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“Good Morning, Vietnam”, la guerra dal microfono di Robin Williams

Il film di Barry Levinson racconta il conflitto vietnamita attraverso lo sguardo di un radiocronista incaricato di intrattenere le truppe americane. Tra comicità e momenti di profonda riflessione, la pellicola unisce energia, musica e critica sociale, lasciando un segno anche dopo i titoli di coda.

“Good Morning, Vietnam”, la guerra dal microfono di Robin Williams
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3 Dicembre 2025 - 17.44


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di Luigi Fortuna

“Good Morning, Vietnam” racconta la guerra del Vietnam da un punto di vista insolito: quello di un radiocronista incaricato di intrattenere le truppe americane. Il film diretto da Barry Levinson e interpretato da un Robin Williams semplicemente irresistibile, riesce a far ridere e riflettere allo stesso tempo. Già dalle prime scene si capisce che non sarà una guerra raccontata solo con tensione e dramma, c’è ironia, energia e un modo di guardare agli eventi che sorprende. Il film riesce a mostrare le difficoltà e le contraddizioni della vita dei soldati senza diventare pesante o retorico.

La sceneggiatura di Mitch Markowitz è davvero vivace. I dialoghi scorrono bene, sono pieni di battute, e il modo in cui Williams li interpreta aggiunge spontaneità e freschezza. Ma dietro l’umorismo c’è sempre un filo di serietà: la vita dei soldati, le regole rigide dell’esercito, le ingiustizie. Tutto questo emerge senza mai annoiare. Un dettaglio che contribuisce a rendere realistica l’atmosfera è il suono continuo delle macchine da scrivere. Ogni giorno le notizie venivano battute sui fogli e poi lette alla radio. Quel ticchettio costante non è solo rumore di fondo, sembra quasi un personaggio invisibile che segna il ritmo della giornata e trasmette l’ansia e la frenesia del lavoro del protagonista.

La scenografia aiuta tantissimo a immergersi nel periodo storico. Le basi militari, le strade affollate, i mercati locali, tutto sembra vivo e realistico. La fotografia mette in risalto il contrasto tra la vivacità delle trasmissioni radio e la gravità del contesto. Alcune scene sono luminose e piene di energia, altre più cupe e intense. Questo alternarsi rende il film interessante e coinvolgente, senza mai risultare monotono.

La musica, invece, ha davvero un ruolo da protagonista. Non è solo un sottofondo, accompagna i momenti comici, quelli più seri, persino i silenzi, creando una sorta di ritmo invisibile che guida le emozioni dello spettatore. I brani dell’epoca, con i loro toni allegri e vivaci, rendono immediatamente chiaro il contesto e trasmettono energia, mentre nelle scene più delicate o drammatiche la musica diventa più tenue, lasciando spazio ai sentimenti dei personaggi. Ci sono momenti in cui una canzone può far sorridere, anche se la scena è tesa, o dare un senso di malinconia che non c’era prima. Alcune trasmissioni radio in sottofondo, abbinate a un brano allegro, creano un contrasto forte con quello che succede intorno ai soldati, è divertente e struggente allo stesso tempo, e ti fa sentire dentro la storia.

Il montaggio mantiene il film scorrevole e dinamico. Le transizioni tra le sequenze radiofoniche e quelle più “serie” sono ben fatte, e il ritmo tiene sempre alta l’attenzione. La regia di Levinson riesce a far convivere comicità e dramma in modo naturale, senza che l’uno sovrasti l’altro.

“Good Morning, Vietnam” è un film che diverte, fa riflettere e lascia qualcosa anche dopo i titoli di coda. Non racconta la guerra come una sequenza di eventi, ma mette al centro le persone, le emozioni e i piccoli gesti quotidiani in mezzo al caos. Tra sceneggiatura brillante, regia attenta, scenografia curata e soprattutto un Robin Williams carismatico e unico, resta ancora oggi un film che vale davvero la pena vedere.

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