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Gino Cecchettin: evitare la violenza con l'educazione

Il padre della ragazza uccisa constata che il problema alla base della frequenza di eventi tragici come i femminicidi stia nella mancanza di una valida educazione al rispetto e alla non-violenza.

Gino Cecchettin: evitare la violenza con l'educazione
Gino Cecchettin e la figlia Giulia (foto Ansa)
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18 Novembre 2025 - 19.10


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di Sofia Ferrari

Dopo due anni dalla tragica scomparsa della figlia Giulia, Gino Cecchettin ribadisce l’importanza dell’educazione affettiva nelle scuole per salvaguardare altre giovani come lei. In occasione della tragica data l’uomo era presente alla commissione d’inchiesta sui femminicidi “per parlare di ciò che può arrivare prima: la prevenzione e quindi l’educazione”.

Il padre della 22enne uccisa affronta il suo dolore trasmettendo sensibilità sull’argomento e decidendo di agire in funzione di una prevenzione adeguata ad atroci avvenimenti come questo . Sceglie di dare un senso al suo dolore trasformandolo in impegno sociale e politico e per questo è molto attivo nelle scuole e in parlamento; fa arrivare la sua voce anche ai più giovani cercando di educare la generazione a venire al rispetto e alla non-violenza. La preoccupante frequenza con cui al giorno d’oggi si sente parlare di femminicidio ci spinge a chiederci se queste inaudite violenze derivino esclusivamente dalla mente depravata dei colpevoli o siano frutto di un sistema patriarcale  che affonda le sue radici nella società  in cui viviamo. Per il padre della vittima non c’è dubbio: occorre intervenire a favore di una maggiore consapevolezza da parte di tutti .

La società di oggi “è ancora patriarcale: lo raccontano i fatti di cronaca”, afferma. “È un concetto radicato nel linguaggio, negli stereotipi sessisti e negli usi delle persone. Dal punto di vista legislativo si è fatto abbastanza, ma l’humus educativo della nostra società fatica a distaccarsi dal modello del maschio dominatore”. Ognuno di noi ogni giorno dovrebbe interrogarsi sull’influenza che gesti ,parole, pensieri a primo impatto insignificanti potrebbero avere sulle persone che abbiamo intorno a da un punto di vista educativo.  Presidente della fondazione intitolata a Giulia ,Gino Cecchettin è convinto che l’educazione affettiva sia necessaria a partire dalla scuola dell’infanzia per non incorrere nel pericolo di un’informazione scorretta (attraverso i social per esempio) e un’interiorizzazione di concetti patriarcali ,come abbiamo detto ,ormai fondati nella nostra cultura.

L’Ansa riporta le parole di Cecchettin durante il suo intervento :”Come fondazione  crediamo che l’unica risposta duratura alla violenza sia educare al rispetto, all’empatia, alla libertà reciproca e questo può avvenire solo nella scuola, il luogo dove si formano le persone non solo gli studenti. Non si tratta di ideologia, ma di civiltà – ha spiegato – Parlare di educazione affettiva significa insegnare ai ragazzi a conoscere se stessi, a gestire le emozioni, a riconoscere i confini e chiedere e dare consenso. Significa insegnare che l’amore non è possesso, che la forza non è dominio, che il rispetto è la base di ogni relazione”. Il padre dimostra di mantenere lucidità e razionalità sulla vicenda, accogliendo il dolore come forza creatrice di consapevolezza .Le sue parole  durante un’intervista alla Stampa : “Cercare la giustizia a tutti i costi viene d’istinto. Ma ci sono dolori che non si allevieranno mai, con nessun tipo di pena. Ostinarsi, come sarebbe giusto, per chiedere il riconoscimento degli atti persecutori e della crudeltà significherebbe continuare a combattere. Ma, poi, per cosa? C’è già stata una sentenza di condanna all’ergastolo”.

Gino Cecchettin riconosce il fatto che sarebbe inutile continuare con un processo dove una sentenza è già stata decisa e provare rancore verso un soggetto singolo, utile sarebbe invece constatare che il problema sia collettivo e risolvere la questione dall’interno, sempre e comunque educando. Gli studenti e le studentesse dell’Università di Padova, città dove studiava la vittima, hanno annunciato su Instagram un appuntamento per ‘Un minuto di rumore per Giulia, per tutte’, ritrovandosi per  ricordare l’accaduto e mostrando l’indignazione e la rabbia per tutte le donne uccise per mano di uomini e per mano del sistema. Le parole degli studenti per Udu Padova: “La nostra rabbia non si è fermata, come non si è fermata la conta delle donne uccise dopo Giulia per mano di uomini. Siamo arrabbiate e lo saremo ad ogni notizia di ogni donna uccisa” .

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