Bettini: «Su Radio 3 vi narro gli effetti magici della poesia antica tra Omero e Virgilio» | Culture
Top

Bettini: «Su Radio 3 vi narro gli effetti magici della poesia antica tra Omero e Virgilio»

Da lunedì 15 il filologo e professore dell’università di Siena conduce un ciclo sull’arte poetica greca e latina dall’oralità fino al profugo Enea. Qui ci spiega cosa racconta e perché

Bettini: «Su Radio 3 vi narro gli effetti magici della poesia antica tra Omero e Virgilio»
Preroll

admin Modifica articolo

12 Marzo 2021 - 20.21


ATF

Per due settimane, da lunedì 15 marzo, Radio Tre compirà un viaggio nella poesia antica, greca e latina, soffermandosi su diverse stazioni temporali e culturali. Le letture saranno trasmesse dal lunedì al venerdì, alle 21.45 nella serie “La primavera della poesia”. Si partirà dal fenomeno della poesia orale per giungere fino al poema romano più conosciuto, l’Eneide. Ogni tappa affronterà un diverso modo di fare poesia e narrerà della diversa funzione di quest’arte dalle risorse inesauribili. Ad accompagnare gli ascoltatori in questo periglioso e divertente viaggio sarà Maurizio Bettini, professore emerito dell’Ateneo senese e filologo classico, direttore dell’Ama (Centro antropologia del mondo antico). 

