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Dal fascista al partigiano, un libro sul calcio che la guerra non fermò

Il campionato nell’ultimo conflitto e il fascismo. "Sfida per la vittoria" di Renato Tavella ricostruisce questa storia e i suoi protagonisti

Dal fascista al partigiano, un libro sul calcio che la guerra non fermò
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12 Marzo 2020 - 18.04


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di Marco Buttafuoco

Se ancora dubitate della virulenza di Covid-19 tenete conto di un dato non secondario: il virus ha fermato il calcio, nemmeno la seconda mondiale c’era riuscita. In effetti in Italia dal 1940 al 1944 il football non chiuse praticamente mai i battenti. Fra il ‘43 e il ‘44 si giocarono addirittura due campionati nazionali. Il primo nella Repubblica di Salò occupata dai nazisti. Il secondo nell’Italia del Sud.

Erano campionati precari e organizzati in una qualche maniera, i collegamenti erano precari, i campi quasi impraticabili per l’incuria, i giocatori venivano pagati, invece che con i lauti stipendi degli anni prima, anche con generi di prima necessità. In ogni caso continuavano la loro professione anche se figuravano come operai o come militari. A vincere il campionato Repubblichino furono i Vigili del Fuoco di La Spezia, una squadra raccogliticcia, anche se formata da giocatori di buon livello che batté in finale il grande Torino, che fu insignito però del titolo di vincitore delle fasi preliminari. C’erano squadre vere e cral aziendali infarciti di professionisti, magari tagliati fuori dalle zone di provenienza. Giocavano team di piccoli paesi (San Michele Extra, Legnago). Le partite erano turbolente, segnate spesso da risse accese fra giocatori e fra tifosi. Al Sud la situazione era altrettanto surreale.

A raccontare questo mondo a parte, questa passione travolgente che superava anche l’angoscia della guerra e le preoccupazioni per il futuro, in un paese affamato e devastato, è lo scrittore Renato Tavella, nel suo Sfida per la vittoria – La straordinaria storia del calcio durante la guerra e il fascismo (Newton Compton, pagg 256 +32, € 9,90, ebook 4,99). È un libretto prezioso, gradevole , pieno di storie bellissime. Quella dell’allenatore del Bologna Arpad Weisz, ebreo, morto in un campo di concentramento di nazista; quella di Dino Fiorini asso dello stesso Bologna, militante del Partito Nazionale Fascista che sparì nel nulla; quella di Mario Pagotto, uno dei pochi calciatori a finire al fronte e in un lager di lavori forzati; la storia di Armando Frigo, nato negli Usa, mediano della Fiorentina che si arruolò volontario nell’esercito e morì fucilato, dopo aver combattuto in Jugoslavia contro le truppe tedesche, il 10 ottobre del 1943. O la vicenda di Bruno Neri, giocatore appassionato d’arte e cultura, diventato comandante partigiano e ucciso dai nazisti sull’Appenino Tosco Emiliano.

Poi Valentino Mazzola, Piero Rava, Silvio Piola e tanti altri. La maggior parte fu militare per comodo ma altri furono coinvolti nella tempesta. Il mitra che uccise Mussolini era in dotazione a un terzino comunista del Como, Michele Moretti. Forse sparò anche lui, dopo averlo prestato ad Audiso, la cui arma era inceppata.

Molte pagine sono anche dedicate alla storia vera e propria, a una ricostruzione, accurata e puntuale, di quegli anni tormentati e della follia di quella guerra. Le pagine sul disastro aereo di Superga chiudono questo bel libro, adattissimo ai calciofili tristi di questi giorni di virus . Si trova anche in ebook, come detto. È istruttivo e romantico.

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