Non sarebbe potuto cadere in un giorno più significativo: quest’oggi, 2 ottobre, è la giornata mondiale della non-violenza, istituita in ricordo di Gandhi che in questa data vide i natali. L’arresto degli attivisti della Flotilla, che dal principio hanno annunciato di non aver intenzione di opporre alcuna resistenza verso le autorità israeliane, sembra inserirsi proprio nel solco delle pratiche che il Mahatma iniziò a teorizzare alla fine del 19esimo secolo. Le immagini diffuse parlano chiaro: dopo essere stati intercettati la serenità degli uomini e delle donne di fronte ai militari, che abbordavano le loro imbarcazioni, rappresentano un messaggio di cui tutti noi dovremmo farci carico. Quello che rispondere alla violenza con altra violenza ha come solo risultato solo quello di inacutire il conflitto, alimentando un circolo vizioso da cui è difficile riemergere.
L’ha gridato al mondo Greta Thunberg, e l’ha fatto senza dire una singola parola. Seduta a terra sul ponte dell’Alma, la nave su cui viaggiava, ha collaborato con le forze dell’Idf senza opporsi in alcun modo. Un leitmotiv che si ripete immutato nei video che ci sono giunti prima che i cellulari degli attivisti venissero gettati in mare. Le mani in alto di chi le alza non per colpevolezza o per paura, ma perché non c’è nulla di più prorompente che combattere la violenza con il suo opposto.
Ed è proprio ciò che terrorizza la destra, nostrana e non, e i fedeli di Netanyahu. Incolpare il proprio avversario politico quando questi si macchia di comportamenti violenti, anche se in risposta ad altri ben peggiori, è facile. Una giocata offerta su un piatto d’argento. Screditarlo quando si oppone ai crimini più efferati senza alzare un dito, mostrando all’oppressore un’empatia e una compassione di cui è sprovvisto, impossibile. La disobbedienza civile è quindi l’incubo peggiore di despoti e nazionalisti, di coloro che gridano e puntano il dito, ciò che veramente rischia di metterli all’angolo mostrandoli per ciò che realmente sono.
Dovremmo tenerlo ben a mente quando questi giorni scenderemo in piazza. I manifestanti italiani, ad esclusione di qualche sporadico episodio, sembrano averlo capito bene. Esiste infatti una fetta della politica e dell’opinione pubblica che aspetta solo un atto prevaricatorio, un uovo lanciato contro gli agenti o un cassonetto rivoltato, per poter tacciare di essere dei balordi, dei perdigiorno che hanno solo voglia di fare casino. Una retorica che dovremmo conoscere bene e che imperversa in giornali e talk show di bassa lega.
Ma di cosa si può incolpare qualcuno che, senza torcere un capello, senza ledere nessuno e nulla, protesta col sorriso stampato sul volto? Ecco, al giorno d’oggi il vero atto sovversivo è proprio questo. Combattere la tirannide con l’Ahiṃsā, “l’arma dei forti” come la definiva lo stesso Gandhi, la forza capace di smuovere le coscienze, cambiare i cuori e abbattere imperi senza spargere sangue. È questo il grande insegnamento che gli attivisti della Flotilla ci hanno insegnato, sta a noi esserne degni custodi.
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