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Al museo diventiamo tutti africani nell'eco di Rimbaud

Alla Galleria Nazionale a Roma 17 artisti d’origine africana di oggi scelti dal critico e scrittore Simon Njiami. Il titolo (anche se in inglese) “Io è un altro” rimanda al poeta

Al museo diventiamo tutti africani nell'eco di Rimbaud
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16 Marzo 2018 - 15.58


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Mentre qualche politico vorrebbe rispedire gli africani migranti a morire tra guerre, fame e miseria, mentre qualche solerte cittadino italiano raccoglie le parole d’odio e spara ad africani per strada semplicemente perché dalla pelle scura, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (che è statale) fa un’operazione che potremmo dire quasi di “civilizzazione” del bianco italiano: presenta infatti, per il pubblico dal 20 marzo al 24 giugno, la mostra di artisti di origine africana dei nostri tempi “I is an other / Be the Other” scelti da Simon Njami, che è uno scrittore e critico d’arte di origine camerunense molto stimato in Europa. Il cui luogo di nascita, peraltro, è nel centro dell’Europa: la Svizzera. Niente esotismo, piuttosto la cultura contemporanea. Giusto Unico appunto: al museo sono affezionati ai titoli e alle locuzioni in inglese e nel titolo evitano l’italiano perché forse fa poco “internazionale” e cosmopolita? Il titolo “Io è un altro” peraltro, come segnala il museo stesso, vuole avere un chiaro rimando ad Arthur Rimbaud che, a un italiano, risulterebbe più evidente.

”Non voglio che le persone entrino in questa mostra cercando l’Africa. Voglio entrino e pensino a se stesse”, ha dichiarato Njami alla presentazione alla stampa. Sono diciassette gli artisti origine africana, ma che si sono formati e agiscono nello scenario internazionale. Dalle grandi sculture di legnetti di Nick Cave al Purgatorio ”disegnato” di perline di Bili Bidjocka o le fotografie di Phyllis Galembo, in tutto sono 34 opere per parlare del rapporto con l’altro, affidandosi alla mitologia, al gioco, all’ironia, all’elemento visionario. La mostra è la prima tappa di una stagione dedicata all’Africa, che all’indomani della seconda Conferenza Italia Africa organizzata dal Ministero degli Affari Esteri e dalla cooperazione internazionale, vedrà dal 22 giugno intervenire anche il Maxxi con la mostra “African Metropolis. Una città immaginaria”, curata sempre da Njami insieme a Elena Motisi

“Attraverso 34 opere, che includono pittura, scultura, installazioni, video, fotografia e performance, la mostra parla del rapporto con l’altro, punto di partenza per la nostra conoscenza del mondo”, riporta la nota stampa. Afferma nel comunicato Simon Njami: “Il primo motore della tua esistenza, quello che ti fa uscire dalla tua caverna per spingerti oltre, oltre ciò che hai già visto, oltre ciò che già sai, è il bisogno di un altro. In ogni caso, favorevole o contrario, solo un altro ti permette di costruirti. È d’obbligo dunque ringraziarlo. Senza un altro, rinchiuso in te stesso, non avresti alcuna presenza nel mondo. La mostra invita a vivere esattamente questa esperienza di gioco di ruolo, nel senso psicanalitico del termine, proponendoci per un attimo di uscire da noi stessi per provare, con il corpo e con l’anima, l’ebbrezza di essere l’altro.”

 

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