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Il “Treno Natura" inquina come una fabbrica dell'Ottocento

Stazione di Ormea: gran festa per la locomotiva che entra in stazione con una nuvola di fumo. Il fascino del passato va conservato, certo, ma non a discapito dell’ambiente.

Il “Treno Natura" inquina come una fabbrica dell'Ottocento
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11 Giugno 2025 - 12.50


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di Lorenzo Lazzeri

Per puro caso e per curiosità mi sono imbattuto in un video pubblicato dall’Unione Monregalese che mostra l’arrivo di una locomotiva alla stazione di Ormea. Gran pubblico, fotografi, il fischio del treno sbuffante che emergeva da una nuvola di fumo grigia. Quello che apparso era uno splendido oggetto, “materiale ferroviario”, lo chiamerebbero gli addetti ai lavori, e pure ben manutenuto: era un locomotore a vapore, con il suo carico di carbone ed alcuni vagoni a traino.

Ho subito pensato: ma come si fa a chiamare “Treno Natura” un locomotore che emana un gran fumo che si espande ovunque. Un vero e proprio ossimoro come a dire: “Io mi chiamo Natura, pertanto non inquino”. Però, inquina. Eccome. Questo crea un evidente cortocircuito semantico, dove la natura viene evocata come richiamo estetico o turistico, ma nei fatti ne risulta danneggiata.

Capisco che un viaggio in locomotiva rappresenti per molti un’esperienza affascinante, legata alla riscoperta del territorio e a un certo immaginario romantico del passato; malgrado ciò, il mio commento si riferiva a un dato oggettivo: l’elevata quantità di emissioni prodotte da un treno a vapore che brucia carbone, una delle fonti più inquinanti in termini di particolato fine e CO2. Ho chiesto in giro, tra i presenti: si può parlare di sostenibilità ambientale quando si impiega un mezzo di trasporto di questo tipo, per quanto suggestivo?

La risposta non si è fatta attendere: «Ahh! Ma vuoi paragonare questo treno alle tante autovetture che circolano?» e commenti simili da parte di qualcuno dei presenti. Ora, io mi chiedo se trasformare questa suggestione in un’argomentazione ambientale – come se il “Treno Natura” inquinasse meno di tante auto moderne – sia una forzatura, e pure pericolosa sul piano della comunicazione ambientale.

Una locomotiva a vapore di fine Ottocento o forse dei primi del ventesimo secolo, alimentata a carbone, non ha alcun sistema di filtraggio. Brucia centinaia di chili di combustibile fossile grezzo, sempre se non supera anche la tonnellata considerando la messa a regime di 3-4 ore, emettendo grandi quantità di polveri sottili (PM10 e PM2.5), benzopirene, ossidi di zolfo, ossidi di azoto e CO2. È un tipo di emissione che le auto moderne — perfino quelle diesel — non producono più, grazie a filtri anti particolato, catalizzatori e standard Euro 6; e le ibride o elettriche, ovviamente, ancora meno.

Alle mie osservazioni si è risposto:« Ma sono viaggi occasionali». Il fatto che qualcosa inquini solo ogni tanto non lo rende innocuo. È un po’ come dire: “fumo solo nel weekend”. Vale lo stesso per i treni a carbone: l’eccezione non giustifica la nocività.

Gli organizzatori mi fanno poi osservare che: «I biglietti vanno a ruba!». La popolarità non può essere confusa con bontà e sostenibilità. Quindi mi invitano a «Parlane coi macchinisti». Ma perché con loro? Che colpa ne hanno? Sono solo operai che probabilmente espongono sé stessi agli inquinanti, e qui sarei pure incuriosito dall’aprire un altro fronte: dato che spesso parliamo di sicurezza sui luoghi di lavoro, vorrei sapere se qualcuno ha valutato effettivamente il loro rischio.

Non contenti tornano alla carica, prendendosela con i giornalisti: «È comodo criticare da dietro la tastiera». Una retorica curiosa, visto che chi scrive da dietro una tastiera accusa qualcuno di fare altrettanto; ma capisco la mancanza di argomenti di merito e la necessità di tali persone di passare a un tono e una postura aggressivi. E criticare l’impatto ambientale di un’iniziativa, non è insultare chi ci lavora, né nascondersi. E’ esprimere il proprio pensiero critico per fare informazione.

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