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Basaglia, una psichiatria fatta di umanità, scienza e giustizia sociale

Torna una monografia sullo psichiatra che fece smantellare i manicomi. Borgna nella prefazione: non fosse morto nel 1980 non vedremmo tanta indifferenza in strutture e nell’opinione pubblica

Basaglia, una psichiatria fatta di umanità, scienza e giustizia sociale
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31 Agosto 2020 - 18.26


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Il 29 agosto 1980 moriva a Venezia appena 56enne un intellettuale e un uomo concreto come Franco Basaglia. Psichiatra, neurologo, come pochi ha saputo affiancare un’azione molto umana, politica, a un gran lavoro teorico, e ha inciso nella vita collettiva più di quanto spesso siamo consapevoli, pur se quanto ha teorizzato e ha praticato non è stato poi messo sempre in pratica come raccomandava. Grazie a Basaglia fu istituita la Legge 180 che aboliva quei lager che erano i manicomi. A quarant’anni dalla scomparsa le Edizioni Alphabeta Verlag hanno opportunamente riproposto la monografia Franco Basaglia (p. 333, euro 16) scritta dallo psichiatra e psicanalista Mario Colucci e dal filosofo Pierangelo Di Vittorio e già pubblicata nel 2001 da Bruno Mondadori editore. Nel frattempo dall’anno scorso nella città natale di Trieste esiste un “comitato d’indirizzo” per candidare Basaglia e la sua esperienza al Nobel per la pace.

Il volume, riporta la scheda editoriale, “ricostruisce il complesso profilo umano e intellettuale di Franco Basaglia, l’intreccio di passione filosofica e impegno politico, di riflessione teorica e sperimentazione medica e istituzionale”. La sintesi è efficace: lo psichiatra costituisce infatti un raro esempio dove pensiero filosofico ed efficacia politica, dove teoria e pratica sulle persone, sulle vite di tanti, pur tra mille ostacoli hanno trovato una forma di fusione. “Dal precoce interesse per le correnti psichiatriche d’impronta fenomenologica ed esistenzialistica alla prima comunità terapeutica di Gorizia; dal movimento anti-istituzionale ispirato alle analisi critiche di Foucault e Goffman alla creazione di Psichiatria democratica; fino all’esperienza più emblematica, quella del San Giovanni di Trieste, in cui sono poste le basi per il definitivo superamento dei manicomi e per la legge 180”.

A ciò varrà riprendere un passo scritto da Eugenio Borgna nella prefazione perché chiarisce un punto dirimente e sgombra il campo da equivoci e informazioni imprecise: se molte cose non funzionano, non dipende dall’azione e dalla pressione volute da Basaglia che guardava, innanzi tutto, alle persone con disagi non come “malati” da recludere e tenere lontano, erano e sono invece persone con tutti i diritti e quei disagi erano spesso frutto di disagi sociali, di ceto e possibilità economiche e culturali. Scrive dunque, tra l’altro, lo psichiatra, già primario, e saggista Borgna: “Nella psichiatria italiana di oggi i servizi di diagnosi e cura sono una dimensione essenziale di ogni strategia terapeutica e assistenziale; ma sono non di rado luoghi infelici strutturalmente, e contrassegnati da quella noncuranza etica e da quella indifferenza che non sempre si differenziano da quelle dominanti nei manicomi. Se Basaglia non fosse mancato così presto, questa psichiatria ospedaliera demotivata e non di rado destituita di umanità non ci sarebbe stata, e non si sarebbe tornati a parlare di contenzioni, e di elettroshock. Gli orrori di molti manicomi non ci sono più, ma la indifferenza, con cui da parte di alcune direzioni sanitarie, e della opinione pubblica, si guarda a quello che avviene nei servizi di psichiatria ospedaliera, continua a essere grande”.

Infine è d’obbligo dire che se il lavoro teorico di Basaglia ha trovato cure editoriali appropriate, molto lo si deve alla sua moglie Franca Ongaro.

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