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All'Accademia Chigiana al via la Bright Night con l'incontro “La terra che non c’è (più)”

Nel Salone dei concerti del Palazzo Chigi-Saracini, ieri sera il primo incontro guidato dai semiologi dell’Università di Siena Tarcisio Lancioni e Stefano Iacoviello: un viaggio immaginario attraverso le mappe antiche e le memorie del passato.

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26 Settembre 2024 - 13.55


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di Marialaura Baldino e Marcello Cecconi

A dare inizio al calendario di eventi previsti dall’Università di Siena per la Bright Night 2024 – la notte europea dedicata alla ricerca – è stato, nella serata di ieri, l’incontro “La terra che non c’è (più)”, un viaggio immaginario attraverso le mappe antiche, alla scoperta di come le visioni del passato influenzino ancora il nostro presente. A guidare la serata i semiologi Tarcisio Lancioni e Stefano Jacoviello. 

Nella suggestiva cornice del Salone dei Concerti dell’Accademia musicale Chigiana, i due docenti hanno introdotto i frutti della loro ricerca presentando l’edizione del Theatrum Orbis Terrarum, pubblicata nel 1584 dal cartografo e geografo fiammingo Abraham Ortelius e custodita nella Biblioteca di Palazzo Chigi Saracini, sede dell’Accademia. Un volume dal valore unico che per la prima volta, attraverso le immagini, dava al lettore una visione del mondo e delle terre conosciute o narrate.

‘’Questa pubblicazione è un Atlante, è il primo Atlante moderno. È un libro che raccoglie tante carte messe insieme per poter essere sfogliate; è un prodotto editoriale, non una mappa nautica e nemmeno uno strumento che ha un valore operativo’’, ha spiegato Jacoviello.

Ma dove si incontrano la semiotica e la cartografia?

‘’Le carte geografiche – ha continuato Jacoviello – sono delle immagini che noi siamo abituati a pensare come qualcosa che abbia una funzione tecnica. Ormai le carte, oggigiorno, sono quelle che guardiamo sul cellulare, sul navigatore in macchina. Sono quelle cose che ci aiutano a sapere dove stiamo andando, quanto tempo ci vuole, quanto dista la nostra meta e quali sono le operazioni che dobbiamo fare per raggiungerla. Le carte ci raccontano tutta una serie di informazioni pratiche che noi dobbiamo elaborare per seguire un percorso tracciato’’.

Insomma, una forma di visualizzazione di una serie di dati che hanno un diretto riferimento nella realtà concreta, quella che viviamo direttamente. Eppure, ha spiegato il docente, questo nostro modo di trattare le carte e le mappe geografiche ci fa dimenticare quello che in realtà sono davvero: immagini piene di valore didattico, con immensa forza informativa e immaginaria, dove la realtà degli spazi si lega alla fantasia dell’uomo che da sempre si è spinto al dì là dell’orizzonte alla ricerca di luoghi straordinari e nascosti.

La carta non è quindi una semplice replica di un territorio concreto, ma è qualcosa che se ne distacca e che si stabilisce in uno spazio fra mappa e territorio, dove si sono installate popolazioni, che tra fantasia e realtà, hanno cercato di trovare il loro posto nel mondo dando un senso a ciò che le circondavano.

Un po’ quello che fa la semiotica quando ricerca le condizioni del senso del mondo che abbiamo intorno, affibbiando un dato significato ad una precisa comunità di persone che ne condividono il senso.  

Ed è proprio per quel che riguarda la concezione che si ha del mondo stesso e di come sia fatto che Lancioni ha mostrato e illustrato numerose carte geografiche, tutte databili nell’arco del 1500. Magnifiche rappresentazioni del mondo antico che, da una parte, avevano un’accuratezza quasi satellitare (prodigiosa, se si pensa che prima si rappresentava il mondo dall’alto ma potendolo esplorare solo in piano), mentre dall’altra narravano di isole che naufragavano per mare, di mostri leggendari, cantando di terre di profughi e santi dai nomi quasi esoterici.

Quello di ieri sera, arricchito dall’ascolto di varie sonate, è stato un vero e proprio viaggio alla scoperta del significato del mondo, costruito attraverso giochi di potere, sistemi di valori e intricati passaparola, da grandi scrittori e abili pensatori, in un gioco alla ricerca (o alla rincorsa) delle fonti che avrebbero aiutato la promulgazione del sapere geografico.

Dai continenti appena scoperti, alle colonie d’oltremare, fino alle terre che nessuno ha mai trovato o ri-trovato: il volume di Ortelius presentato ieri sera è esso stesso un pellegrinaggio attraverso racconti popolari, libri di filosofi ed eruditi, e cronache di antichi viaggiatori, veri o leggendari, che ancora oggi, al lettore della modernità, permettono di inseguire la fantasia e la memoria dei popoli di oltre quattro secoli fa.

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