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Vargas Llosa: "In Messico giornalisti uccisi perché c'è più libertà"

Lo scrittore premio Nobel: gli omicidi un segno della libertà di stampa e sono colpa dei narcos. I cronisti amareggiati: dimentichi i potenti

Vargas Llosa: "In Messico giornalisti uccisi perché c'è più libertà"
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redazione Modifica articolo

20 Marzo 2018 - 17.01


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Il premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa ha scatenato un vespaio di polemiche in Messico affermando che l’assassinio di oltre cento giornalisti nel paese centro-americano nell’ultimo decennio scaturisce dalla maggiore libertà di stampa.
“In Messico c’è più libertà di stampa adesso che venti anni fa, senza dubbio”, ha affermato in un’intervista lunedì. Nell’ultimo anno nel paese sono stati uccisi 12 giornalisti, tanti quanto in Siria. L’associazione Reporters Without Borders ha posizionato il Messico al 147esimo posto su 180 paesi nella classifica mondiale della libertà di stampa del 2017.

Lo scrittore nato in Perù nel 1936 ha suggerito che le morti segnalino un incremento della libertà di stampa. “Il fatto che siano stati uccisi più di cento giornalisti è causato dalla libertà odierna che permette ai giornalisti di dire cose che prima non erano permesse. Il narcotraffico gioca un ruolo decisamente centrale in tutto questo”.

“Neanche una parola di empatia per le vittime e ancor meno una riflessione sul crimine organizzato dai potenti,” ha twittato Jenaro Villamil, un reporter del settimanale “Proceso”. Vargas Llosa è stato criticato anche per suggerire che la principale fonte di violenza contro i giornalisti sono i narcotrafficanti: organizzazioni criminali hanno preso di mira molti giornalisti, ma molti sostenitori della libertà di stampa affermano che spesso danno più problemi ufficiali pubblici del trafficanti.

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