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“Il Guggenheim è troppo ‘bianco’, favorisce il razzismo”

Sulla scia di “Black Lives Matter” i curatori del museo newyorkese chiedono cambiamenti radicali. La direttrice artistica prende tre mesi di pausa sabbatica

“Il Guggenheim è troppo ‘bianco’, favorisce il razzismo”
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25 Giugno 2020 - 15.02


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di Ste. Mi.

“Black Lives Matter” sta facendo effetto anche nei templi della cultura statunitensi. L’omicidio di George Floyd provoca prese di coscienza a valanga. Sperando che non restino fuochi di paglia. Il Guggenheim Museum di New York conosce una rivoluzione interna con lo staff del dipartimento dei curatori che in una lettera, firmata collettivamente per non incorrere in eventuali sanzioni individuali, invoca una riforma dell’istituto che è troppo bianco e quindi “favorisce il razzismo, la supremazia bianca e altre pratiche discriminatorie”. Con “troppo bianco” i curatori non intendono certo le immacolate pareti dell’edificio elicoidale di Frank Lloyd Wright quanto la componente etnica del personale. La sproporzione è data dai numeri: su 25 consiglieri di amministrazione 23 sono bianchi; su 276 membri dello staff, 26 sono neri, 24 latino-americani, 20 asiatici, 206 bianchi. Sia chiaro: il Guggenheim non è l’eccezione. Per cui la protesta investe molte istituzioni.

Come scrive Robin Pogrebin sul New York Times, con una lettera spedita lunedì al direttore Richard Armstrong i curatori del museo affermano che l’istituto deve riformarsi con urgenza e accogliere le diversità sia nello staff che nel cda come nelle mostre stesse. Destinatari della missiva tutti i vertici del Guggenheim: Elizabeth Duggal, vice direttrice, “senior deputy director and chief operating officer”; Sarah G. Austrian, consigliere legale; Nancy Spector, direttrice artistica e capo curatrice.

Armstrong cosa ha risposto? In una nota ha dichiarato che i curatori firmatari della lettera richiedono “di cambiare le procedure in modo da assicurare processi decisionali più collettivi, trasparenti e responsabili” e che, poiché “il nostro staff curatoriale è essenziale per il Guggenheim, ascoltiamo. Il loro sforzo per un cambiamento è un’opportunità per noi per affrontare un dialogo benefico e diventare un’organizzazione più diversificata, equa e accogliente per tutti”. Che la lettera sollevi problemi però sembra suggerirlo una apparente coincidenza: dal 1° luglio Nancy Spector ha preso tre mesi sabbatici.

Che sia una pausa dovuta alla lettera o meno, il Guggenheim non lo ha detto. Ma proprio domenica Troy Conrad Therrien, il curator dell’architettura e delle iniziative digitali, in una lettera ha annunciato le sue dimissioni per assumersi la responsabilità in ciò che ha descritto come la sua complicità “in una cultura istituzionale che ha deprivato molti troppo a lungo. È l’ora che molti di noi, beneficiati da un sistema imperfetto mantenendo posizioni apicali, facciano spazio a coloro che possono impersonare un’equità che non è più solo necessaria ma urgente”.

Dal vicino gigante dell’arte, il direttore del Metropolitan Museum Max Hollein ha chiesto scusa per un messaggio su Instagram di Keith Christiansen, capo del dipartimento di arte europea, che paragonava l’abbattimento delle statue dei manifestanti di Black Lives Matter agli “zeloti rivoluzionari” che durante la Rivoluzione Francese attaccarono le tombe reali nella cattedrale di Saint Denisa Parigi e scrivendo: “Quante grandi opere d’arte sono andate perse nel desiderio di liberarci di un passato che non approviamo?”. Il messaggio è poi sparito da Instagram.

Il Guggenheim newyorkese richiama 1,2 milioni di visitatori l’anno, ha un budget annuale di 60 milioni di dollari e una dote di 90 milioni.

Il sito del museo Guggenheim

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