregazionista»

Lo studioso del blues descrive lo scrittore afroamericano: a un anno dalla morte è uscito il romanzo “La tragedia di Brady Sims” dove parla di giustizia, razzismo, istruzione

Ferris: «Ernest J. Gaines coglieva l’amore interrazziale nel sud segregazionista»
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29 Novembre 2020 - 19.17


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di Rock Reynolds

Era vecchio e malato, Ernest J. Gaines, uno dei narratori più interessanti del Sud degli Stati Uniti, nato nel 1933 da una famiglia che non aveva soltanto antenati schiavi, ma che non si era mai del tutto staccata dalla propria piantagione, in Louisiana, teatro di buona parte delle sue storie. Autore colto e popolare al tempo stesso, Gaines non ha fatto in tempo ad assistere al ripristino negli USA di una parvenza di sogno egalitario, con la sconfitta elettorale di Donald Trump che, se non riporterà del tutto in auge lo spirito di integrazione che nel 2008 aveva favorito l’approdo di Barack Obama alla Casa Bianca, di certo è un’indicazione del fatto che nel paese c’è ancora chi vorrebbe abbattere le barriere etniche che fanno tuttora dell’America una società fortemente discriminatoria. Gaines, infatti, è scomparso il 5 novembre del 2019.

Quando lessi Una lezione prima di morire, una storia di redenzione nel Sud più retrogrado, un romanzo classicissimo che ha tutti gli ingredienti per essere un piccolo capolavoro di quella narrativa sudista che difficilmente può prescindere da Il buio oltre la siepe di Harper Lee – ambientazione nella Louisiana dei primi vagiti del movimento per i diritti civili, personaggi azzeccatissimi e una vicenda comunque all’insegna della suspense, insomma tanta roba – rimasi folgorato. Il ritmo dei dialoghi, reso ancor più sincopato dall’utilizzazione realistica di un linguaggio popolare più che letterario e, per questo, ancor più credibile, era incalzante. Ed era facilissimo, quasi inevitabile, immedesimarsi nella storia e nella sorte dei suoi protagonisti, soprattutto del giovane insegnante di colore che, tornato in provincia, promette alla zia di fare un’opera di bene e di insegnare a un ragazzino finito nel braccio della morte ad avere rispetto di sé attraverso l’affrancamento che l’istruzione dà.

A distanza di un anno dalla morte di Gaines, esce la sua ultima fatica, La tragedia di Brady Sims (Mattioli 1885, traduzione di Nicola Manuppelli, pagg 112, euro 14), scritto nel 2017. I temi affrontati sono gli stessi di sempre: giustizia, razzismo, istruzione. Una positiva ossessione per l’autore di cui, nella bella ed esauriente postfazione curata dal traduttore, Manuppelli, vengono messe in evidenza le priorità, una sorta di manifesto letterario: “Non sono uno di quegli scrittori cerebrali che si siedono davanti a una cattedra e parlano e parlano della psicologia e della filosofia che c’è nei loro libri. Credo nel sudore. I miei libri sono il risultato del sudore. La loro filosofia è quella del sudore”. Come scrive Manuppelli, a Gaines piacevano “tutti quei romanzi dove c’era lo sporco della terra e l’infinità del cielo”.

Ecco che La tragedia di Brady Sims chiude idealmente il cerchio, raccontando una vicenda davvero singolare, quella di un padre che in tribunale ammazza il figlio appena condannato per omicidio e furto, un padre la cui indole violenta è nota a tutti, bianchi e neri, ma che in qualche misura finisce per riabilitarsi prendendo la giustizia tra le mani e impartendola come una sorta di arcangelo del Signore.

William Ferris: “Un omone, imponente, ma aveva una voce delicata”
Per capire meglio dove nasca l’ispirazione di questo formidabile autore, ho interpellato il professor William Ferris, per anni titolare della cattedra di storia e folklore del Sud presso la prestigiosa University of North Carolina. Nativo di Vicksburg, Mississippi, per gli standard americani non molto distante dalla casa natale di Gaines, Ferris ha pubblicato molti libri negli USA, di cui solo uno finora è stato tradotto in italiano, Il blues del Delta, in assoluto uno dei migliori saggi in circolazione per chi davvero voglia capire le origini e la storia di quello che non è solo un genere musicale ma la culla culturale di un popolo. Ecco un suo ritratto personale di Ernest J. Gaines.
“Era un omone, imponente, ma aveva una voce delicata, bassa. Ascoltava attentamente le voci degli altri e rispondeva a ogni domanda in maniera ponderata. Le sue qualità migliori erano la profonda sensibilità che mostrava per il prossimo e la capacità di catturare l’amore interraziale nel Sud segregato, attraverso i suoi personaggi straordinari. I suoi romanzi sono intrisi di storia e di umanità. The autobiography of Miss Jane Pittman è raccontato attraverso la voce del personaggio principale: Miss Jane Pittman, appunto. Gaines mi ha detto che, mentre lo scriveva, cercava di “farsi venire in mente quello che la gente del Sud fa: si incontra e parla, a eventi come funerali, battesimi, matrimoni o nascite. Si incontra e parla tanto”. E lui rievoca tali voci in modo profondo nella sua scrittura. Ernest J. Gaines è senza dubbio uno dei grandi scrittori americani del XX secolo. Presto, la Library of America pubblicherà la sua opera omnia in due volumi, accanto ad autori leggendari come Richard Wright, William Faulkner, Toni Morrison, Eudora Welty e Tennessee Williams. Tra gli scrittori afroamericani occupa un ruolo speciale, avendo deciso di fare ritorno al suo paese natale, Oscar, Louisiana, e di costruire una casa nuova là dove i suoi antenati avevano lavorato come schiavi. Ha restaurato il cimitero degli schiavi e le loro tombe senza nome, oltre che la scuola/chiesa in cui aveva studiato e pregato da bambino. La forza con cui si è appropriato delle sue radici è straordinaria persino per gli standard degli scrittori di colore del Sud, che spesso hanno vissuto e scritto lontano dalla loro terra. Per esempio, Alice Walker a Berkeley, California, e Richard Wright a Parigi, Francia. Quanto alla sua ultima fatica, La tragedia di Brady Sims, se Ernest J. Gaines ha scritto di quella violenza, sono sicuro che una situazione del genere si sia davvero verificata e che lui ne sia venuto a conoscenza, magari attraverso il passaparola del racconto orale, così tipico della sua comunità.”

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