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Ecco perché il “Body Positive” rischia di non essere “positive”

Tra l’inclusività e la normalizzazione di canoni dannosi c’è un confine sottile. Alcuni influencer sostengono che la condizione di sovrappeso sia solo “una questione estetica” o “una scelta personale”, senza mai esplicitare i rischi reali per la salute

Ecco perché il “Body Positive” rischia di non essere “positive”
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11 Giugno 2025 - 19.02


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di Ilenia Valentini

Negli ultimi anni la rete ha visto la diffusione di molti movimenti e tra questi spicca il “Body Positive”. Apparentemente privo di distorsioni, come suggerisce il suo nome, in realtà nasconde alcuni elementi che invece dovrebbero essere attenzionati. Il “Body Positive”, che ha coinvolto in primo luogo le donne e che ora comprende anche gli uomini, si afferma come una risposta necessaria alla discriminazione estetica. Il suo messaggio originario e inclusivo ha incoraggiato milioni di persone ad accettarsi così come sono, senza preoccupazione alcuna, indipendentemente da misure o imperfezioni.

Se da un lato il movimento, nella sua rapida diffusione, parrebbe rompere i vecchi canoni offrendo libertà e inclusione, dall’altro stiamo assistendo a un mutamento preoccupante: una parte del discorso Body Positive ha cominciato a normalizzare condizioni fisiche oggettivamente nocive per la salute, come il sovrappeso grave e l’obesità

Non si tratta qui di promuovere stereotipi estetici o di ritornare ai modelli irraggiungibili delle passerelle. Il problema emerge quando alcuni influencer — seguiti da molti giovani — sostengono che essere in evidente condizione di sovrappeso sia solo “una questione estetica” o “una scelta personale”, senza mai esplicitare i rischi reali per la salute.

Esiste un confine sottile tra il diritto di sentirsi bene nel proprio corpo e diffondere messaggi che ignorano la nostra salute. Pagine social, video virali, post motivazionali che dovrebbero ispirare autostima finiscono invece per legittimare il rifiuto di qualunque percorso di miglioramento fisico. Si crea così una propaganda nella quale chi desidera dimagrire viene accusato di “piegarsi ai canoni imposti dalla società”.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), l’obesità è una delle principali cause di morte prevenibili nel mondo. I dati scientifici parlano chiaro: rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, ipertensione, apnee notturne, infertilità e alcune forme di cancro. La questione è delicata. Non si tratta di opinioni o mode, ma di evidenze mediche. In passato si denunciava la pericolosità di modelli/e che esaltavano l’anoressia o fisici estremamente magri come ideali di bellezza, mentre oggi è doveroso interrogarsi sul messaggio opposto.

Quali sono gli strumenti da utilizzare affinché l’inclusività consideri, tra le altre cose, anche il benessere fisico? Ovviamente la risposta non è semplice. Sicuramente non dobbiamo fare “body shaming”, né colpevolizzare chi combatte ogni giorno con il peso corporeo. Accettarsi non dovrebbe mai significare rassegnarsi a uno stato di salute compromesso. Il Body Positive dovrebbe essere un punto di partenza, non un punto d’arrivo.

Va ribadito con forza che ci sono gli strumenti per evitare condizioni di sovrappeso e obesità. Esiste un concetto chiamato “peso forma”, spesso criticato perché associato ai canoni estetici, ma in realtà è un range, variabile da persona a persona, entro il quale il nostro corpo funziona meglio e dove si riduce drasticamente il rischio di patologie. Ignorarlo per il timore di essere giudicati “grassofobici” è un errore pericoloso.

Il messaggio, quindi, deve essere duplice: da una parte il rispetto per ogni corpo e dall’altra l’onestà di riconoscere quando l’eccesso di peso diventa un problema. L’obesità non è una colpa, ma camuffare questa realtà in nome del body positive è un errore che, per quanto animato da buone intenzioni, rischia di causare più danni che benefici.

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