Questa è una delle esercitazioni svolte dalle studentesse e dagli studenti che stanno frequentando il Laboratorio di giornalismo, tenuto dal Professore Maurizio Boldrini. Sono da considerarsi, per l’appunto, come esercitazioni e non come veri articoli.
Di Vittoria Calabrese
Qualche giorno fa l’agenzia Ansa, ha inserito tra i “temi caldi” la storia di Deborah Vanini, trentottenne comasca che un paio di mesi fa ha dato alla luce la figlia per poi perdere la vita lei stessa due mesi dopo il parto.
Deborah infatti aveva appreso contemporaneamente di essere incinta e di avere un tumore al quarto stadio che avrebbe richiesto cure incompatibili con l’avanzamento della gravidanza. “Avevo una vita da sogno fino al giorno precedente. Dalla notizia più bella alla più brutta in 25 secondi netti. Dalla gioia più grande alla disperazione più assoluta. Dall’estasi alle pene dell’inferno” raccontava la stessa Debora che sui social scriveva: “Chissà per quanto tempo potrò guardarti, ogni mese, giorno, ora, sono un prezioso dono. Farò di tutto e lotterò per guardarti il più a lungo possibile”.
Le parole di Deborah e la sua vicenda hanno suscitato stima e apprezzamento anche da parte del governatore della Lombardia, Attilio Fontana e dell’assessore al Welfare lombardo Guido Bertolaso.
Questa storia diventa realmente un “tema caldo” poiché apre la riflessione e il dibattito sul tema della scelta e in particolare quella che riguarda il corpo delle donne, che ad oggi potremmo paragonare a un campo di battaglia globalmente esteso dato che, l’essere femminile, in quanto tale e in quanto “custode” della vita, si scontra con precise difficoltà che riguardano il proprio corpo e le scelte che lo riguardano.
Quanto possiamo intervenire sulle scelte altrui e quanto siamo tenuti a giudicarle?
La scelta di Debora è stata sicuramente ammirevole e coraggiosa, lei ha scelto per sé stessa e in base alla sua esperienza e la cosa realmente importante è che venga data a tutte le donne la possibilità di scegliere e di autodeterminarsi sulla base delle proprie volontà. Questo però non è così scontato nel nostro paese, dove, stando ai dati raccolti nel 2021, il 63,4% dei ginecologi e 40,5% degli anestesisti sono obiettori di coscienza e nel 2024 il Senato ha dato il via libera alla presenza dei pro vita all’interno dei consultori. Una scelta libera solo a metà dunque, che non mette tutte nelle condizioni di poter decidere liberamente.
A prescindere quindi dal tipo di decisione è necessario che questa non venga imposta ma sia spontanea, e che avvenga senza essere sottoposte a nessun tipo di sguardo giudicante che possa compromettere la libertà delle donne.