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"Desiderio": Delia Vaccarello esplora le vie dell’erotismo e i suoi misteri

Pubblichiamo un brano dalla raccolta di racconti della scrittrice: incursioni su un sesso esplicito, avvolgente, mai volgare, e sulla libertà

"Desiderio": Delia Vaccarello esplora le vie dell’erotismo e i suoi misteri
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24 Maggio 2019 - 09.46


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Il desiderio conosce strade che spesso la ragione non comprende. Ruota attorno a un mistero che investe tutti “Desiderio. Racconti di eros, segreti, bugie” di Delia Vaccarello (Villaggio Maori Edizioni, pp. 182, € 15, su www.villaggiomaori.it e, da giugno, su Amazon Ibs e in libreria), raccolta di cui proponiamo un brano ad alta intensità erotica, giocoso, felice, intrigante. Perché è vero quanto descrive la scheda editoriale: in queste sei storie Delia Vaccarello proietta “la narrazione oltre il corpo”, abbatte “i tabù che lo censurano, con l’intenzione di rendere esplicito – non volgare – il sesso. Non importa se questo avvenga tra uomo e donna, uomo e uomo, donna e donna. L’argomento unico che unisce questi racconti in un’affascinante atmosfera è l’essere umano, l’amore e il suo mistero. L’essere umano nudo e fragile. Erotico”.

La scrittrice, attivista e giornalista presenta il libro sabato 25 maggio alle 15 al circolo Sparwasser di Roma, introdotta da Rosario Coco e in dialogo con la giornalista e narratrice Daniela Amenta. All’appuntamento, organizzato in collaborazione con Gaynews, verranno raccolti contributi per il 25esimo “Roma Pride”.

Delia Vaccarello: un estratto dal racconto “Non guardarmi”

Il cielo si era fatto cupo, le nuvole incombevano. E le prime gocce iniziarono a cadere. La strada rischiava di diventare fango. Lucia intravide uno slargo e accostò. La pioggia iniziò a martellare l’oblò sopra il tetto. Lucia si assicurò che il freno a mano fosse ben tirato e che finestrini e aperture fossero chiusi. Credette di lasciare Stephen seduta a contemplare l’arrivo del nubifragio. E mentre stava per chiudere le finestrelle del portellone adiacenti al letto in fondo, la vide diritta al centro del piccolo corridoio, intenta a cercare nel frigo e poi ad aprire una bottiglia di birra.

“Vieni qui” disse Lucia.

Stephen la fissò con gli occhi azzurri di mare, spaventati e vogliosi, “arrubati” dai suoi. Il vento fuori sferzava, la voce della cantante volava in acuti che torcevano l’anima.

Stephen e Lucia si distesero sul letto. E Lucia iniziò a carezzare con lo sguardo quel corpo felino, apparentemente calmo, bloccando le mani che morbidamente si erano tese a cingerle il collo. Con un cenno del capo la invitò a sdraiarsi e la guardò mentre lentamente si sfilava la maglia, e ogni altro indumento.

Iniziò dai piedi. Comincio a strofinare l’incavo tra le dita, scorrendo in giù e in su, e poi accostò la lingua, ripassò lo stretto canale tra mignolo e medio, mentre Stephen emetteva sospiri di tormento e di piacere. Poi mise in bocca l’alluce e iniziò a succhiarlo. Ora ingoiandolo ora mordicchiandone la punta e abbandonando la presa per attimi intollerabili, per poi ritornare a darle piacere. Stephen con tutta se stessa frenava la passione violenta che l’aveva invasa scuotendole il respiro. Finché non resistette più, si piegò in avanti, prese la bocca di Lucia nella sua, le affondò la lingua a toglierle il fiato. Il tempo di assaporare appena la congiunzione che uscì fuori, come una saetta, negando ogni accenno di abitudine, di bocche che familiarizzano, distese Lucia sul materasso, strofinò il suo pube contro il suo, finché sentì le grandi labbra dell’altra aprirsi su di lei allora dolcemente la fece voltare. Spogliandola le passò la lingua lungo le scapole, le vertebre, i fianchi, il fondoschiena, le infilò le mani lungo le cosce, diede carezze e pizzicotti, le spalancò le natiche e con la lingua le penetrò l’ano mentre con la mano destra faceva incursioni nel tunnel nascosto del piacere….(…)… Fu solo un istante. Un lampo. Un superbo via. Lucia affondò la bocca nel grembo dell’altra, la sua lingua prese il posto delle mani, i suoi occhi tramontarono dentro la peluria folta. E con la lingua saziò Stephen della sua selvatica voglia.

