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In Sardegna, una straordinaria scoperta: nel sito di Cabras riemergono due giganti

Una nuova coppia di pugilatori trovata nel sito archeologico di Mont’e Prama, a Cabras, in Sardegna: due nuove aggiunte ad una vasta collezione risalente a più di tremila anni. Il ministro Franceschini: "Una scoperta eccezionale a cui seguiranno altre"

In Sardegna, una straordinaria scoperta: nel sito di Cabras riemergono due giganti
Uno dei giganti ritrovati
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8 Maggio 2022 - 20.45


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di Marialaura Baldino

I torsi possenti di due pugilatori, il grande scudo flessibile che copre il ventre e si avvolge attorno al braccio. Poi una testa, gambe, altre parti dei corpi, i frammenti di un modello di nuraghe”.

Descrive così Silvia Lambertucci, giornalista ANSA, le fattezze dei due giganti ritrovati nella necropoli nuragica di Mont’e Prama, a Cabras. Una sensazionale scoperta che avviene proprio a pochi giorni di ripresa della campagna di scavo. Due nuove aggiunte ad una vasta collezione risalente a più di tremila anni fa che comprende guerrieri, arcieri e pugilatori. È infatti anche grazie a questa stessa collezione di reperti che il sito archeologico ha guadagnato fama mondiale, ma che, come scrive sempre la giornalista, è ancora avvolto nel mistero.

La soprintendente del sito Monica Stochino ha commentato il ritrovamento definendolo un risultato davvero importante e che fa sperare in altri ritrovamenti nel corso delle prossime settimane.

Il ministro Franceschini ha così commentato: “Una scoperta eccezionale alla quale ne seguiranno altre”, ricordando che il reperto è venuto alla luce a poco meno di un anno dalla nascita della nascita della Fondazione Mont’e Prama, insieme con il Ministero della Cultura, il Comune di Cabras e la Regione Sardegna.

Iniziata il 4 aprile scorso, l’attività di indagine ha così dettato il tracciato da seguire per poter così trovare all’interno del sito la grande strada funeraria che fiancheggia le sepolture. Impegnato dal 2014 come responsabile scientifico dello scavo, l’archeologo Alessandro Usai afferma: “Per noi la prova che siamo sulla strada giusta“, aggiungendo “la ricerca programmatica dà i suoi frutti, siamo andati a scavare a colpo sicuro in un tratto che ancora non era stato toccato”.

Usai chiarisce che nonostante i due pugilatori trovati posseggano caratteristiche diverse rispetto al ritrovamento degli anni ’70, i due giganti ritrovati nei giorni scorsi sono del tipo “Cavalupo”, lo stesso di quelli ritrovati invece nel 2014, simili per il particolare scudo incurvato. Sempre l’archeologo, citando il capolavoro proveniente dalla necropoli di Cavalupo, precisa: “Una figura rara che ha un modello di riferimento nel bronzetto nuragico conservato a Roma nel museo etrusco di Villa Giulia“.

Nel restituire queste opere al mondo, gli esami necessari, la pulitura e la rimozione dei torsi richiederanno tempo e particolare attenzione per via della fragile pietra calcarea di cui sono composti. Soltanto a lavoro terminato sarà poi possibile analizzare i nuovi elementi di studio. Nel frattempo, è già avviato un progetto di ampliamento dell’area di scavo, allargandola di almeno 10 metri; il tutto finanziato dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna. Un lavoro da 85mila euro lordi. Ma come aggiunto dalla soprintendente Stochino, questo non è altro un progetto che ne anticipa un altro ancora più consistente. Partendo da una cifra di 600 mila euro, e con la collaborazione del Segretariato Regionale del MiC, entrambi questi progetti si andranno a sommare al lavoro da 2 milioni 800 mila euro stanziati per la restaurazione delle opere archeologiche trovate tra il 2014 e il 2016 che andranno poi esposte nel museo di Cabras.

Un massiccio lavoro articolato tra scavi, studi, analisi, e ricerche e che vede coinvolte istituzioni e professionisti, supportate da università insieme con soprintendenza e fondazione, antropologi, restauratori, architetti e ovviamente archeologi. Un grande lavoro di squadra volto, come spiega ancora Alessandro Usai, “trovare risposte ai problemi storici posti da questo speciale cimitero di tremila anni fa, costruito lungo una via funeraria e riservato quasi esclusivamente a giovani uomini”. Si tratta di oltre 170 tombe, dove mancano all’appello anziani e bambini, con pochissima presenza femminile. Un sito archeologico con secoli di vita ma sul quale resta ancora un alone di mistero, soprattutto per quanto riguarda la sua fine.

Le domande, quindi, come suggerisce la giornalista Silvia Lambertucci, sono molte: Chi erano davvero questi colossi di pietra alti due metri e mezzo. Custodi ancestrali di un’area sacra, rappresentazione delle funzioni sociali dei defunti inumati, eroi, antenati, simboli identitari di una comunità?

Ma soprattutto, viene da chiedersi, perché li ritroviamo oggi ridotti in macerie a ridosso delle tombe delle quali erano custodi?

Colpa di una lotta tra le comunità locali o invece furono i Cartaginesi?

Una risposta plausibile è forse quella di una distruzione naturale. Come infatti aggiunge l’archeologo: “La mia opinione è che i Giganti siano caduti via via da soli, tanto più che per come sono stati realizzati erano sbilanciati in avanti“.

Il trascorrere del tempo, il continuo movimento della crosta terrestre, la corrosione dovuta agli agenti atmosferici, o come ha notato l’occhio esperto dell’archeologo, forse la caduta potrebbe essere dovuta alle tante coltivazioni presenti su quel tratto di terra.

Certo è che, come conclude Usai, “qui cerchiamo risposte basandoci sui dati“, andando oltre semplici intuizioni o luoghi comuni.

Non ci resta quindi che attendere. L’apertura delle nuove indagini potrebbe far (ben) sperare in altri sensazionali ritrovamenti.

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