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L'Italia attraverso l'occhio di Corrado Augias stupisce ancora

Il giornalista - scrittore esplora la storia, le identità e le città per ritrovare l'essenza del Paese: da Napoli e Palermo a Torino passando per Roma, Firenze, Bologna...

L'Italia attraverso l'occhio di Corrado Augias stupisce ancora
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6 Dicembre 2017 - 13.40


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Enzo Verrengia

Più che una guida storico-geografica, il nuovo libro di Corrado Augias, Questa nostra Italia (Einaudi, pp. 346, Euro 20,00), costituisce uno stupendo brogliaccio personale. Da accostare a un altro titolo che ricorre nelle sue stesse pagine, Le confessioni di un ottuagenario, come venne originariamente pubblicato il capolavoro di Ippolito Nievo. Augias, infatti, di anni ne ha quasi ottantatré, e li dimostra nell’arco della sua testimonianza che attraversa il paesaggio ma soprattutto il tempo. Dall’odore di bachelite della prima infanzia, agli sgoccioli del fascismo e della guerra, per finire con gli scorci di Napoli e Palermo, dove l’incidenza della cronaca nera più attuale, sebbene non rimarcata, soverchia la ricognizione colta e citazionale. Nel mezzo, un itinerario che parte da Torino e procede a zigzaga da Milano, Venezia e Trieste a Roma, tagliando gli Appennini e i colli dell’Umbria.
Questa nostra Italia strada facendo si carica quindi del vissuto di Augias, del suo radicamento romano, dei suoi ripetuti dubbi sul passato prossimo, che ha disatteso le aspettative della sua generazione. Specie con il degenerare del ’68 nella demagogia scolastica, nella perdita dell’acculturazione e nel rigurgito della mediocrità di massa.
Augias divaga di continuo dalle bellezze urbanistiche, figurative e architettoniche agli eventi correlati. Bologna gli dà occasione di ripercorrere l’idealismo protervo e rancoroso di Carducci, Firenze lo riporta a Machiavelli e a Guicciardini, Napoli al fallimento della rivoluzione del ’99. Sempre di più la geografia del Paese ne assorbe la Storia. Diversamente dal Viaggio in Italia, di Guido Piovene, Questa nostra Italia esce quando tutto, specialmente nel peggio, è già compiuto, irreversibilmente.
Non che quella di Augias sia gratuita nostalgia. Al contrario, le concessioni al rimpianto suonano nulle e comunque priva di slancio struggente. L’ex giornalista divenuto scrittore è passato per la televisione, strumento post-moderno per eccellenza, anche nell’epoca della rete. La sua descrizione delle cose, delle persone e delle circostanze assume di continuo la sobrietà british che gli si conosce molto bene dalle frequenti apparizioni in video.
Lo scopo del libro, che Augias dichiara nelle righe conclusive, è palese dall’inizio: «Il tentativo di cogliere nelle diversità dei luoghi e dei tempi gli indizi di una coscienza, di un’identità italiane». Le quali esistono, malgrado le differenze non lievi che persistono anche a pochi chilometri di distanza, dovute alla complessa orografia del territorio. Da esse scaturiscono tutte le problematiche irrisolte della penisola che gli arabi definivano troppo lunga.
Sul filo di una sommessa ironia non disgiunta dall’amarezza, Augias racconta e descrive l’Italia che nel corso dei secoli precipita dall’antica potenza al rango accordatole dalla geografia, limitrofa al sottosviluppo del Mediterraneo più meridionale. Eppure, viene salvata dalla bellezza. L’unico vero trionfo dell’Italia sta nel tripudio di beni ambientali e culturali. Di cui Augias, senza sfoggio di erudizione bensì con l’umiltà del dilettante, dà contezza pagina dopo pagina.
Questa nostra Italia diviene allora anche un manuale bibliografico dal quale partire non più per visitare i luoghi, ormai fin troppo accessibili al turismo di massa, quanto piuttosto per ritrovarne l’essenza nei retaggi letterari e artistici che li caratterizzano.

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