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Resistenze: le statue a pezzi di Cristini per non scordare il terremoto

A San Severino Marche l’architetto espone scatti di sculture sacre tra le macerie, testimonianze di borghi e identità da ricostruire

Resistenze: le statue a pezzi di Cristini per non scordare il terremoto
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2 Gennaio 2020 - 10.32


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È un atto di resistenza raccogliere foto di statue devozionali di santi e madonne tra le macerie: è un gesto per combattere l’oblio del terremoto che tuttora pesa nel centro Italia colpito dal sisma del 2016 con le scosse proseguite fino a inizio 2017. Costituisce anche un atto di resistenza e di orgoglio la raccolta di foto scattate tra chiese e torri e case lacerate gravemente dall’architetto Luca Maria Cristini e raccolte in una mostra fino al 20 gennaio alla Pinacoteca civica Tacchi-Venturi a San Severino Marche “Scherza coi fanti e lascia stare i Santi”: a ingresso libero, la accompagna un catalogo con un testo del sociologo e critico di fotografia Alberto Pellegrino (Hexagon Group, pp. 36, euro 10,00, negli shop online).

Cristini è architetto, all’epoca era direttore dell’ufficio Beni Culturali dell’arcidiocesi di Camerino-San Severino, e come ha raccontato in più occasioni di aver quelle foto tra la polvere, i boati sordi della terra che non cessavano, forse l’inevitabile filo della paura. Ne sono risultate immagini talvolta sfocate ma dall’obiettivo nitido: restituire un pezzo del vivere civile, comunitario, rappresentato da quelle sculture in piccole chiese quasi sempre danneggiate pericolosamente. Quelle statue sono state recuperate dai carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio culturale del comando marchigiano e abruzzese guidato dal tenente colonnello Carmelo Grasso e che, in parallelo ai vigili del fuoco, sono intervenuti direttamente sul posto, nei luoghi del sisma e tra le macerie. Rischiando anche la pelle.

Sono statue dallo sguardo vitreo, mutilate; madonne e santi talvolta sono impacchettati, talaltra sembrano sbigottiti intorno alle rovine. Al di là dello spirito religioso che le pervade, e che coinvolge i credenti, quelle immagini dicono anche altro: parlano dell’identità in frantumi di questi territori. Raccontano di piccoli borghi nell’Appennino centrale che, a tre anni e mezzo dal terremoto, stanno perdendo la loro “identità” perché smembrati, con gli abitanti dispersi altrove o in via di spopolamento. Sono immagini che parlano di fragilità e al contempo della volontà di non arrendersi.

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