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La scalata di Mps a Mediobanca e i tre indagati eccellenti

La procura di Milano ipotizza un accordo tra i tre indagati, Lovaglio, Caltagirone e Milleri, nel dar vita all’offerta che ha portato il Monte dei Paschi a conquistare Mediobanca, acquisendo l’86% di Piazzetta Cuccia. I retroscena di una decisione che può coinvolgere anche Palazzo Chigi.

La scalata di Mps a Mediobanca e i tre indagati eccellenti
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28 Novembre 2025 - 19.05


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di Pino di Blasio

Indagati per aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza, le azioni Mps che perdono il 4,6% ma tengono il giorno dopo sopra quota 8 euro, le prime intercettazioni che vengono pubblicate con la consueta strategia del contagocce. Le prime ore delle rivelazioni dell’inchiesta sulla scalata di Banca Monte dei Paschi a Mediobanca, con gli avvisi di garanzia recapitati mesi fa a Luigi Lovaglio, CEO di Banca MPS, Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri, presidente e Ad di Essilux, hanno prodotto già i primi scossoni. Soprattutto mediatici, perché le perquisizioni e acquisizioni di documenti effettuate dai militari della Guardia di Finanza negli uffici degli indagati hanno fatto scoppiare, a Borsa ancora aperta, la notizia su siti, giornali e televisioni, generando le prime pesanti flessioni sui titoli coinvolti. Gli avvisi di garanzia sono stati emessi anche per il Gruppo Caltagirone e la Delfin, la holding finanziaria di Essilor-Luxottica, in base alla legge sulla responsabilità amministrativa.

Qual è il succo dell’inchiesta? La procura di Milano ipotizza un presunto accordo tra i tre indagati e irregolarità che sarebbero state commesse nel dare vita all’offerta pubblica di scambio che ha portato, due mesi fa, il Monte dei Paschi a conquistare Mediobanca, acquisendo l’86% di Piazzetta Cuccia. Mediobanca è da decenni il salotto buono della finanza italiana, il Monte fino a due anni fa, era l’ultima banca d’Europa, la derelitta, quella a rischio, con Unicredit che non volle acquisirla nemmeno se il Governo versava una piccata di miliardi per fargliela comprare. Cosa sia accaduto negli ultimi mesi, la veemente scalata di Rocca Salimbeni, l’irresistibile ascesa di Luigi Lovaglio, che è stato capace di convincere non solo i tre soci forti del Monte (Caltagirone, Milleri e il Ministero dell’Economia) ma anche un esercito di fondi di investimento e di investitori istituzionali, è stato raccontato ampiamente.

Così come la sconfitta di Alberto Nagel, AD di Mediobanca per 18 anni, le prossime mosse su Generali, visto che Caltagirone in primis guarda sempre al Leone di Trieste con estremo interesse. E ora che può aggiungere al suo quasi 10%, il 13% di Mediobanca, assieme ai compagni di ventura, può dire la sua sulla futura governance e sulle strategie.

Ma torniamo all’inchiesta.

Una nota del Monte dei Paschi ha confermato sia i decreti di perquisizione che l’avviso di garanzia a Lovaglio. “La banca confida di poter fornire tutti gli elementi a chiarimento della correttezza del proprio operato e manifesta piena fiducia alle autorità competenti, alle quali conferma completa collaborazione”. Più o meno le stesse parole usate dal Gruppo Caltagirone e Delfin che ribadiscono di “aver agito nel pieno rispetto delle normative vigenti”.

Secondo gli inquirenti, il Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, dal procuratore aggiunto Roberto Pellicano e dai pm Luca Gaglio e Giovanni Polizzi, i tre indagati avrebbero agito di concerto e concordato in modo non regolare e con intese non dichiarate al mercato, la scalata a Mediobanca, messa in scena da gennaio a ottobre 2025. Ruotano su questi accordi le accuse di manipolazione del mercato e di ostacolo alla vigilanza, per aver nascosto a Consob, Ice e Ivass (l’istituto che vigila sulle compagnie assicurative). I decreti della procura sulle perquisizioni raccontano diverse cose sui presunti accordi. E sono spuntate le prime intercettazioni, con scambi di complimenti tra Caltagirone e Lovaglio per la scalata riuscita e accuse a non identificati “banditi della finanza”, che saranno messi a tacere visto che l’ad del Monte a luglio si vantava di avere già il 35% di Mediobanca. Ne usciranno altre, di intercettazioni. E come prassi insegna saranno quelle che faranno più comodo alla procura e metteranno in luce peggiore i tre indagati.

L’inchiesta parte addirittura dalla vendita in blocco del Ministero dell’Economia e Finanza di un pacchetto di azioni Mps, quel 15% acquisito da Caltagirone, Delfin, Banco Bpm e Anima, che sborsarono al Governo 1 miliardo e 100 milioni e si spartirono le quote del Monte vendute. Uno dei primi a sollevare dubbi fu Andrea Orcel, ceo di Unicredit, che avrebbe voluto acquisire l’8% delle azioni Mps di quel pacchetto in vendita. Può sembrare strano che uno sia pronto a pagare 600 milioni di lire per avere un pezzetto di una banca che solo tre anni prima gli avevano offerto di prendere pagandolo addirittura 7 o 8 miliardi. Ma è la prova del grande risanamento di Rocca Salimbeni, della rinascita della banca più antica del mondo e del lavoro straordinario compiuto da Lovaglio e dal Consiglio d’amministrazione. E poi Orcel, acquisendo l’8%, avrebbe potuto bloccare qualsiasi operazione del Monte, a partire da Mediobanca. Più che legittimo che il proprietario delle azioni, il Governo, scegliesse di non farsi mettere il guinzaglio da chi non si era dimostrato amico. Per quanto riguarda l’offerta pubblica di scambio su Mediobanca, la procura indagherà sul coordinamento irregolare tra Delfin e Caltagirone, che avevano il 9,9% e il 19,9% di Mediobanca e avrebbero dovuto lanciare un’offerta pubblica di acquisto, visto che superavano la quota del 25%. La linea difensiva ruoterà sul ruolo centrale giocato da Luigi Lovaglio e dal Monte nella partita Mediobanca, con Caltagirone e Milleri, assieme al Ministero dell’Economia, relegati al compito di azionisti interessati e convergenti.

Nell’inchiesta, a dir la verità, il Ministero non risulta indagato. E se l’accordo venisse confermato, sembra quantomeno bizzarro che la cabina di regia non fosse nota al Governo, che è stato azionista di maggioranza del Monte fino a 3 anni fa e ora ha ancora il 4,8% di Mps-Mediobanca. Siamo agli inizi della giostra giudiziaria, dubbi e fughe di notizie saranno il menu quotidiano dei prossimi giorni. Una delle poche cose certe è che la conquista di Mediobanca è un’operazione irreversibile: non si torna indietro, il mercato ha deciso e accettato le condizioni e gli scambi di azioni decisi dal Consiglio d’amministrazione di Mps durante le varie fasi della scalata.

Altra cosa certa, gli schizzi di fango che continueranno a piovere. E che, oltre a Lovaglio, a Caltagirone e Milleri, avranno come altro bersaglio Palazzo Chigi e il governo Meloni.

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