Il respiro dopo il piacere divenne lentamente regolare.

E venne per Lucia il momento della grande tentazione. Stephen si era addormentata, nuda al suo fianco, il corpo discosto da lei, nessun abbraccio o mano a prolungare il contatto. Era quello che voleva. Poteva sfilarsi felpatamente e raggiungere la macchinetta che aspettava fuori dalla custodia. Poteva scattare le foto della “natura” di Lucia da sotto, inquadrando il corpo fino a far scorgere nell’angolo più alto la rotondità dei seni, poteva zummare la vagina, soffermarsi tra i peli biondi, immortalare dall’alto le creste delle labbra.

Ma Stephen non voleva. Però se dormiva, non se ne sarebbe accorta.

Come una ladra impenitente e bugiarda Lucia progettava il suo piano, era abituata, lo aveva fatto tante volte, salvo che in alcuni casi, gli uomini soprattutto, c’era stato chi aveva dato l’assenso.

Stephen con una strana lungimiranza le aveva detto subito: no foto, please.

Un divieto a tempo? Un divieto di lunga durata.

Lucia scivolò fuori dal letto, aprì senza fare alcun rumore la porta del piccolo bagno per restare non vista. Prese la macchinetta. Si innervosì a tenerla in mano così senza far nulla.

Sapeva che era meglio riporla.

Pulì con il fazzoletto apposito la lente dell’obiettivo, quando sentì un leggerissimo fruscìo, e vide Stephen dinanzi a lei che la osservava.

Continuò a pulire la macchina, come se lustrandola riuscisse a illuminare se stessa.

Aveva smesso di piovere. Misero in moto e raggiunsero uno degli ingressi della riserva. Si addentrarono nella vegetazione delle dune, che precedeva le scogliere e l’ampia spiaggia. Erano sole. Non era mese di affluenza.

Stephen camminava distante da Lucia. Provava un vago senso di nausea. Aveva bisogno di aria.

Attraversarono un canneto, e a un tratto, contro il cielo, oltre le lingue delle piante, Stephen vide solcare nell’azzurro la sagoma maestosa di una poiana. Con il capo lievemente reclinato quasi a puntarla, le ali ampie dispiegate che si agitarono verso di lei, il becco semi aperto, l’uccello rapace le confidò il suo segreto. O almeno così le parve.

Allora si avvicinò a Lucia. Quel tanto per dirle che rifuggiva da ogni veleno.

“Qualunque cosa volessi fare armeggiando con la tua macchinetta hai fatto bene a non farla. Molto bene. Io non sopporto nessuna ripetizione. Figuriamoci una foto che mi blocca in un istante quando io non sto mai ferma.“

Lucia non pronunciò inutili parole, sapeva di sé, sapeva che quella volta non aveva ceduto.

Camminarono lungo la spiaggia a piedi nudi, le orme dell’una vicine a quelle dell’altra, la risacca che le disfaceva regalando alle impronte solo pochi istanti di vita.

Gli aironi si posarono in stormo in mezzo a loro. Lucia guardò Stephen attraverso le decine di ali che rialzandosi in volo lasciarono sulla sabbia fine un tappeto di zampette.

E continuò a guardarla dilatando tra loro la distanza. Stephen sentiva i suoi occhi bruciarle la pelle.

Al ritorno in città pochi metri prima dell’incrocio con via dell’Alloro, Lucia al volante lesse nei pensieri di Stephen ciò che i suoi gesti le avevano detto senza sbavature.

“Lucia il mio desiderio non ha regole, è la mia libertà, non decido io, viene a bussare alla mia porta senza preavviso e senza nessuna abitudine. È stato bello allora lo ripetiamo? No, non funziono così. Faccio l’amore bene, ma …. poco. Potrei sparire e poi tornare, uscire di scena anche per mesi, come una sovrana, la sovrana di me stessa”.

Sgusciò fuori dall’abitacolo, Lucia osservò l’incedere silenzioso e le spalle ampie, rilassate, rimpicciolire in lontananza. Stephen si voltò un attimo prima di girare l’angolo, e incontrò lo sguardo di lei, le pupille verdi come foglie, decise, penetranti. Una sensazione di insperata beatitudine la colse.

Un gatto di strada fece scintillare i suoi occhi ferendo il buio della sera, le si strusciò tra le gambe, la seguì fino a casa.

 

Julie Maroh, autrice del fumetto “La vita di Adele”: “I tabù sul godimento femminile ci sono ancora”

 

 

 

 

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