Parlo con lui delle diverse tappe di questo originale precorso poetico. Le letture muovono, se non sbaglio, dall’oralità; da quando l’uomo mandava a mente le parole, trasmettendo agli altri racconti e poesie. Un modo che viene dal mondo antico ma che in realtà non è mai stato smesso del tutto.
La prima tappa di questo tour poetico sarà costituita proprio da “La voce e la memoria”. Il racconto dei tempi in cui la poesia era composta oralmente, in assenza di scrittura, e di come nei primi anni del novecento due coraggiosi filologi, Milman Parry e Andrew Lord, riuscirono a dimostrare l’origine orale dei poemi omerici compiendo un viaggio nelle zone meridionali della allora Jugoslavia: per registrare i canti dei cantori che ancora, in quelle zone, improvvisavano poesia secondo gli schemi tradizionali. 
Non basteranno quindici minuti – è breve il tempo concesso dai ritmi radiofonici- per tentare di spiegare quali siano stati i meccanismi usati da questi autori e cantori: E le tecniche che venivano usate.
Cercherò di spiegare, nel tempo successivo, non solo come funzionava ma soprattutto gli effetti estetici che producevano. La poesia antica, con la sua struttura quantitativa, i suoi accenti musicali, un’esperienza che solo in maniera pallida traspare ancora dai testi che possediamo: perché le lingue romanze sono profondamente diverse dal greco e dal latino. Non è quindi più possibile riprodurre gli effetti magici dei “suoni” originali delle composizioni di Omero o di Virgilio.
Omero. Cioè, Iliade e Odissea: la guerra e il viaggio. Testimonianze poetiche che sono a cavallo tra l’oralità e la scrittura. Il primo sembra un reportage di guerra: eroi, battaglie, tradimenti…
Sì, siamo all’Iliade che è la più antica testimonianza della letteratura occidentale, punto di congiunzione fra poesia orale e poesia scritta. Un grande poema, in cui trionfano la guerra, l’onore e la gloria. In gioco ci sono i valori di una società eroica, un mondo irrimediabilmente chiuso nel passato: l’onore dei capi, la timé: in assemblea parlano solo personaggi nobili, Tersite è cacciato a bastonato perché umile, brutto e maldicente, un mondo di belli; la fama che ti giunge dalle imprese compiute e dalla bella morte, kleos; il bottino, di schiavi e oggetti preziosi, armi, la aisa
Poi le avventure di Ulisse, il furbo Ulisse – oggi tanto di moda – che vagabondo con la sua nave gira per questo mare che a noi pare domestico ma che allora doveva esser grande, pieno di luoghi fantastici e di personaggi mitici.
Era inevitabile, data la narrazione a puntate, passare direttamente dalle terre insanguinate attorno a Troia agli orizzonti sconfinati e avventurosi dell’Odissea, un poema popolato da creature fantastiche, mostri, come il Ciclope, le Sirene, Scilla, e poi terre e paesi sconosciuti: che però, alla maniera dell’Iliade, si conclude con una strage di uomini. Leggerò alcuni brani che danno il senso di quanto sia fantastico il suo vagabondare e di quanto doloro e complesso, sia l’approdo. 
Di stazione in stazione, di racconto in racconto: quale sarà il tema della quinta puntata? 
Tocca alla tragedia, allorché la poesia si trova sotto il regno di Dioniso, il dio dell’ebrezza, dell’uscita da sé, della cancellazione fra le barriere, maschile / femminile, gioventù / vecchiaia. La tragedia greca è una performance in cui poesia, musica, canto, danza si uniscono per mettere in scena i grandi miti eroici, che vengono riproposti nei loro nodi etici e problematici. 
Ma la poesia, la poesia come la intendiamo oggi, fatta di suoni e di rime e di suoni, si faceva già da allora? Oppure, per come ogni tanto c’è dato di ascoltarle, sono reinterpretazioni novecentesche?
No, esisteva. Eccome. Una puntata la dedico volutamente a quei momenti della poesia e della musica – greca antica, ma anche moderna – in cui gli uomini, per le loro composizioni, traggono ispirazione dal canto degli uccelli. L’ha fatto il poeta Alcmane, un lirico greco del VII a. c., ma – hai ragione – torneranno a farlo musicisti come Olivier Messiaen e Igor Stravinskij nel Novecento. Un campo sonoro, poetico e musicale tutto da esplorare, che, per chi ama musica e poesia, offre affascinanti intrecci di ‘voci’ naturali e artificiali. 
Un viaggio davvero lungo, una sorta di antologia della poesia antica. Non è poi, che finito il racconto radiofonico, ti vien voglia di farla diventare un’antologia anche stampata? 
È un racconto dal forte sapore radiofonico. L’ho pensato, cioè, apposta per Radio Tre. La radio continua a offrire un modo di parlare di questi argomenti che gli altri mezzi difficilmente consentono. Ad esempio in una puntata – la settima, credo – mi occuperò di una peculiarità della poesia antica, il suo amore per gli enigmi. Dietro questa vasta produzione di poesia enigmatica, in cui il linguaggio viene usato per nascondere, non per comunicare, sta l’antica presenza dell’oracolo divino, la convinzione che gli dèi siano i primi a parlare per enigmi: e dunque che questo linguaggio / non linguaggio abbia in sé qualcosa di divino e sovrannaturale. 
Tanta Grecia, finora. Eppure di Roma te ne sei occupato molto, l’hai molto studiata: Forse questa scelta deriva dal fatto che nella capitale del mondo di poesia se ne facesse poca?
No, di Roma parlerò, eccome. Partirò dal periodo in cui la poesia romana nasceva, o meglio rinasceva, attraverso le numerose traduzioni di testi poetici greci con cui i Romani dettero inizio alla loro letteratura scritta. Queste composizioni, come la traduzione dell’Odissea fatta da Livio Andronico o le commedie di Plauto, mantengono però una cifra che veniva loro dall’esperienza poetica che aveva preceduto questa nuova fase: ossia il gusto per l’armonia fonica, i giochi di suoni, gli echi, i parallelismi, che fanno di questo genere di poesia qualcosa di profondamente diverso da quella greca. 
Mancano all’appello due grandi, Catullo e Virgilio: a loro dedichi il finale? 
Sì, inevitabilmente. Le ultime due stazioni sono infine dedicate due poeti che, accanto a Orazio e Ovidio, sono certo i più celebri che la letteratura latina possa vantare: Catullo, il giovane poeta che impresse alla propria poesia un marchio profondamente autobiografico, autentico, e per questo è ricordato, oltre che per la dottrina che caratterizza i carmi centrali della sua raccolta; e Virgilio, l’autore dell’Eneide, il poema “maturo” come lo definì T. S. Eliot, capace di esprimere tanto l’epos delle battaglie gloriose quanto il dolore per il sangue versato. La celebrazione virgiliana delle origini di Roma mette al centro di questa vicenda non un eroe invincibile o glorioso, ma un profugo, un naufrago, che in Italia viene per trovare una nuova patria e dare inizio a una nuova civiltà. 

Clicca qui per “Marzo in poesia” di Radio 3 con il ciclo di Maurizio Bettini “La primavera della poesia”

Native

Articoli correlati