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Il cinema italiano è al collasso: l'appello delle maestranze

Un grido d'aiuto si leva dal settore, la burocrazia è lenta, Lucia Borgonzoni rassicura, ma il rischio di collasso permane senza interventi urgenti.

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15 Marzo 2025 - 11.03


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Il comparto cinematografico e audiovisivo italiano torna ad alzare la voce per denunciare la grave situazione in cui versa. Nella mattinata di giovedì un fronte unito composto da una ventina di associazioni del settore, tra cui Anac, 100 Autori e Air3, ha rivolto un appello urgente al governo, sollecitandolo ad agire con tempestività e richiedendo di adottare immediatamente i decreti correttivi relativi al tax credit, fornendo la documentazione richiesta dal Tar del Lazio in merito alla normativa vigente.

Secondo le associazioni, il settore del cinema e dell’audiovisivo sta affrontando una crisi mai vista prima, che si protrae ormai da un anno. La precarietà del comparto sta lasciando senza impiego un numero impressionante di lavoratori: oltre il 70% di tecnici, attori e autori è attualmente disoccupato, molti da più di dodici mesi e la prospettiva di un impiego stabile appare sempre più remota. “Ogni giorno che passa senza una risposta concreta è un pezzo del nostro mondo che scompare – si legge nell’appello –. Non possiamo permetterci ulteriori rinvii: il settore ha bisogno di interventi rapidi e tangibili per scongiurare il collasso”.

A intervenire sulla questione è stata la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, che ha risposto durante la presentazione dell’Italian Global Series Festival a Roma. “Non c’è alcun problema – ha dichiarato il tax credit è in ordine e presto procederemo con gli ultimi interventi necessari”. La sottosegretaria ha poi chiarito che una richiesta in merito era stata depositata al Tar, la cui udienza è stata posticipata però a maggio, ma ha garantito che “l’ultimo correttivo verrà pubblicato a breve”.

L’opposizione non ha tardato a reagire. I rappresentanti del PD nella Commissione Cultura della Camera hanno duramente criticato il governo, attribuendo la responsabilità della crisi a vari attori tra cui al ministro Alessandro Giuli, all’ex ministro Gennaro Sangiuliano e alla stessa Borgonzoni che però ha replicato con fermezza, affermando che la situazione di difficoltà del settore ha radici profonde già dai governi precedenti. “Se oggi il comparto dell’audiovisivo è in difficoltà è perché chi era al governo prima di noi non ha fatto le modifiche necessarie”. Ha poi fatto il nome dell’ex ministro Dario Franceschini, sottolineando di aver lavorato bene con lui su molte questioni, ma criticandolo per non aver introdotto le correzioni che erano state richieste già a suo tempo. “Era molto più facile scaricare la responsabilità sul governo successivo”.

La Borgonzoni ha poi ribadito che la produzione cinematografica non si è affatto fermata e che “i set aperti in Italia sono attualmente 37”. Ha poi accusato le opposizioni di creare come sempre allarmismi ingiustificati, sostenendo che il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle stanno diffondendo una narrazione fuorviante, con potenziali impatti e ricadute negative che possono nuocere alla percezione internazionale del cinema italiano. “Si sta cercando di far passare il messaggio che in Italia ci siano difficoltà insormontabili, che manchino i fondi e che nessuno stia girando. Questo è falso e sta causando un danno all’intero settore. Mi piacerebbe – ha concluso – che si interpellassero le associazioni più rappresentative per chiedere loro se i set sono fermi oppure no. La risposta sarebbe ben diversa da quella che stanno dando le opposizioni”.

Un tentativo di abbassare i toni della polemica è arrivato da Chiara Sbarigia, presidente dell’Associazione Produttori Audiovisivi, che pur condividendo le preoccupazioni legate al tax credit, ha voluto sottolineare che le produzioni cinematografiche non sono ferme: “I set sono aperti. Ritengo che sarebbe più utile abbassare i toni dell’allarme e concentrarsi sulla sburocratizzazione del tax credit, che è un problema che ci trasciniamo da tempo”. Secondo la presidente dell’APA, il vero nodo della questione riguarda soprattutto il cinema indipendente e le produzioni di dimensioni ridotte, piuttosto che l’intero comparto audiovisivo.

Il confronto però si è rapidamente riacceso, con la dura controreplica dell’opposizione. “Il cinema è gravemente malato, ma questo governo ha deciso di finirlo una volta per tutte”, ha accusato Sandro Ruotolo, responsabile Cultura nella segreteria del PD. Ancora più netto l’attacco del pentastellato Gaetano Amato, che ha sfidato pubblicamente la sottosegretaria Borgonzoni a un confronto diretto con i veri rappresentanti del settore. “Se ne ha il coraggio, venga a parlare con gli operatori del settore, non solo con le associazioni vicine ai suoi interessi. Noi siamo pronti a organizzare degli Stati Generali ‘pubblici’ del cinema e dell’audiovisivo”.

Parallelamente, anche il comparto del doppiaggio italiano sta manifestando una crescente inquietudine. Dopo il video-appello diffuso due settimane fa, in cui dodici doppiatori si erano esposti pubblicamente per denunciare il rischio di un’industria audiovisiva dominata dagli algoritmi, l’Associazione Nazionale Attori Doppiatori ha rivolto un nuovo appello all’intero settore, affermando chiaramente che è necessario un intervento deciso per regolamentare l’uso dell’AI e impedirne un’applicazione incontrollata, che potrebbe mettere a repentaglio il futuro delle professioni artistiche nel doppiaggio.

A margine della polemica sul tax credit, la discussione si è ampliata a un altro tema che riguarda la sopravvivenza del cinema. La regista e sceneggiatrice Liliana Cavani ha ribattuto esternando la sua grande preoccupazione per l’evoluzione del mercato cinematografico e il crescente predominio della televisione sulle sale. “È inutile che il Centro Sperimentale di Cinematografia continui a formare professionisti, se poi il cinema finisce per essere relegato alla televisione. Il futuro porterà sempre più persone a vedere i film in casa, e per contrastare questo fenomeno servirebbe una campagna seria“.

Una posizione più sfumata è quella del regista e attore Carlo Verdone, il quale, anche se riconoscendo la legittimità delle preoccupazioni di Cavani, ha disegnato una visione più ottimista sulla capacità del cinema di attrarre pubblico nelle sale. “Non si può dire che la gente non vada più al cinema. Ci sono film che continuano a registrare ottimi risultati. Tutto dipende dalla qualità del prodotto: se il film è valido e il passaparola funziona, il pubblico risponde; se invece il film non attira, è normale che fatichi a imporsi”. Verdone ha anche espresso pieno sostegno alla battaglia portata avanti dai doppiatori, riconoscendo il rischio rappresentato dall’AI e condividendo la loro richiesta di tutela.

In una congiuntura così oscura e situazione incandescente, il settore del cinema e dell’audiovisivo attende ora risposte concrete e interventi immediati per garantire la sopravvivenza di un’industria già provata da anni di difficoltà, soprattutto durante il Covid.

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